La Corte di Cassazione conferma: disumana e degradante la condizione delle persone trattenute nel CIE

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La Corte di Cassazione conferma la condizione disumana e degradante delle persone trattenute nel CIE di Bari Palese, affermando la violazione dei principi solidaristici del Comune e aprendo la strada a importanti implicazioni giuridiche.

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 26801 del 14/19.9.2023, definisce quasi del tutto la vicenda sorta con l’azione popolare promossa degli avvocati Paccione e Carlucci (quali singoli cittadini residenti in Bari) nei confronti del C.I.E. (oggi C.P.R.) sito in Bari – Palese.

Il Ministero dell’Interno fu chiamato a rispondere in giudizio e fu condannato a risarcire al Comune di Bari il danno subito dalla presenza sul suo territorio del C.I.E. in località Palese, luogo di abituali maltrattamenti dei cittadini (prevalentemente) extraUE ivi trattenuti ed in attesa di espulsione.

È opportuno ricordare l’iter di tale processo per comprendere la rilevanza della recente decisione.

Con la sentenza del 10 agosto 2017 n. 4089/2017, a seguito di un processo particolarmente complesso, il Tribunale di Bari aveva ritenuto concretizzato un danno all’immagine e all’identità delle amministrazioni locali (Comune e Provincia) causato dalla presenza di un CIE dove cittadini stranieri erano stati trattenuti in condizioni lesive della loro dignità in contrasto con le norme di legge che presiedono al funzionamento di tali strutture. Tale lesione, affermò il Tribunale, dava diritto alle amministrazioni locali a chiedere il risarcimento del danno a carico del Ministero dell’Interno e della Presidenza del Consiglio dei Ministri o, in caso di inerzia delle amministrazioni locali, ai singoli elettori in qualità di sostituti processuali ai sensi dell’art. 9, comma 1, D.lgs. 267/00.

La Corte di Appello di Bari, chiamata a decidere sull’impugnazione della sentenza di primo grado promossa dalle parti, decise la questione con la sentenza del 30 novembre 2020, n. 2020, confermando il danno dell’identità cittadina a causa delle condizioni inumane e degradanti rilevate nel CIE di Bari Palese anche in relazione alle previsioni contenute nello Statuto della città pugliese.

Come già scritto, la Corte di Appello sostanzialmente confermò non solo la sentenza di primo grado ma, soprattutto, l’esistenza di trattamenti inumani e degradanti in capo ai trattenuti relativamente ad un certo periodo di tempo, anche ricordando  che “le rivolte e gli scioperi della fame degli ospiti del CIE di Bari Palese, in quanto frutto dell’evidente inadeguatezza della struttura, non sono tuttavia irrilevanti al fine della valutazione del danno agli enti esponenziali“.

Ora la Cassazione ha di fatto confermato l’impostazione dei giudici di merito, cassando la decisione di appello solo per un aspetto relativo alla verifica del “danno-evento” all’identità del Comune, la cui liquidazione presuppone una specifica valutazione del “danno-conseguenza”, che andrà ora effettuata.

Oltre le pregevoli argomentazioni della Suprema Corte in tema di danno all’identità e sua risarcibilità anche nei confronti delle persone giuridiche, è dunque definitivamente affermato dalla Suprema Corte che la condizione delle persone trattenute nel C.I.E. di Bari fu effettivamente disumana e degradante e tale da comportare la lesione dei principi solidaristici contenuti nello Statuto cittadino (violazione che la Cassazione afferma essere nella specie “effettivamente e definitivamente accertata”).

Considerata la portata di tale decisione e guardando alla recente pubblicazione del d.l. 124/2023 che, tra l’altro, ha allungato sino addirittura a 18 mesi i termini del trattenimento delle persone straniere nei centri di detenzione amministrativa per il rimpatrio, c’è da auspicare che analoghe iniziative giudiziarie siano intraprese nei territori ove insistono questi ovvero similari centri, essendo evidente che le già drammatiche condizioni di trattenimento amministrativo che oggi sono imposte ai cittadini stranieri (che, ricordiamo, non sono trattenuti per aver commesso alcun reato, ma solo per mancanza di idoneo titolo di soggiorno) non potranno che peggiorare e, così, anche la dignità di coloro che (volenti o nolenti) vivono nelle città dove saranno già esistono e saranno costruiti.

Si vedano, oltre ai link indicati in testo, anche:

– Daniele Papa, Natura giuridica del trattenimento del cittadino straniero e principio di legalità: riflessioni a margine di Corte d’Appello di Bari (sentenza 30 novembre 2020, n.2020), Giustizia Insieme,15 gennaio 2021

– Dario Belluccio“Non luoghi”, violazione dei diritti umani e controllo democratico: dalla “minorata difesa” al protagonismo. Riflessioni a margine dalla sentenza della Corte di Appello di Bari n. 202/2020 sul CPR di Bari, 26.02.2021, Questione & Giustizia – Diritti senza Confini, 26 febbraio 2021

Luigi Paccione, Umiliare gli immigrati nei Cpr offende i cittadini: ministero degli Interni condannato a risarcire, Unità del 22 settembre 2023

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