La Corte d’Appello de l’Aquila conferma la pronuncia di primo grado: il comune ha discriminato, nell’assegnazione degli alloggi pubblici, una cittadina italiana perché sposata con uno straniero.
La vicenda nasce nel lontano 2018: allora una cittadina italiana sposata con un cittadino marocchino titolare di una carta di soggiorno come familiare di cittadino UE, aveva presentato domanda di assegnazione di un alloggio pubblico ma si era vista respingere la domanda perché il marito era privo di “permesso di soggiorno di lungo periodo”, mentre il bando prevedeva che tutti componenti del nucleo familiare fossero titolari del permesso di lungo periodo.
Anche i bandi analoghi emessi nel 2019 e 2020 avevano lo stesso requisito sicchè i coniugi, che hanno due bimbi piccoli, non hanno mai potuto partecipare al bando.
Nella causa è intervenuta anche ASGI, chiedendo che il requisito fosse rimosso da tutti i bandi, con il divieto al Comune di riproporlo in futuro.
Il giudice di primo grado aveva già riconosciuto che nessuna norma di legge consente di limitare l’acceso agli alloggi pubblici ai soli cittadini extra UE con permesso di lungo periodo, men che meno se il coniuge è italiano. Non aveva tuttavia riconosciuto il danno subito dalla famiglia né aveva ordinato al Comune nulla per il futuro.
La signora e ASGI hanno quindi proposto appello che ora è stato integralmente accolto: la famiglia (che per oltre tre anni ha dovuto vivere in un alloggio più piccolo e più costoso di quello ce avrebbe ottenuto) è stata risarcita con oltre 12.000 euro perché è stata riconosciuta “la lesione della dignità personale e in particolare la violazione del diritto a costruire la propria famiglia sulla base delle proprie scelte affettive senza che queste possano provocare effetti negativi sulla vita sociale di ciascuno” nonché la lesione derivante dal “discredito sociale di essere esclusa da un beneficio perché sposata a uno straniero”; il Comune è stato condannato anche a rifondere le spese legali, a versare allo Stato una somma per essersi difeso in giudizio senza valide ragioni e a non introdurre più nei bandi futuri il requisito del permesso di lungo periodo.