Sufficiente il vincolo familiare per il rilascio della carta di soggiorno di familiari UE

Argomenti:giurisprudenza

La decisione del Tribunale di Palermo in commento è figlia della prassi amministrativa di subordinare il rilascio della “carta di soggiorno per congiunti di cittadini UE” in favore dei congiunti stranieri di cittadini italiani soltanto qualora venga dimostrata la disponibilità di risorse economiche sufficienti e sposa una lettura costituzionalmente orientata della normativa in vigore.

Con il D.Lgs. 6 febbraio 2007, n. 30, il legislatore italiano ha recepito la direttiva 2004/38/CE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa al diritto dei cittadini dell’unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli stati membri.

La ratio di tale direttiva va individuata (anche) nei seguenti principi:

– la cittadinanza dell’unione conferisce a ciascun cittadino dell’unione il diritto primario e individuale di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli stati membri, fatte salve le limitazioni e le condizioni previste dal trattato e le disposizioni adottate in applicazione dello stesso (v. considerando n. 1, direttiva 2004/38/CE);

– il diritto di ciascun cittadino dell’unione di circolare e soggiornare liberamente nel territorio degli stati membri presuppone, affinché possa essere esercitato in oggettive condizioni di libertà e di dignità, la concessione di un analogo diritto ai familiari, qualunque sia la loro cittadinanza (v. considerando n. 5, direttiva 2004/38/CE).

La direttiva si applica a qualsiasi cittadino dell’unione che si rechi o soggiorni in uno stato membro diverso da quello di cui ha la cittadinanza, nonché ai suoi familiari ai sensi dell’articolo 2, punto 2, che accompagnino o raggiungano il cittadino medesimo (v. art. 3, c. 1, direttiva 2004/38/CE); analoga disposizione è stata prevista dal legislatore italiano in sede di recepimento della normativa europea (v. art. 3, c. 1, D.Lgs. 6 febbraio 2007, n. 30).   

L’art. 23 del D.Lgs. 6 febbraio 2007, n. 30, stabilisce invece che le disposizioni in commento si applicano ai familiari stranieri di cittadini italiani soltanto se più favorevoli.

Alla luce dei predetti principi, la normativa prevede che i familiari stranieri del cittadino dell’unione stabilitosi in Italia hanno diritto ad avere rilasciata una “Carta di soggiorno di familiare di un cittadino dell’Unione”, della validità di cinque anni dalla data del rilascio, se questi dispone di risorse economiche sufficienti per sostentare se stesso e il proprio nucleo familiare (v. artt. 7 e 10 D.Lgs. 6 febbraio 2007, n. 30).

Inoltre, ai sensi dell’art. 14, c. 1, del D.Lgs. 6 febbraio 2007, n. 30, il cittadino dell’unione che ha soggiornato legalmente ed in via continuativa per cinque anni nel territorio nazionale ha diritto al soggiorno permanente non subordinato alle condizioni previste dagli articoli 7, 11, 12 e 13, e , ai sensi dell’art. 17, c. 1, del  D.Lgs. 6 febbraio 2007, n. 30, ai familiari del cittadino comunitario non aventi la cittadinanza di uno Stato membro dell’Unione europea, che abbiano maturato il diritto di soggiorno permanente, la Questura rilascia una “Carta di soggiorno permanente per familiari di cittadini europei”.

Nel caso oggetto della pronuncia, come in altri casi analoghi, l’amministrazione dell’interno non soltanto aveva rifiutato di rilasciare al ricorrente, soggiornante in Italia da oltre 20 anni e padre di una ragazza italiana con lui convivente, una “Carta di soggiorno permanente per familiare di cittadino dell’Unione”, ma perfino di aggiornare la carta di soggiorno di cui era stato sino a quel momento titolare e lo aveva autorizzato a soggiornare solamente per due anni ai sensi del combinato disposto degli art. 19, c. 2, lett. c), D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, e 28, c. 1, lett. b), D.P.R. 31 agosto 1999, n. 394, in considerazione dell’assenza di fonti di reddito ritenute “sufficienti”.

La tesi sostenuta in giudizio, condivisa dal Tribunale di Palermo nella decisione in commento, muove dal presupposto che non possono ritenersi applicabili ai cittadini italiani i requisiti previsti dall’art. 7, c. 1, lett. a) b) e c), del D.Lgs. 6 febbraio 2007, n. 30, per l’evidente ragione che il diritto al soggiorno in Italia di un cittadino italiano non può essere limitato o impedito a causa della sussistenza o meno delle situazione di fatto sottese ai predetti requisiti.

Conseguentemente, nel caso oggetto della decisione l’amministrazione dell’interno, ai fini del rilascio della carta di soggiorno (anche permanente) per familiare di cittadino europeo, deve valutare esclusivamente la sussistenza del vincolo familiare tra il cittadino italiano e il proprio familiare straniero.

Diversamente opinando, si verrebbe a creare un’ingiustificata, e ingiustificabile, discriminazione, in quanto il diritto al soggiorno alle medesime condizioni di favore previste dalla normativa europea e da quella derivata in favore dei familiari stranieri dei cittadini comunitari stabiliti in Italia, non sarebbe garantito ai familiari dei cittadini italiani disoccupati o meno abbienti.

Già in un’altra occasione il Tribunale di Palermo aveva avuto modo di giudicare che non possono ritenersi applicabili ai coniugi dei cittadini italiani i requisiti reddituali previsti dall’art. 7, comma I, lett. a) b) e c), del D.Lgs. 6 febbraio 2007, n. 30: posto che il diritto al soggiorno in Italia di un cittadino italiano non può essere in alcun modo limitato o impedito, e considerato che l’art. 23 del D.Lgs. 6 febbraio 2007, n. 30, prevede che «Le disposizioni del presente decreto legislativo, se più favorevoli, si applicano ai familiari di cittadini italiani non aventi la cittadinanza italiana», deve ritenersi che i richiamati requisiti reddituali non possano assumere concreto rilievo al fine di riconoscere il diritto del coniuge straniero di un cittadino italiano al soggiorno a tempo indeterminato. Diversamente opinando la disciplina de qua risulterebbe di dubbia costituzionalità, determinando a carico dei coniugi stranieri dei cittadini italiani, una irragionevole discriminazione, garantendosi livelli di tutela differenti a seconda delle capacità di sostentamento economico del coniuge da parte del cittadino italiano (v. Tribunale di Palermo ordinanza ex art. 702 bis c.p.c. del 16.01.2017).

Commento a cura dell’avv. Daniele Papa.


Tribunale di Palermo, sezione specializzata Immigrazione, ordinanza del 17 settembre 2019, n. 6635

Argomenti:giurisprudenza