Una delegazione di soci Asgi ha effettuato un sopralluogo tecnico-giuridico al confine italo-austriaco dal 9 al 11 marzo 2022, concentrandosi principalmente nella città di Bolzano e nella zona di confine del Brennero. Lo scopo della visita è stato l’acquisizione e l’approfondimento di conoscenze sul fenomeno migratorio e sui movimenti secondari in questa zona di confine, attività che si inserisce in un contesto più ampio di studio e monitoraggio delle frontiere interne, obiettivo specifico del progetto Medea. I monitoraggi svolti nelle aree di confine attraversati da flussi migratori costituiscono infatti importanti occasioni di comprensione della realtà, oltre che di rafforzamento della rete. Infatti tali azioni svolte presso le aree di frontiera interne offrono la possibilità di effettuare valutazioni comparative relative alle prassi attuate dalle Forze dell’ordine e dagli enti locali nei diversi luoghi di confine.
Asgi ha svolto attività di monitoraggio e intervento legale a Bolzano e nella zona di confine del Brennero tra il 2015 e il 2017 e ha attivato una collaborazione proficua con le realtà locali. Dopo alcuni anni si è quindi deciso di riprendere contatto con questa area di frontiera al fine di comprendere meglio la situazione odierna, i problemi, i nodi e le questioni attuali legate al fenomeno migratorio e ai movimenti secondari e agli arrivi dall’Ucraina a causa del noto conflitto in atto, anche nell’ottica di confrontarli con quanto accade nelle altre frontiere interne.
Durante il sopralluogo sono stati effettuati incontri con le realtà locali che in modo diverso si occupano di migranti, richiedenti asilo e/o titolari di protezione internazionale, minori non accompagnati, vittime di tratta e altre categorie vulnerabili. Oltre alla Fondazione Alexander Langer, che dal 2014, tra le varie attività, sostiene e un’iniziativa di monitoraggio promossa dalla società civile, dapprima solo a Brennero e dal 2015 anche a Bolzano, denominata Brennero Border Monitoring, e successivamente un progetto denominato Antenne Migranti sostenuto da Open Society, abbiamo incontrato la Croce Rossa che fino a febbraio 2022 ha gestito il centro di prima accoglienza e assistenza emergenziale del Brennero e l’associazione Volontarius, che, insieme alla cooperativa River Equipe, si occupa di consulenza ed assistenza legale per migranti e minori non accompagnati, accoglienza e attività di contatto ed emersione nell’ambito del progetto anti-tratta locale denominato Alba. Abbiamo inoltre avuto incontri con le altre due associazioni coinvolte nel progetto anti-tratta locale: La Cooperativa Sociale Consis, che gestisce la parte relativa all’inclusione; tramite inserimento socio-lavorativo ed abitativo e l’associazione La Strada Derweg, che gestisce l’accoglienza. Infine, abbiamo potuto confrontarci anche con i volontari e gli attivisti dell’associazione Bozen Solidale che si occupano di monitoraggio al confine italo-sloveno e denuncia delle violazioni dei diritti umani che ivi accadono. Questi incontri ci hanno consentito di ottenere informazioni aggiornate sul sistema di accoglienza locale, sul progetto anti-tratta locale, sulla condizione dei minori stranieri non accompagnati e sulle misure adottate nei confronti dei cittadini ucraini o di altre nazionalità provenienti dall’Ucraina.
Nell’ambito del sopralluogo sono stati altresì osservati i controlli di polizia e/o di frontiera alle stazioni ferroviarie di Bolzano e Brennero e le dinamiche di interazione tra le Forze dell’ordine ed i cittadini provenienti dall’Ucraina sia all’interno dei treni in arrivo dall’Austria e dalla Germania sia nelle stazioni.
A differenza del periodo 2013-2015, quando questo tratto di confine interno era molto battuto in quanto costituiva la principale rotta di transito per molti migranti che arrivavano sulle coste italiane o attraverso i Balcani ed erano diretti in Austria, Germania e negli altri paesi del Nord Europa, oggi questa frontiera è attraversata da numeri decisamente inferiori di migranti e, pertanto, risulta meno attenzionata. Ciò ovviamente non significa che non continuano ad essere messe in atto pratiche illegittime e violazioni dei diritti umani a danno delle persone in movimento da parte delle forze dell’ordine e degli enti locali.
Dal 2015 ad oggi in questa zona frontaliera vengono effettuati controlli di polizia, sia dal lato italiano che da quello austriaco. Secondo quanto riferito, i controlli di polizia verrebbero effettuati solo nei confronti di persone aventi tratti somatici non europei. Nell’ultimo periodo i controlli vengono condotti presso la stazione di Bolzano (quindi non al Brennero) ma in alcuni periodi si sono registrati controlli anche in punti precedenti della tratta ferroviaria, come Trento e Verona. Secondo quanto ci è stato riferito dagli attori locali le persone trovate senza documenti vengono fatte scendere dai treni ed obbligate poi a salire sul primo treno in direzione opposta.
Oltre ai controlli di polizia, le forze dell’ordine italiane ed austriache pongono in essere riammissioni informali (attive e passive) sulla base dell’accordo bilaterale di riammissione sottoscritto ad ottobre del 1997 ed in vigore dal 1 aprile 1998. Negli anni non sono mancati episodi in cui le persone venivano anche accompagnati a piedi dalla polizia austriaca in territorio italiano senza alcuna comunicazione effettuata alla polizia italiana.
Purtroppo anche questo confine ha i suoi morti, persone che, nel tentativo di attraversare il confine ed evitare la riammissione decidono di salire sui treni merci oppure di provare ad attraversare il confine a piedi (v. qui e qui).
Nel corso del sopralluogo abbiamo potuto altresì osservare l’interazione tra le Forze dell’ordine ed i cittadini provenienti dall’ Ucraina. Alle stazioni ferroviarie di Brennero e Bolzano la polizia italiana consegna a coloro che arrivano dall’ Ucraina la scheda multilingue redatta dal Ministero dell’Interno denominata “Benvenuti in Italia” contenente informazioni sulla permanenza regolare sul territorio. La scheda viene consegnata anche all’interno del treno che viaggia sulla tratta Monaco-Bologna. : Dalle informazioni ricevute dalle realtà locali, nella fase successiva alla prima accoglienza all’interno dell’Hub dedicato a coloro in arrivo dall’Ucraina, solo le persone aventi nazionalità ucraina accedono al sistema di accoglienza e ai servizi, mentre tutti i cittadini stranieri che vivevano in Ucraina con regolare titolo di soggiorno (studenti, lungo soggiornanti, titolari di protezione etc) ne sono esclusi.
Durante il breve sopralluogo abbiamo potuto inoltre constatare che l’ormai consolidato problema dell’accoglienza dei migranti nella Provincia Autonoma di Bolzano purtroppo tutt’oggi esiste. A Bolzano infatti il sistema d’accoglienza è gestito dalla Provincia Autonoma in accordo con il Commissariato del Governo e non sono previste le progettualità afferenti al sistema nazionale di accoglienza ed integrazione (SAI). Esistono invece due canali di accoglienza paralleli definiti “in quota” e “fuori quota”: nel primo percorso di accoglienza rientrano i migranti che arrivano sul territorio tramite il sistema nazionale di ripartizione delle quote, mentre nel secondo chi arriva in provincia in modo autonomo. Le concrete possibilità di accesso al sistema d’accoglienza per chi giunge liberamente sul territorio è sempre stata molto difficile e lo è tutt’oggi; le regole per l’ingresso infatti sono molto rigide e vi è una sistemica mancanza di posti, principalmente a causa della convergenza tra le politiche europee di controllo dei confini, la politica italiana sull’immigrazione sempre più restrittiva e la volontà politica della Provincia Autonoma di rendere “poco attrattivo” l’Alto Adige.
Il 27 giugno 2016 la Provincia Autonoma di Bolzano formalizzò questo approccio emanando una circolare denominata “Critelli” (dal nome del suo firmatario) che stabiliva regole molto rigide per l’ingresso nell’accoglienza, soprattutto per chi giungeva sul territorio bolzanino in modo autonomo, e prevedeva la possibilità per costoro di entrare solo in strutture temporanee, senza beneficiare di alcun programma di integrazione. Come risultato di queste restrittive politiche locali, molte persone arrivate in autonomia nella Provincia Autonoma di Bolzano sono rimaste escluse dal sistema, inclusi molti vulnerabili e vittime o potenziali vittime di tratta, i quali hanno potuto far ricorso solo all’ingresso nei piani dell’Emergenza Freddo quindi dormitori.
Nonostante diverse associazione nazionali e locali hanno più volte ribadito l’illegittimità della circolare Critelli in quanto in contrasto con il D.Lgs. 142/2015, e nonostante l’interpellanza parlamentare sul punto, le regole previste dalla stessa continuano ad essere ancora applicate: chi arriva in modo indipendente a Bolzano ha come unica possibilità quella di rivolgersi agli operatori dell’associazione Volontarius che gestiscono un info point nelle vicinanze della stazione ferroviaria, i quali, in seguito ad un primo colloquio, se riscontrano profili di vulnerabilità possono segnalare la persona al Servizio di Integrazione Sociale (SIS) del Comune per i futuri colloqui di approfondimento sulla vulnerabilità in seguito ai quali ci può essere la collocazione in strutture alberghieri o l’inserimento in un Centro di Accoglienza Straordinaria (CAS). Attualmente la cooperativa River Equipe gestisce tre CAS: uno a San Candido per famiglie e uomini soli, uno a Merano solo per uomini e uno a Bolzano per famiglie o donne single, ognuno con capacità massima di cinquanta persone, oltre a due strutture temporanee per donne vulnerabili in attesa di inserimento delle stesse nel Cas di Bolzano. Successivamente la persona può rivolgersi al servizio Consulenza Profughi della Caritas Diocesana al fine di ricevere orientamento e consulenza legale per la presentazione della domanda di protezione internazionale. La Caritas Diocesana a sua volta gestisce tre c.d. case profughi: la Casa Arnika, la Casa Noah e la Casa Sara.
Durante la visita a Bolzano abbiamo avuto anche possibilità di conoscere gli enti locali che gestiscono il progetto per la tutela delle vittime di tratta e grave sfruttamento, denominato progetto Alba. Nato nel 2003, poi riformulato nel 2017, è sostenuto, nella misura di 70%, dall’Ufficio Tutela dei Minori e Inclusione Sociale della Provincia Autonoma di Bolzano e, per la restante parte, dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri-Dipartimento Pari Opportunità. Il progetto viene gestito dalla Cooperativa Sociale Consis , dall’associazione La Strada Derweg, e dall’Associazione Volontarius ed è attivo a Bolzano e Trento. L’accoglienza è composta da quattro strutture ad indirizzo segreto sia per l’accoglienza di emergenza che per l’accoglienza in progetto di vittime di tratta e grave sfruttamento, che possono ospitare 14 persone in totale. Attualmente nel progetto sono accolte vittime di tratta (sia titolari di protezione ex art. 18 D.Lgs. 286/1998, sia rifugiate che titolari di protezione umanitaria/casi speciali) e vittime di violenza domestica (titolari di permesso di soggiorno ex art. 18 bis D.Lgs. 286/1998), per la maggior parte donne nigeriane. La Provincia Autonoma svolge un ruolo di accompagnamento e confronto, mentre gli operatori del progetto lavorano a stretto contatto con il centro anti-violenza locale, con la Questura, i Carabinieri e la Guardia di Finanza nonché con il Servizio di Integrazione Sociale (SIS) del Comune. A livello nazionale ed internazionale il progetto collabora con il Numero Verde Anti-Tratta nazionale, con la piattaforma nazionale anti-tratta e con il sistema Anti-Tratta tedesco. Le segnalazioni per la valutazione di eventuale emersione possono arrivare dalla Commissione Territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Verona, dal Servizio di Integrazione Sociale (SIS) del Comune e dalle forze dell’ordine. A causa di utilizzo di indicatori obsoleti nei colloqui di emersione e valutazione, la scarsa comunicazione con gli enti che si occupano dell’accoglienza dei migranti, nonché della mancanza di mediatori professionali impegnati in modo duraturo nell’equipe, si assiste da anni ad un numero molto ridotto di donne che emergono dalla tratta e/o dalla violenza e accettano di aderire al progetto. Inoltre, come tanti altri progetti anti-tratta nazionali, anche il progetto Alba permette l’ingresso nel sistema di protezione solo a quelle donne che si trovano in pericolo attuale e che hanno già dichiarato di essere vittime di tratta o grave sfruttamento. Durante il colloquio svolto ci è stato altresì rappresentato dalle responsabili degli enti locali coinvolti che dal luglio 2020 è stato finanziato un progetto Farm, attualmente in fase di chiusura, volto alla mappatura nelle zone agricole e all’attività di contatto ed emersione. Ci è stato inoltre riferito che in circa due anni di attività non è stato riscontrato nemmeno un caso di sfruttamento lavorativo, caporalato, sequestro di documenti, intermediazione illecita ma solo irregolarità contrattuali per un totale di soli dieci casi, il che risulta veramente sorprendente e conferma la tesi di utilizzo di criteri datati e ormai superati nella emersione e nella valutazione delle forme di grave sfruttamento. Il progetto, molto ben organizzato e gestito dal punto di vista dell’accoglienza e l’inclusione sociale, ha sicuramente come sfida per il futuro quella di adattare i criteri utilizzati per l’emersione e la valutazione all’evoluzione del fenomeno della tratta a livello internazionale, tenendo conto anche dei movimenti secondari e delle nuove forme di grave sfruttamento sessuale e lavorativo.
In ultimo, grazie all’incontro con i referenti dell’associazione Volontarius abbiamo potuto conoscere l’attuale situazione dei minori stranieri non accompagnati presenti nella Provincia Autonoma di Bolzano ed approfondire le conoscenze riguardanti il sistema locale di accoglienza e tutela dei minori. I MSNA che attualmente giungono a Bolzano e in tutta la provincia arrivano principalmente dalla rotta balcanica, e quindi via Trieste, dall’Austria cioè via San Candido o Brennero, oppure anche dal sud Italia tramite la rotta del Mediterraneo. I minori che entrano nel sistema di accoglienza vengono rintracciati dagli stessi operatori dell’associazione Volontarius nel c.d. info point oppure vengono segnalati dai servizi sociali territoriali. Il sistema locale di accoglienza per i minori è organizzato a tre livelli:
1. centri di prima accoglienza, dove il minore può rimanere per un periodo massimo di sei mesi anche se di fatto ci è stato riferito che ci sono stati diversi casi in cui i ragazzi rimanevano anche per dodici mesi e dove vengono offerti servizi di screening sanitario, insegnamento linguistico e iscrizione scolastica. L’associazione Volontarius gestisce due strutture di prima accoglienza di tipo socio-pedagogico;
2. la seconda accoglienza è organizzata tramite le comunità che possono essere di tipo socio-sanitario, socio-pedagogico o terapeutico, dove ai minori viene offerta anche la formazione professionale e l’inserimento lavorativo, tramite stage/tirocini. L’associazione Volontarius gestisce una comunità di tipo socio-pedagogico a Merano;
3. il terzo livello di accoglienza è invece rappresentato dalle residenze assistite, dove entrano, primi fra tutti, i minori in carico ai servizi sociali ed ove gli ospiti possono rimanere fino al compimento del ventunesimo anno di età.
Tutte le strutture di accoglienza per minori che esistono nella Provincia Autonoma di Bolzano sono sia per stranieri che per locali. Quando viene rintracciato un minore sul territorio si cerca un posto nei centri di prima accoglienza, se il posto non è disponibile in quel momento il minore può entrare direttamente in una comunità in attesa che si liberi spazio nel sistema di prima accoglienza, se poi passano diversi mesi senza che il trasferimento avvenga, il ragazzo/la ragazza rimane nella comunità.
Ci è stato infine riferito che fino al 2017 non veniva richiesta né aperta la tutela nei confronti di MSNA, mentre d’allora a tutt’oggi la stessa è richiesta e viene concessa, dopo circa due mesi dalla domanda, al direttore del Servizio di Integrazione Sociale (SIS) del Comune e svolta poi dagli assistenti sociali, nonostante esiste a livello locale un’associazione di tutori volontari. Ci è stato segnalato inoltre, che nella Provincia ci sono stati casi di minori stranieri denunciati per truffa ai danni dello stato per essere giunti sul territorio accompagnati da figure adulte con obblighi di tutela nei loro confronti o perché si veniva a scoprire, dopo l’accesso all’accoglienza, che sul territorio si trovava un famigliare.
Negli ultimi anni è successo che minori non accompagnati albanesi, titolari di un passaporto, siano stati accompagnati dai servizi sociali territoriali presso l’aeroporto di Verona al fine del loro ritorno in Albania, senza che preventivamente sia stata svolta alcuna indagine particolare sui minori stessi e tantomeno data comunicazione alle famiglie interessate. Questo ha portato alla prassi molto diffusa tra i minori di buttare via il passaporto, cosa che rende difficile poi la conversione del permesso per minore età al compimento dei 18 anni. I numeri certamente alti di arrivi di minori dall’Albania e il Kosovo sembra abbiano rafforzato alcuni pregiudizi nei confronti di questi cittadini rendendo quasi nulle le possibilità per questi minori di poter accedere al prosieguo amministrativo.
Questo in pratica significa che questi minori siano molto poco conosciuti e di conseguenza poco seguiti da parte dei servizi territoriali.
Al compimento della maggiore età potrebbero diventare vittime di sfruttamento lavorativo senza la possibilità di denunciare o avere un appoggio strutturato.
Ritornare al Brennero e a Bolzano ha consentito al progetto di riprendere contatto con una realtà complessa e “straordinaria”: le modalità gestionali del sistema di accoglienza si confermano particolarmente critiche e lesive dei diritti fondamentali della popolazione straniera. Colpisce soprattutto la graniticità delle istituzioni nel perseverare con scelte politiche atipiche anche e soprattutto a fronte di un fenomeno che ad oggi, anche solo dal punto di vista numerico, paiono non trovare una giustificazione razionale. In questo senso anche il sopralluogo al confine ha confermato la sensazione che la rotta del Brennero rimane molto meno battuta di quanto lo sia stato negli scorsi anni. Rimane la consapevolezza della presenza di una rete di avvocati ed operatori che si dimostrano quotidianamente proattivi nell’assistenza ai cittadini stranieri con i quali il progetto Medea potrà sviluppare azioni di intervento specifiche.