21 internazionalisti :«Nei porti ciascuno Stato eserciti la propria sovranità, ma nel rispetto del diritto internazionale»

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Ventuno internazionalisti italiani hanno condiviso un breve intervento, steso dal prof. Pasquale De Sena, Enzo Cannizzaro e Riccardo Pisillo Mazzeschi,  pubblicato dal Corriere della Sera, a proposito delle posizioni espresse dal consulente legale del Ministero dell’Interno sul caso “Sea Watch” .

In un’intervista pubblicata il primo luglio dal Corriere, l’avv. Paolo Busco, consulente del Ministero dell’Interno, sostiene la liceità internazionale della decisione del Governo italiano di negare lo sbarco della Sea Watch:

a) perché la sovranità degli stati sull’accesso ai porti è stata affermata dalla Corte internazionale di giustizia nel caso Stati Uniti-Nicaragua nel 1986;

b) perché gli obblighi di soccorso, disposti dalle convenzioni SOLAS del 1974 e SAR del 1979, a carico degli Stati parti non implicherebbero il dovere di far procedere allo sbarco in situazioni del genere, ma solo quello di “prestare assistenza”;

c) perché queste stesse convenzioni, stabilendo il principio del porto sicuro più vicino, non si riferiscono al fenomeno dell’immigrazione via mare;

d) perché, semmai, la responsabilità di cooperare al soccorso è di tutti gli Stati della “comunità internazionale”, e, finché la Sea Watch si trovava in acque internazionali, la nave era sottoposta alla esclusiva giurisdizione olandese.

Al riguardo osserviamo:

a) non vi è dubbio che nei porti ciascuno Stato eserciti la propria sovranità, ma nel rispetto del diritto internazionale. Per quanto poi tale diritto non imponga un obbligo di accoglienza, esso di certo impone un obbligo di assistere le persone in difficoltà in mare. Allora, come può uno Stato “prestare assistenza” a una nave carica di naufraghi che si presenti di fronte al proprio porto, se non consentendo uno sbarco, sia pure temporaneo? Si noti che l’art. 3.1.9. della Convenzione SAR, emendata nel 2004, obbliga gli Stati a cooperare per consentire lo sbarco delle persone in pericolo in un porto sicuro, sollevando il comandante della nave dal proprio obbligo di assistenza;

b) è poi difficile affermare – come fa Busco – che le convenzioni SOLAS del 1974 e SAR del 1979 non riguardino i migranti, visto che esse non prevedono alcuna forma di discriminazione fra persone in pericolo. Tutti coloro che sono soccorsi in mare vanno qualificati come naufraghi ed hanno diritto di essere sbarcati in un luogo sicuro, a prescindere dal fatto che abbiano o meno l’intenzione di migrare, com’è attestato, inequivocabilmente, anche dalla risoluzione A.920(22) dell’Assemblea dell’IMO;

c) la circostanza che alcuni Stati non abbiano, disdicevolmente, adempiuto al proprio obbligo di cooperazione – sottolineata da Busco – non esime affatto da responsabilità l’Italia, considerando che il porto di Lampedusa era il porto sicuro più vicino e che nessuna “impossibilità di accogliere” sussisteva in questo caso. E’ proprio la natura “erga omnes” e umanitaria degli obblighi di soccorso ad escludere che l’inadempimento da parte di uno Stato possa giustificare l’inadempimento da parte di un altro (art. 60.4 Convenzione di Vienna 1969);

d) si può infine ritenere – come fa l’intervistato – che la giurisdizione sulla Sea Watch in acque internazionali fosse solo olandese? In realtà la decisione della Corte europea dei diritti umani del 25 giugno nulla dice al riguardo, né mancano precedenti in senso contrario. Nel caso Women on waves, la stessa Corte ha riconosciuto la giurisdizione e la responsabilità portoghese per fatti riguardanti una nave in acque internazionali, cui era stato bloccato l’accesso al mare territoriale. Nel caso Hirsi, la giurisdizione dell’Italia è stata riconosciuta in relazione a un’imbarcazione in acque internazionali. Come si giustifica allora la tesi sulla giurisdizione esclusiva dell’Olanda, anche tenendo conto che un giudice italiano (TAR Lazio) si è pronunciato sulla questione e che la Guardia di finanza aveva notificato alla Sea Watch il divieto di accesso al mare territoriale, abbordandola con una “nave di stato”? Forse era una “nave di stato ” in acque territoriali italiane e non in acque internazionali per uno … strano fenomeno di transustanziazione?!”

Enzo Cannizzaro, Pasquale De Sena, Riccardo Pisillo Mazzeschi

Nerina Boschiero, Andrea Cannone, Gabriella Carella, Marina Castellaneta, Giuseppe Cataldi, Carlo Focarelli, Pietro Gargiulo, Edoardo Greppi, Paola Ivaldi, Paolo Palchetti, Marco Pedrazzi, Laura Pineschi, Fausto Pocar, Lorenzo Schiano di Pepe, Tullio Scovazzi, Massimo Starita, Antonello Tancredi, Ugo Villani

(Professori di diritto internazionale)

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