La Corte EDU chiede chiarimenti all’Italia sull’hotspot di Lampedusa

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ASGI ha proposto ricorsi d’urgenza alla Corte Europea dei Diritti umani che chiede urgenti chiarimenti allo Stato italiano in merito alle condizioni materiali e igieniche e all’assenza di servizi. Una situazione ancora più allarmante in considerazione del grave trauma subito dalle persone presenti scampate al tragico naufragio del 23 novembre 2019.

La Corte Europea per i Diritti Umani il 10 dicembre ha richiesto all’Italia di fornire informazioni adeguate sulle condizioni di vita all’interno dell’hotspot presente sull’isola di Lampedusa. In particolare la Corte EDU chiede chiarimenti sull’adeguatezza dello stesso ad accogliere minori, sulla situazione individuale dei ricorrenti all’interno del centro e sulle misure eventualmente adottate a loro tutela al fine di garantire un ambiente sicuro e protetto, oltre che sul trasferimento degli stessi in strutture adeguate secondo quanto previsto dalla normativa interna e internazionale. 

La Corte è intervenuta in risposta alla presentazione di alcuni ricorsi di urgenza, presentati con il sostegno dell’ASGI nell’ambito del Progetto In Limine, da parte di alcuni cittadini stranieri che si trovano all’interno dell’hotspot, tra cui due minori.

Asgi ha ritenuto fondamentale interpellare la Corte Europea dei Diritti Umani, lunedì 9 dicembre 2019, dopo aver verificato le condizioni inumane che stanno caratterizzando l’hotspot soprattutto in riferimento ai minori, e denunciando l’immediata necessità di avviare trasferimenti in strutture idonee secondo quanto previsto dalla normativa nazionale.

Il fatto che la Corte Europea per i Diritti Umani abbia immediatamente dato riscontro ai ricorsi e inviato richieste di chiarimenti al Governo italiano appare decisamente importante e significativo, confermando la necessità di monitoraggio costante di quanto accade nell’hotspot dell’isola italiana. Gli avvenimenti delle ultime settimane, dimostrano, infatti come il funzionamento del centro continui a caratterizzarsi per la messa in atto sistematica di pratiche lesive dei diritti dei cittadini stranieri in una condizione di sostanziale invisibilità. Da diverso tempo infatti la situazione dell’hotspot di Lampedusa è oggetto di denunce pubbliche, non sembrerebbe però che questo abbia condotto a miglioramenti significativi[1].

Per questa ragione nel corso degli ultimi mesi l’azione dell’ASGI, con il progetto In Limine, si è concentrata su cosa accade dopo lo sbarco, sia attraverso l’osservazione diretta, sia attraverso le interviste a cittadini stranieri che transitano nel centro per verificare cosa avviene dopo il raggiungimento del porto sicuro.

In particolare si vuole verificare che tipo di prassi e procedure vengono applicate ai fini della determinazione della condizione giuridica dei cittadini stranieri e di che tipo di accoglienza istituzionale siano destinatari i cittadini stranieri a Lampedusa. 

Ed è proprio grazie a tale monitoraggio sistematico che, in seguito al drammatico naufragio del 23 novembre e agli sbarchi che si sono succeduti, gli operatori di ASGI si sono recati sull’isola al fine di verificare la condizione delle persone condotte presso il centro hotspot di Contrada Imbriacola .

Dai colloqui svolti con gli operatori legali e il mediatore culturale è emersa una situazione che ha destato notevole preoccupazione in merito alle condizioni materiali e igieniche e all’assenza di servizi che caratterizza il centro, che non garantiscono la tutela della dignità della persona e un effettivo rispetto dei bisogni essenziali. Una situazione che è apparsa ancor più allarmante in considerazione del grave trauma subito dalle persone scampate al tragico naufragio. Ciò rappresenta un grave elemento di criticità essendo presenti all’interno della struttura anche donne, numerosi minori, minori non accompagnati, la cui presenza disattende quanto previsto dalla normativa, poiché, in attesa del trasferimento nei centri adibiti all’accoglienza dei minori stranieri non accompagnati, gli stessi dovrebbero essere inseriti in strutture di accoglienza apposite.

“Restiamo in attesa delle evoluzioni e dei riscontri alla Corte da parte delle istituzioni italiane confidando che vengano garantite condizioni di accoglienza che rispondano alle esigenze specifiche dei cittadini stranieri, che vadano anche oltre la situazione contingente” concludono gli operatori ASGI del progetto Inlimine .

“Continueremo a monitorare cosa succede alle persone quando arrivano sul territorio italiano affinché sia garantito loro  un effettivo accesso ai diritti e a condizioni di vita degne”.


[1] Il Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale, nel suo “Rapporto sulle visite nei centri di identificazione ed espulsione e negli hotspot in Italia” del 2017,  già descrive l’hotspot di Lampedusa come “squallido e trasandato” Dopo la visita di follow up svolta nel gennaio 2018, il Garante ha illustrato alla stampa le condizioni materiali, ancora “disumane”, riscontrate all’interno della struttura. Si veda anche la Relazione del Garante nazionale al Parlamento del 2018, pp. 231 e ss. Anche il Comitato europeo per la prevenzione della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti (Cpt) nel rapporto sulla visita effettuata in Italia dal 7 al 13 giugno 2017, ha sottolineato come le condizioni di vita all’interno dell’hotspot di Lampedusa possano essere considerate accettabili solo per permanenze di breve durata.


Per approfondire

Lampedusa, video denuncia dall’hotspot sovraffollato tra degrado e rifiuti Dall’interno del centro le immagini riprese con i cellulari mostrano bagni senza porte, materassi senza lenzuola e tra i calcinacci. La struttura ha ospitato neonati e sopravvissuti all’ultimo naufragio. Servizio di TG 3 Regione Sicilia, 6 dicembre 2019

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Foto da Pexel

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