Con il Decreto-legge 04.05.2023 n. 48, convertito con modificazioni in legge 03.07.2023 n. 85, il Governo italiano ha istituito il “Supporto per la formazione e il lavoro” (SFL), un’indennità di appena 350 euro mensili da corrispondere per la partecipazione ad attività di formazione ed accompagnamento al lavoro. La misura, che insieme all’assegno di inclusione ha sostituito il reddito di cittadinanza, mantiene una serie di requisiti discriminatori che ASGI ha deciso di segnalare con un esposto alla Commissione Europea.
Così com’era per il reddito di cittadinanza, l’accesso al SFL è subordinato ad alcuni requisiti reddituali, a cui si aggiungono due richieste che discriminano le persone straniere: quella di aver risieduto in Italia per almeno cinque anni, di cui gli ultimi due in maniera continuativa (requisito di residenza); e quella di essere in possesso di cittadinanza UE (o un familiare di cittadino UE) o di un permesso di lungo periodo o per protezione internazionale (requisito di cittadinanza).
Per quanto riguarda il requisito di cittadinanza, questo esclude dalla prestazione tutti i cittadini e le cittadine extra UE con permesso unico lavoro, ossia i permessi per lavoro, motivi familiari o attesa occupazione. Ciò in violazione dell’art. 12, par. 1, della direttiva 2011/98/UE che sancisce, per i titolari di permesso unico lavoro, il diritto alla parità di trattamento con i cittadini italiani nel campo della “istruzione e formazione professionale” (lettera c) e dei “servizi di consulenza forniti dai centri dell’impiego” (lettera h). L’esclusione, peraltro, è del tutto irrazionale: si tratta in buona parte di persone che sono state autorizzate ad entrare in Italia per lavorare e che pertanto sarebbe logico (oltre che auspicabile) venissero ammesse ai canali che facilitano l’occupazione.
Quanto al requisito di residenza quinquennale e biennale, secondo la giurisprudenza della Corte di Giustizia UE, la richiesta di una lungo-residenza può costituire una forma di discriminazione indiretta nei confronti dei cittadini stranieri, che hanno maggiore difficoltà a maturare detto requisito (cfr. da ultimo CGUE 29.7.2024 C-112/22 e 223/22). Nel caso del SFL, risulterebbero quindi violate le norme europee che prevedono la parità di trattamento con i cittadini italiani per i cittadini degli altri Stati Membri UE (reg. n. 492/2011/UE e direttiva 2004/38/CE), ai titolari di protezione internazionale (direttiva 2011/95/UE), ai titolari di permesso di lungo periodo (direttiva 2003/109/CE) e gli stessi titolari di permesso unico lavoro.
A settembre, l’ASGI ha pertanto presentato una denuncia alla Commissione Europea dettagliando le violazioni di diritto eurounitario sopra riportate e chiedendo che venga avviata una procedura di infrazione contro l’Italia.
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