Migliaia di uomini, donne e bambine/i aspettano l’inverno alle frontiere dell’UE senza accesso a diritti, giustizia o assistenza di base per sopravvivere.
La rete PRAB (Protecting Rights at Borders), alla quale ASGI partecipa tramite il progetto Medea, ha pubblicato, nel mese di dicembre, il nuovo rapporto intitolato “La dignità umana persa alle frontiere dell’UE”. Si tratta del terzo rapporto pubblicato nel corso del 2021 dalla rete che è composta da 7 organizzazioni non governative ed associazioni in 7 diversi paesi europei (Italia, Ungheria, Bosnia-Erzegovina, Serbia, Macedonia del Nord e Grecia). Nel corso del 2021 i partner della rete PRAB hanno denunciato e documentato, anche attraverso altri due rapporti (qui e qui), oltre 12 mila respingimenti alle frontiere interne ed esterne dell’UE, spesso condotte in maniera collettiva collettiva e hanno evidenziato come i push-backs, oltre ad essere sistematici e largamente diffusi, siano diventati una pratica illegittima comunemente accettata dal sistema politico e normalizzata come strumento di gestione delle frontiere europee.
Il report dell’ultimo trimestre denuncia più di 6000 respingimenti di donne, uomini e bambine/i alle frontiere interne ed esterne dell’Unione Europea nel periodo compreso tra luglio e novembre 2021. Secondo le testimonianze raccolte dalle rete, i respingimenti effettuati dalle forze dell’ordine, dalle polizie di frontiera e dagli agenti FRONTEX alle frontiere interne ed esterne dell’UE sono spesso accompagnati dall’uso di violenza, da maltrattamenti, estorsioni, distruzione degli effetti personali dei migranti, separazione forzata delle famiglie e diniego di accesso alla procedura d’asilo.
I dati raccolti durante il periodo di riferimento forniscono indicazioni sui respingimenti da Francia, Austria, Italia, Slovenia, Ungheria, Romania, Grecia, Albania, Serbia, Bosnia-Erzegovina, Montenegro, Kosovo e Macedonia del Nord. Diverse testimonianze raccolte riferiscono di respingimenti a catena: dall’Austria attraverso l’Ungheria fino alla Serbia, dall’Italia attraverso Slovenia e Croazia fino alla Bosnia-Erzegovina, dall’Ungheria attraverso la Romania fino alla Serbia e, da ultimo, dalla Macedonia del Nord attraverso la Grecia fino alla Turchia.
Il rapporto evidenzia che il più alto numero di respingimenti accertati nel periodo di riferimento sono stati effettuati alla frontiera tra Croazia e Bosnia-Erzegovina (4.905), seguiti da 592 persone respinte alla frontiera tra Romania e Serbia e 522 alla frontiera tra Ungheria e Serbia. Per quanto riguarda le nazionalità dei soggetti coinvolti, il rapporto indica che il maggior numero di push-backs ha riguardato cittadini afgani (32%), seguiti dai siriani, bangladesi, iraniani, somali, iracheni, marocchini, indiani, turchi, egiziani, algerini, eritrei, libici e sudanesi. Le famiglie con bambini rappresentano il 18% del totale delle persone respinte, mentre i minori costituiscono il 10% del numero complessivo.
La rete PRAB denuncia la presenza di un numero significativo di richiedenti asilo e migranti bloccati nelle zone di transito ai confini tra Ungheria, Romania e Serbia in condizioni critiche. Tra queste persone vi sono molti soggetti portatori di vulnerabilità, inclusi donne e bambine/i. Viene inoltre denunciata la presenza massiccia di persone nelle zone di confine della Bosnia-Erzegovina con la Croazia (principalmente nel Cantone di Una-Sana), tra le quali si possono indicare almeno 500 persone in transito che dormono all’aperto (in insediamenti improvvisati o squat).
Le difficili condizioni umanitarie delle persone in movimento non vengono segnalate solo alle frontiere esterne dell’UE, ma anche ai confini interni. A Ventimiglia (confine sud italo-francese), nonostante l’estrema necessità di assistenza di base – come cibo, acqua e servizi sanitari – la risposta istituzionale si conferma gravemente carente. A Oulx (confine italo-francese settentrionale) gli enti del terzo settore coinvolti nel supporto dei migranti hanno rilevato, prevalentemente la presenza di persone provenienti da Afghanistan, Pakistan e Iran, le quali hanno denunciato respingimenti che hanno comportato il ricorso a detenzione arbitraria protratta per diverse ore, nonché maltrattamenti fisici e verbali. Oltre a subire respingimenti dalla Francia, i richiedenti asilo ed i migranti riferiscono di essere esposti a diversi pericoli.
Il rapporto denuncia inoltre un clima di grave criminalizzazione della solidarietà in Grecia: gli operatori umanitari e le persone comuni sono esposti al rischio di conseguenze penali se interagiscono con coloro che sono fermati alle frontiere.
Il report contiene inoltre focus specifici sui cittadini afgani presenti nei paesi interessati (Italia, Ungheria, Bosnia-Erzegovina, Serbia, Macedonia del Nord e Grecia), sulla decisione del Governo greco del giugno 2021 che riconosce alla Turchia lo “status” di paese terzo sicuro per alcuni cittadini (afgani, siriani, pakistani, somali e bangladesi) e sull’attuale situazione esistente ai confini tra Bielorussia, Lituania, Polonia e Lettonia.
Nel rapporto infine viene criticato l’attuale meccanismo di monitoraggio indipendente messo in atto in Croazia e in Grecia e viene denunciata la forte criminalizzazione della solidarietà in Grecia, dando atto anche del trattamento illegittimo subito dai soci ASGI al confine greco-macedone all’inizio del novembre 2021.
La rete PRAB oltre a chiedere l’immediata cessazione delle azioni di respingimento, ribadisce la centralità di un effettivo ed indipendente meccanismo di monitoraggio delle frontiere che potrebbe garantire un efficace strumento di denuncia ed accountability per le violazioni che avvengono ai confini.
Con la pubblicazione del presente rapporto, la rete ha diffuso due policy note dal titolo:
- La distruzione di proprietà o mezzi di prova della presenza di persone nel territorio degli Stati membri dell’UE: una tattica che potrebbe cancellare alcune tracce ma non riesce a eliminare i segni sulle vittime dei respingimenti. Partendo dalla raccolta di diverse testimonianze di persone in movimento che sono state respinte dopo essere state deprivate di oggetti personali, il documento evidenzia le prassi maggiormente diffuse, le conseguenze immediate subite dalle persone coinvolte e il lavoro di raccolta di testimonianze e conseguente denuncia portato avanti dalle organizzazioni della società civile presenti nelle aree di confine;
- Quando il fine sembra “giustificare” i mezzi: spingere fuori coloro che non sono desiderati invece di utilizzare gli accordi di riammissione esistenti – la via da seguire?. Il documento sintetizza allo stato attuale gli accordi bilaterali sottoscritti dai paesi attenzionati dal progetto in tema di riammissione di cittadini stranieri evidenziano come le prassi informali di respingimento avvengano a prescindere dalla sussistenza di accordi che potrebbero, se correttamente applicati in limitate circostanze, giustificare azioni di allontanamento coatto di cittadini di paesi terzi.