In una lettera indirizzata ai Ministeri interessati le associazioni denunciano come l’assegnazione ai richiedenti protezione internazionale di un codice fiscale diverso da quello assegnato agli altri cittadini (poiché più breve e numerico), quando rilasciato, non consente il pieno accesso ai diritti.
“Pur condividendo il fine dell’attivazione della nuova procedura e dell’attribuzione del codice fiscale al momento della verbalizzazione della domanda di protezione internazionale non può non essere rilevato come ad oggi le informazioni giunte ai vari uffici periferici circa questa nuova procedura siano del tutto insufficienti e come di conseguenza l’assegnazione ai richiedenti di un codice fiscale diverso da quello assegnato agli altri cittadini (poiché più breve e numerico), quando rilasciato, non consenta il pieno accesso ai diritti.”. E’ quanto scrivono A.S.G.I. – Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione, ARCI, CARITAS, C.I.R. Consiglio Italiano per i Rifugiati, COMUNITA’ SANT EGIDIO, EMERGENCY, F.C.E.I.- Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia, FONDAZIONE MIGRANTES, MEDU – Medici per i Diritti Umani, NAGA. in una lettera indirizzata al Ministero delle Entrate, Salute e Interni inviata lo scorso 23 novembre.
Il contesto
Con la comunicazione di servizio n.8 del 26.07.2016, esplicativa della nuova procedura telematica predisposta dall’Agenzia dell’Entrate di concerto con il Ministero dell’Interno e il Ministero della Salute è stata stabilita una nuova procedura per l’attribuzione di un codice fiscale provvisorio ai richiedenti protezione internazionale già al momento del rilascio della ricevuta attestante la verbalizzazione della domanda di protezione internazionale e la conversione del codice fiscale numerico in uno alfanumerico definitivo al momento della notifica della decisione favorevole da parte della Commissione Territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale.
Il fine della procedura – si legge nella comunicazione – è quello di dare piena attuazione ad alcune disposizioni del D. lgs. 142/2015 ed, in particolare, di garantire l’iscrizione al servizio sanitario e l’accesso al lavoro ai sensi degli artt. 21 e 22 D. Lgs. 142/2015 al richiedente protezione internazionale che sia in possesso del permesso di soggiorno o della sola ricevuta rilasciata al momento della verbalizzazione che, come previsto dall’art. 4 c. 3 D. Lgs. 142/2015, vale come permesso di soggiorno provvisorio
Diritti fondamentali negati
Tuttavia quando il richiedente protezione internazionale ha un codice provvisorio “si riscontra l’impossibilità di accedere al Servizio Sanitario Nazionale, di iscriversi ai tirocini formativi, di partecipare ai corsi di formazioni professionale, di accedere al lavoro, di ottenere la residenza e/o il rilascio dei farmaci con la prescrizione medica anche a causa dell’incapacità dei sistemi operativi telematici di riconoscere la validità del codice fiscale così assegnato”, denunciano le Associazioni nella lettera .
Le associazioni hanno ricevuto numerose segnalazioni da tutto il territorio nazionale che indicano come diverse Questure non sanno ancora come creare i codici provvisori numerici e fornirli ai richiedenti asilo, mentre altre non sanno assolutamente come convertire il codice provvisorio in codice alfanumerico definitivo nella lettera di notifica della decisione favorevole al richiedente.
“L’impossibilità pratica di accedere ai diritti fondamentali “rappresenta una violazione del D. Lgs. 142/2015 nonché “un trattamento discriminatorio nei confronti dei cittadini stranieri” : tale prassi infatti illegittimamente impone condizioni più svantaggiose nell’accesso “all’occupazione, all’alloggio, all’istruzione, alla formazione e ai servizi sociali e socio-assistenziali allo straniero regolarmente soggiornante in Italia soltanto in ragione della sua condizione di straniero o di appartenente ad una determinata razza, religione, etnia o nazionalità”.
“Vi invitiamo pertanto a riconsiderare la scelta di assegnare un codice fiscale provvisorio numerico più breve” concludono le associazioni firmatarie “ per assicurare l’effettiva parità di trattamento per i cittadini richiedenti la protezione internazionale, riconoscendo ad essi il comune codice fiscale alfanumerico o fornendo adeguata informazione a tutti gli uffici periferici anche rispetto all’aggiornamento dei sistemi informatici .”.