Al via le quote d’ingresso per il 2023. Un commento al Decreto Flussi

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Il 29 dicembre scorso è stato pubblicato il D.P.C.M. formalmente intitolato alla “Programmazione transitoria dei flussi d’ingresso dei lavoratori non comunitari nel territorio dello Stato per l’anno 2022”, sebbene sia evidente come esso sia destinato di fatto a stanziare le c.d. “quote” di immigrazione per l’anno 2023. Un primo commento di carattere generale.


Ingressi nominativi, una finzione che causa illegalità

Anzitutto, non si può che ribadire come la normativa vigente resti di fatto la principale causa di illegalità poiché non contiene meccanismi che consentano effettivamente l’ingresso regolare delle persone non cittadine UE, essendo fondata sull’anacronistico sistema dell’incontro a distanza tra domanda e offerta di lavoro.

Tutti sappiamo che si tratta di una sostanziale finzione (a meno di credere che un datore di lavoro assuma normalmente dall’estero una persona che non ha mai incontrato e non sa se e quando arriverà), senza contare che ciò comporta una lunghissima gestione burocratica intollerabile per qualsiasi datore di lavoro.

Impossibile assumere assistenti familiari o stabilizzare in agricoltura

Le c.d. “quote” stanziate per il 2023 per motivi di lavoro subordinato non stagionale restano peraltro una quantità “omeopatica” rispetto alla domanda del mercato del lavoro: appena 30.105.

Esse sono riservate esclusivamente ai cittadini provenienti da paesi che hanno stipulato o stanno per perfezionare accordi di cooperazione con l’Italia (ad es. non sarebbe possibile assumere uno statunitense o un brasiliano), ma soprattutto sono utilizzabili solo in determinati comparti.

Sono ammessi solo i lavoratori dell’autotrasporto merci per conto terzi, dell’edilizia, turistico-alberghiero, della meccanica, delle telecomunicazioni, dell’alimentare e della cantieristica navale.

Grandi assenti il lavoro domestico (contrassegnato da un sommerso assolutamente prevalente) ed ampi settori della manifattura, ma anche l’agricoltura (consentito l’ingresso solo per lavoro stagionale).

Diventa impossibile utilizzare anche volendo le modestissime quote (4.400) per la conversione del permesso di soggiorno – ovvero la stabilizzazione a tempo indeterminato –  di un lavoratore agricolo stagionale. Del tutto risibili, future e incerte sono le quote di ingresso per i lavoratori formati all’estero, di cui vanno parlando i Ministri in Tunisia e in Turchia.

Vanno poi considerati le tempistiche gli adempimenti burocratici (già in buona parte inutili, basti pensare al ridondante rituale della stipula del famoso “contratto di soggiorno”, che impegna tempo e risorse dell’amministrazione per formalizzare un pezzo di carta che si sa non servire a nulla e non garantire niente e nessuno più di quanto non faccia la normale comunicazione di assunzione).

Assunzioni dall’estero solo se si dimostra di non trovare in Italia, dove manca la manodopera

Tale gestione farraginosa viene ora non solo confermata ma persino complicata con specifiche disposizioni riguardanti il requisito della “previa indisponibilità di un lavoratore presente sul territorio nazionale”. 

E’ infatti imposta la dimostrazione, da parte del datore di lavoro interessato all’assunzione di lavoratori stranieri residenti all’estero – tranne che per lavoro stagionale –  di aver previamente esperito la verifica, presso il centro per l’impiego competente, dell’indisponibilità di un lavoratore presente sul territorio nazionale.

Tale previa verifica – a meno che non siano introdotte disposizioni correttive – dovrà essere effettuata prima della proposizione della domanda di nulla osta (a quanto pare, anche prima che inizi a decorrere il termine per la presentazione delle domande di nulla osta).

Tale domanda potrebbe risultare ammissibile solo dopo che il datore avrà autocertificato, alternativamente:

a) l’ assenza di riscontro, da parte del centro per l’impiego, circa l’individuazione di uno o più lavoratori rispondenti alle caratteristiche richieste, decorsi quindici giorni lavorativi dalla richiesta di personale da parte del datore di lavoro;

b) la  non idoneità del lavoratore accertata dal datore di lavoro prima della richiesta di nulla osta;

c) la mancata presentazione, senza giustificato motivo, a seguito di convocazione dei lavoratori inviati dal Centro per l’impiego al colloquio di selezione, decorsi almeno venti giorni lavorativi dalla data della richiesta di personale da parte del datore di lavoro al centro per l’impiego.

Si tratta di una procedura inutile già prevista in astratto dalla legge fin dal 2013, che finora é stata di fatto semplificata nella prassi per salvare le apparenze: un modulo in più per il centro per l’impiego destinato a rimanere senza risposta.

Ora si vuole invece enfatizzare con l’aggiunta di un sub procedimento preliminare per far vedere che “prima gli italiani”, mentre tutti gli operatori del settore sanno benissimo che è destinata a complicare gli adempimenti ed allungare la tempistica.

Tutto ciò senza influire minimamente sulle scelte operate nel mercato del lavoro, poiché non solo è nota l’indisponibilità di manodopera nazionale per i settori di più tradizionale impiego di persone straniere ma, soprattutto, l’assunzione nominativa “ad personam” è notoriamente predominante (il tutto al netto della capacità notoriamente scarsa di incrocio domanda/offerta da parte dei centri per l’impiego) . 

Semplificazione apparente

Questi adempimenti vanno ad aggiungersi alla previgente disciplina della procedura autorizzativa, che é stata recentemente rimaneggiata col DL 21/6/2022 (convertito con L….), recante “Misure per la semplificazione delle procedure di rilascio del nulla osta al lavoro e delle verifiche di cui all’art. 30 bis, co.8, del DPR 31/8/1999 n.394”, a sua volta modificato dal DL 29 dicembre 2022 n.198 (art.9 comma 2); tuttavia si tratta di una semplificazione solo apparente che non manca di presentare forti criticità

Si veda la scheda ASGI “Il decreto flussi 2021 alla luce delle novità introdotte dal Decreto Semplificazioni
Quando capirete che si tratta di persone e non di braccia?

Da un lato, infatti, vi si prevede per i soli decreti per gli anni 2021 e 2022 (quindi -si ritiene- anche in relazione al decreto in commento), un termine di 30 giorni per il rilascio del nulla osta da parte degli sportelli unici (sia pure senza attendere oltre detto  termine il parere della questura), termine che però è destinato a rimanere sulla carta, poiché è evidente sin d’ora che, non essendo previsto un silenzio-assenso, la tempistica reale per il rilascio continuerà ad essere condizionata dalla immutata scarsità organizzativa e di risorse degli uffici preposti

D’altro canto, si demanda in via esclusiva ai consulenti ed alle associazioni datoriali di categoria , oltre alle condizioni contrattuali di lavoro,  di asseverare in particolare la capacità finanziaria  del datore di lavoro in relazione alle previste assunzioni, salvo ammettere l’esenzione da detta asseverazione in favore delle istanze presentate dalle organizzazioni dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale che avranno sottoscritto con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali un apposito protocollo di intesa (da cui dovrebbe scaturire una incondizionata quanto astratta affidabilità delle pratiche). 

E’ noto come tale valutazione – finora rimessa ad una superficiale valutazione discrezionale degli uffici- sia in realtà estremamente complessa e soprattutto aleatoria, in quanto condizionata da molteplici fattori, ma ora la devoluzione di tale asseverazione si traduce in uno scarico di responsabilità sui consulenti , che é ancora più gravoso se si considera che non sono stati adottati parametri o indicazioni di sorta cui attenersi al riguardo, col risultato fin troppo prevedibile che, eccezion fatta per i professionisti compiacenti che talvolta assistono aziende poco trasparenti, i consulenti seri avranno comprensibili resistenze ad assumersi il rischio evidente della relativa responsabilità (anche penale, in relazione al potenziale carattere mendace delle stesse). 

E’ poi degno di nota come si pretenda di contrastare la tratta ed il caporalato nel settore agricolo stagionale confidando – non si sa se ingenuamente o ipocritamente – nella partecipazione delle organizzazioni professionali dei datori di lavoro al procedimento di assunzione dei lavoratori, riservando alle istanze di nulla osta al lavoro presentate da tali organizzazioni una larga parte della quota stabilita per il lavoro stagionale (ben la metà del totale di 44.000). E’ una partecipazione che, se da un lato favorisce teoricamente la sottoscrizione di quote associative, resta comunque complicata sotto il profilo pratico (si ricordano i problemi sorti con i “blocchi” conseguenti all’invio di domande aggregate per diverse imprese, oltre al conflitto di interessi nell’ordine cronologico di caricamento) ma soprattutto inutile: come se le cooperative o SRL senza terra non potessero iscriversi a tali organizzazioni e riceverne il servizio (dopo la comunicazione di assunzione non sono certo obbligate a fargli gestire le buste paga ed i contributi, anche a prescindere dal fatto che non risulta che le organizzazioni di categoria abbiano tanto spesso denunciato un loro iscritto per grave sfruttamento).

Semmai, una più genuina volontà di contrasto allo sfruttamento (e alle evasioni fiscali e contributive) potrebbe essere dimostrata se venisse resa operativa la possibilità di incrocio dei nulla osta per lavoro agricolo stagionale con i dati INPS sulle giornate di lavoro che poi vengono ufficialmente dichiarate dalle stesse aziende, prescrivendo ispezioni mirate verso le aziende che ne dichiarano una quantità infima rispetto alle lavorazioni da svolgere ed alle risorse umane ingaggiate.

Conclusioni

Mentre le “disposizioni urgenti per la gestione dei flussi migratori” di cui al decreto legge n.1 del 2 gennaio scorso vedono come scopo urgente soltanto quello di ostacolare il diritto/dovere di soccorso in mare, questo decreto conferma ulteriormente la mancanza di una volontà politica di effettivo governo dei flussi migratori. Evidentemente, le norme apparenti e gli slogan sono considerati strumenti più utili.

In relazione alle migrazioni economiche, è indispensabile – da parte dell’UE e ancor prima da parte dello Stato italiano – l’immediata introduzione di canali di libero ingresso per ricerca di lavoro, basati sulle garanzie economiche prestate da singoli o da imprese o comunque individuando misure economiche effettive e adeguate di rimpatrio assistito nel caso, decorso un determinato periodo di tempo, la persona non abbia reperito un’attività lavorativa.


La circolare congiunta n. 648 del 30 gennaio 2023

Il  DPCM del 29 dicembre 2022 (c.d. Decreto flussi)


Si ringrazia Marco Paggi

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