Un passo avanti nell’adozione di strumenti di coordinamento tra i sistemi della protezione internazionale e della protezione delle vittime di tratta e di meccanismi standardizzati di referral. Le possibili ulteriori prospettive.
di Maria Grazia Giammarinaro, magistrata, già Special Rapporteur delle Nazioni Unite sulla tratta di esseri umani, in particolare donne e minori
e Francesca Nicodemi, avvocata, esperta in materia di tratta di esseri umani, già Protection Associate UNHCR, ha redatto le Linee Guida su L’identificazione delle vittime di tratta e procedure di referral nell’ambito del progetto Meccanismi di coordinamento per le vittime di tratta condotto sin dal 2016 da UNHCR con la Commissione Nazionale. Le opinioni qui espresse sono proprie dell’autrice e non rappresentano la posizione di UNHCR o delle Nazioni Unite.
L’articolo è pubblicato nella Rubrica “Diritti senza confini”, nata dalla collaborazione fra le Riviste Questione Giustizia e Diritto Immigrazione e Cittadinanza per rispondere all’esigenza di promuovere, con tempestività e in modo incisivo il dibattito giuridico sulle principali questioni inerenti al diritto degli stranieri. Vai alla Rubrica.
1. La nuova edizione delle Linee Guida rivolte alle Commissioni Territoriali: i principali elementi di novità
Da molti anni si parlava al livello internazionale di una possibile ed auspicabile integrazione tra sistema asilo e sistema anti-tratta; tuttavia ben poco era stato tentato per arrivare a risultati concreti. Il riconoscimento della protezione internazionale e le relative procedure restavano e restano, nella grande maggioranza dei Paesi, due mondi completamente separati e non comunicanti. Il risultato è che i/le migranti al loro ingresso in un Paese dell’UE continuano ad essere distinti/e tra richiedenti asilo e migranti economici, talora sulla base di domande poste dai pubblici ufficiali incaricati delle prime interviste, prive di alcun approfondimento sul loro background, sulle esperienze compiute durante il viaggio, sulla situazione e/o sulle prospettive di lavoro e di vita nel paese di destinazione. E’ un fatto noto a tutte/i coloro che si occupano di tratta, che le persone già trafficate o ad alto rischio di diventarlo, si trovano sia tra i richiedenti asilo sia tra i c.d. migranti economici, spesso ignare/i della loro condizione di sfruttamento ed anche delle procedure per il riconoscimento dei loro diritti.
In Italia, l’integrazione del sistema asilo e del sistema anti-tratta1u ha consentito l’emersione di una serie di casi di sfruttamento sia lavorativo che sessuale, che venivano in passato ignorati. Questa modalità di pre-identificazione e di referral va ad aggiungersi alle modalità di outreach degli enti anti-tratta, prevalentemente basate sulle unità di strada, che hanno consentito di raggiungere un numero considerevole di vittime, soprattutto donne sfruttate sessualmente. Il sistema italiano è infatti considerato da sempre uno dei più efficaci a livello internazionale.
Il coordinamento tra i due sistemi è stato implementato in prima battuta nell’ambito della procedura di riconoscimento della protezione internazionale, mediante l’adozione di specifiche procedure operative standard volte a favorire la precoce identificazione delle persone sopravvissute alla tratta tra i richiedenti protezione internazionale, e la segnalazione da parte delle Commissioni Territoriali agli enti che realizzano il programma unico di emersione assistenza e integrazione sociale ai sensi dell’art. 18 D.Lgs. 286/98.
Tali procedure sono state definite nelle Linee Guida rivolte alle Commissioni Territoriali su L’identificazione delle vittime di tratta tra i richiedenti protezione internazionale e procedure di referral2 elaborate nell’ambito del progetto realizzato da UNHCR e dalla Commissione Nazionale per il Diritto di Asilo. La prima edizione delle Linee Guida, pubblicata nel 2016, aveva disegnato gli elementi fondamentali di quella che, a ragione, viene considerata una “good practice” a livello internazionale.
La nuova edizione delle Linee Guida, pubblicata alla fine del 20203, presenta elementi di novità, in particolare sotto il profilo degli indicatori, che sono stati ulteriormente aggiornati e delle procedure di referral, che sono state rifinite e ottimizzate, tenendo conto del percorso precedentemente compiuto e delle criticità riscontrate nell’applicazione della prima versione del manuale.
Le procedure di referral, adottate oggi da tutte le Commissioni Territoriali anche in virtù di Protocolli d’Intesa formalizzati con i progetti anti-tratta che operano nelle diverse zone territoriali di rispettiva competenza, hanno indubbiamente contribuito a migliorare la protezione delle persone sopravvissute ad esperienze di tratta e grave sfruttamento, da una parte favorendo la loro precoce identificazione come potenziali vittime di tratta nell’ambito della procedura asilo e dunque l’invio ai servizi specializzati e dall’altro lato riconoscendo, ove sussistente, il loro diritto alla protezione internazionale.
L’efficacia di tali procedure e del lavoro di formazione svolto con le stesse Commissioni Territoriali trova riscontro nell’elevato numero di persone identificate dalle Commissioni Territoriali quali possibili vittime di tratta nel corso degli ultimi anni4.
Oggi è possibile che una vittima di tratta, non individuata come tale nelle fasi precedenti, venga identificata in quanto tale nel corso della procedura di riconoscimento della protezione internazionale e “riferita” alle organizzazioni della società civile che possono prenderla in carico e accompagnarla in un percorso di empowerment e inclusione sociale. Peraltro, il graduale aumento del numero di persone richiedenti asilo identificate quali possibili vittime di tratta a scopo di sfruttamento lavorativo ed anche, seppur in minor quantità, ad altro scopo, è la conferma del miglioramento delle expertise dei componenti delle Commissioni Territoriali sotto il profilo della conoscenza del fenomeno nelle sue diverse sfaccettature e dimensioni e della capacità di individuare i c.d. indicatori di tratta nel corso della procedura di riconoscimento della protezione internazionale.
L’edizione aggiornata delle Linee Guida è il frutto di un’attività di roll-out e di monitoraggio delle procedure adottate in seguito alla pubblicazione della prima edizione, di consultazioni con esperti ed operatori specializzati, nonché di un’attenta osservazione del fenomeno e degli indicatori di tratta che generalmente emergono nel corso della procedura di riconoscimento della protezione internazionale. Tutto ciò al fine di ulteriormente migliorare le procedure attualmente in essere e la capacità del sistema di attivare misure di protezione per tali soggetti vulnerabili.
Il nuovo manuale contiene alcuni elementi di novità, oltre che nella parte descrittiva della normativa vigente, con particolare riguardo alla seconda parte, relativa agli indicatori ed alle procedure di referral.
1.1. Gli indicatori di tratta aggiornati e sistematizzati
Gli indicatori di tratta costituiscono tutt’oggi uno strumento effettivamente utile a supporto delle Commissioni Territoriali, stante la persistente difficoltà nel far emergere situazioni di tal genere per i motivi oramai noti, quali il timore di eventuali possibili ritorsioni, la scarsa fiducia nelle autorità, il senso di pudore, la limitata percezione della propria condizione, il senso di gratitudine che talvolta caratterizza il rapporto tra le vittime e i trafficanti. Si tratta dunque spesso di andare a leggere oltre le dichiarazioni che la persona pone alla base della sua domanda di protezione internazionale, intercettando quei segnali – i c.d. «indicatori di tratta» appunto – che è possibile intravedere nel corso dell’intervista.
I nuovi set di indicatori contenuti nel capitolo 4 delle Linee Guida, aggiornati ed ulteriormente dettagliati, tendono a rispondere all’esigenza di consentire alle Commissioni Territoriali, autorità di per sé non preposte alla c.d. «identificazione formale», di ulteriormente migliorare la loro capacità di individuare i primi elementi sintomatici di situazioni riconducibili alla tratta o comunque ai reati ad essa connessi, mantenendo una conoscenza aggiornata del fenomeno, continuamente mutevole e dunque suscettibile di evidenziare nuovi trend, per quel che riguarda le modalità di reclutamento, il tipo di sfruttamento, le nazionalità dei/delle richiedenti asilo potenzialmente coinvolti/e nella tratta di esseri umani.
Gli indicatori sono stati rivisti alla luce delle evidenze riscontrate dalle Commissioni Territoriali stesse negli ultimi anni e, in seguito ad un lavoro di analisi e di sistematizzazione, sono stati suddivisi in quattro gruppi: il primo di carattere generale, due relativi a indicatori riconducibili rispettivamente a vittime di tratta a scopo di sfruttamento sessuale e lavorativo e, il quarto relativo a vittime minorenni. Ciascun gruppo è suddiviso a suo volta in quattro ambiti, che si riferiscono rispettivamente: 1) alle condizioni personali della persona richiedente (il contesto sociale, economico, familiare da cui proviene); 2) al viaggio e alle esperienze nei paesi di transito (che cosa riferisce o cosa emerge con riferimento al reclutamento, al viaggio, alle persone coinvolte, alle esperienze di sfruttamento nei paesi di transito); 3) alle condizioni in Italia (una dichiarata o intuibile situazione di assoggettamento, di controllo, di sfruttamento o comunque di vulnerabilità); 4) allo svolgimento del colloquio con la Commissione Territoriale (l’atteggiamento della persona nel corso dell’intervista, il linguaggio del corpo, dichiarazioni contraddittorie o comunque un racconto di fatti che, in modo frammentato, costituiscono elementi della tratta degli esseri umani).
L’elemento di particolare novità, nell’ottica di un ulteriore miglioramento della capacità di identificare le vittime, è costituito dagli indicatori di tratta a scopo di sfruttamento lavorativo, tipologia sicuramente meno conosciuta dalle Commissioni Territoriali ed in generale di difficile emersione. Le cause di tali difficoltà sono riconducibili per lo più al timore dei lavoratori e delle lavoratrici di ritorsioni sul luogo di lavoro, alla scarsa consapevolezza della loro condizione, o alla resistenza nel rivelarla alle autorità poiché, loro malgrado, tale situazione di sfruttamento consente comunque la sopravvivenza loro e talvolta delle famiglie nel paese di origine. Il relativo gruppo di indicatori è stato sviluppato sulla base degli elementi che le Commissioni Territoriali hanno riscontrato nel corso degli ultimi anni con riferimento a richiedenti asilo che, in seguito ad un paziente e complesso lavoro di graduale acquisizione di fiducia svolto dagli operatori anti-tratta, hanno riferito compiutamente la loro reale esperienza di tratta e la condizione di sfruttamento in Italia. Si tratta di situazioni molto diversificate, in cui il richiedente, spesso, riferisce solo alcuni elementi che inducono la Commissione a ritenere possibile una vicenda di tratta e sfruttamento ovvero fornisce elementi, riguardanti le condizioni di lavoro, che non trovano riscontro nei documenti prodotti.
Infine, sebbene le Linee Guida siano rivolte alle Commissioni Territoriali e dunque siano destinate ad essere adottate nel corso della procedura di riconoscimento della protezione internazionale, si è voluto sottolineare l’importanza di un’identificazione il più possibile precoce, sin dall’arrivo delle persone sul territorio Italiano ovvero nel momento della presentazione della domanda in questura o, ancora, nella fase dell’accoglienza. In tal senso le Linee Guida incoraggiano l’attivazione il prima possibile ed in tali contesti di procedure di referral agli enti anti-tratta affinché la persona sia messa in condizione di accedere alle specifiche misure di assistenza e protezione.
1.2. Le procedure di referral: il rafforzamento della prospettiva multi-disciplinare e multi-agenzia
La nuova edizione delle Linee Guida contiene passaggi importanti che si soffermano particolarmente sul meccanismo di referral, essenziale per garantire che le persone vittime di tratta esercitino i diritti che la legge riconosce loro e in particolare, in seguito alla corretta identificazione, il diritto alla partecipazione ad un programma di emersione, assistenza e integrazione sociale di cui all’art. 18 co. 3bis D.Lgs. 286/98 e l’ottenimento di un permesso di soggiorno.
Nel capitolo 5 delle Linee Guida si sottolinea come, nel contesto della procedura di riconoscimento della protezione internazionale, il referral debba coinvolgere le Commissioni Territoriali ma anche – in un’ottica di coordinamento multi-agenzia in cui la vittima sia posta opportunamente al centro – tutti i soggetti coinvolti a diverso titolo nel contrasto a tale grave violazione dei diritti umani ed anche quelli che trasversalmente possono rispondere a dei bisogni specifici delle singole persone sopravvissute alla tratta, che spesso hanno vissuto ulteriori traumi o violenze di diverso genere.
Viene dunque precisato da una parte che lo scopo primario della procedura definita dalle stesse Linee Guida riguarda il referral delle Commissioni Territoriali agli enti anti-tratta e, dall’altra, che il meccanismo non riguarda solo tali entità ma sottende una modalità di cooperazione anche con altre Istituzioni o servizi secondo un approccio il più possibile olistico e rispondente ai bisogni della persona.
In tale prospettiva si incoraggiano incontri periodici tra la Commissione Territoriale e gli operatori ed esperti degli enti anti-tratta, per favorire lo scambio di informazioni ed un aggiornamento reciproco sul fenomeno; inoltre si promuove la cooperazione tra i diversi soggetti coinvolti nel contrasto alla tratta sul territorio, attraverso la costituzione di Protocolli d’Intesa multi-agenzia, la formazione congiunta e lo sviluppo coordinato di buone prassi a livello locale.
Perseguendo lo scopo di favorire una sempre maggiore emersione di vicende connesse allo sfruttamento in ambito lavorativo, sono state introdotte specifiche procedure di referral da adottarsi in tali situazioni, di per sé suscettibili di integrare diverse fattispecie di reato, tenendo conto anche della condizione personale del richiedente.
La necessità di differenziare le procedure da attivarsi, consegue alla diversità di ciascuna situazione, sotto il profilo delle condizioni d’impiego, del diverso grado di soggezione e dell’esposizione a eventuali rischi per la sicurezza personale, aspetti che assumono un particolare rilievo rispetto ai diversi servizi a cui la persona può essere inviata. Le Commissioni Territoriali sono pertanto incoraggiate ad inviare la persona agli enti anti-tratta ove emergano indicatori di tratta o riduzione in schiavitù o comunque si ravvisi una possibile situazione di grave sfruttamento per cui la persona stessa potrebbe avere necessità di un’assistenza e di una protezione specifica (ad esempio perché vittima di violenza o minacce) anche tramite accesso ad un programma di cui all’art. 18 D.Lgs. 286/98; diversamente dove la Commissione Territoriale accerti una situazione di violazione dei diritti della persona richiedente sotto il profilo lavorativo, che non ponga preoccupazioni per la sua sicurezza, informerà la persona stessa dei diritti previsti a tutela dei lavoratori dalla normativa vigente e a fornirle le indicazioni utili per potersi rivolgere ai servizi esistenti sul territorio.
Per ciò che riguarda le procedure operative che le Commissioni Territoriali devono adottare nel caso di identificazione di possibili vittime di tratta (capitolo 6), esse non si discostano sostanzialmente da quelle sviluppate nella prima edizione delle Linee Guida, ma prevedono una possibile differenziazione nella procedura stessa: pur confermando l’indicazione generale di una sospensione della procedura di riconoscimento della protezione internazionale ove si ravvisino possibili indicatori di tratta e si ritenga di inviare la persona richiedente al servizio anti-tratta e di attendere il riscontro dell’ente stesso prima di proseguire l’istruttoria, si prevede altresì la possibilità alternativa che la Commissione, ove abbia già tutti gli elementi per decidere per il riconoscimento della protezione internazionale, effettui sì il referral, ma non sospenda necessariamente il procedimento. Tale precisazione persegue l’obiettivo di favorire un’applicazione delle Procedure Operative Standard rispondente a quello che è lo scopo primario del referral, ossia quello di favorire che la persona richiedente entri in contatto con i servizi specializzati nell’assistenza alle vittime di tratta.
In tale ottica è stato rivisto anche il contenuto di quella che è stata definita la «nota di feedback» – e non più «relazione» – che l’ente anti-tratta è invitato ad inviare a conclusione della termine di sospensione della procedura.
Infine il nuovo manuale, ancora nell’ottica di favorire azioni di coordinamento multi-agenzia, introduce un paragrafo relativo allo scambio reciproco di informazioni tra la Commissione Territoriale e la Procura – Direzione Distrettuale Antimafia – territorialmente competente. In tale contesto, previa la doverosa premessa che il mandato delle Commissioni Territoriali è quello di valutare le esigenze di protezione internazionale delle persone richiedenti, si incoraggia uno scambio di informazioni tra queste e le Direzioni Distrettuali Antimafia, funzionalmente competenti per l’azione penale relativamente a tali fattispecie di reati.
In tal senso le Linee Guida forniscono indicazioni relativamente al possibile invio, da parte delle Commissioni Territoriali, di informazioni relative a circostanze, persone e luoghi emergenti in modo ricorrente nelle interviste con presunte vittime di tratta o di sfruttamento e che potrebbero essere utili per l’avvio o il proseguimento di attività di indagine. Tali informazioni, che non avrebbero natura di vere e proprie notizie di reato, dovrebbero essere fornite avendo cura di valutare i rischi a cui la persona può essere esposta e di tutelare la riservatezza e soprattutto la sicurezza delle persone richiedenti che si ritiene possano essere vittime di reati. Si prevede inoltre l’acquisizione del consenso della persona richiedente ove vi sia la possibilità che, in seguito alla trasmissione di tali informazioni, essa possa essere identificata. Si forniscono infine indicazioni relativamente a possibili Protocolli d’Intesa da sottoscriversi con la Procura/DDA, possibilmente con la partecipazione del progetto anti-tratta attivo sul territorio di competenza.
2. L’utilizzazione precoce di indicatori di tratta quale strumento per l’accesso ai diritti delle persone trafficate e sfruttate
L’individuazione precoce delle situazioni di tratta o di vulnerabilità alla tratta e allo sfruttamento è essenziale per garantire il rispetto dei diritti umani delle persone trafficate. Molte/i di coloro che arrivano in Italia già nel contesto di un network criminale determinato a sfruttarle, non vengono riconosciute come tali, con la conseguenza che esse vengono private dei loro diritti; talvolta si trovano in stato di detenzione amministrativa nei CPR, senza che nessuno, tranne qualche associazione autorizzata ad entrare in queste strutture, si preoccupi o sia in grado di porre le domande giuste allo scopo di individuare indicatori di tratta o di vulnerabilità.
In altri casi le persone – molto spesso ciò accade alle donne sfruttate sessualmente e in particolare alle donne nigeriane – sono già sotto il controllo di membri di un’organizzazione criminale, che le istruiscono su come inoltrare domanda di asilo, su come presentarsi e su cosa dire alle autorità che le intervistano per la prima volta in Italia. In questi casi i racconti standardizzati venivano un tempo considerati indici di inattendibilità e venivano valutati in termini negativi ai fini della credibilità della persona richiedente.
Mediante la definizione degli indicatori di tratta nelle Linee Guida e anche mediante la formazione delle Commissioni Territoriali, si è finalmente compreso che la standardizzazione della narrazione è non già un indice di inattendibilità quanto piuttosto di difficoltà a riferire compiutamente i fatti e la propria situazione a causa del controllo da parte di terzi o comunque di timori dovuti alla situazione di assoggettamento.
La persona che viene riconosciuta come possibile vittima di violenza o grave sfruttamento ha diritto di ricevere il permesso di soggiorno ex art. 18 D.Lgs. 286/98 e contestualmente di intraprendere un percorso di integrazione sociale. Quanto più presto tale percorso viene attivato, tanto più realistiche sono le prospettive di inclusione sociale.
Il riconoscimento degli indicatori di tratta durante la procedura di riconoscimento della protezione internazionale avviene spesso dopo molto tempo dall’arrivo della persona in Italia. Al fine di intervenire più tempestivamente, anche in un’ottica preventiva, si renderebbe opportuna l’utilizzazione degli indicatori sviluppati nelle Linee Guida – in particolare quelli relativi al viaggio, alle modalità di intermediazione e alla assunzione del debito per esempio – in procedure ad hoc da istituire per scopi protettivi nei luoghi di primo arrivo delle persone presumibilmente trafficate o vulnerabili alla tratta e/o allo sfruttamento.
Lo screening precoce delle persone vulnerabili, prima ancora che lo sfruttamento sessuale o lavorativo abbia luogo nel paese di ingresso, potrebbe infatti costituire l’occasione per identificare, supportare e assistere molte vittime di tratta che fino ad oggi restano misconosciute e private dei loro diritti5.
Sarebbe dunque di notevole rilevanza lo sviluppo di procedure operative standard per la corretta identificazione delle vittime di tratta e il referral ai servizi specializzati da applicarsi nei contesti di arrivo, via mare, via terra o via aerea, e di prima e seconda accoglienza dei richiedenti protezione internazionale.
2.1. Gli indicatori di tratta come presupposto per la doppia protezione
Benché all’inizio del lavoro sulla prima versione delle Linee Guida, qualcuno abbia potuto pensare di utilizzare il referral per diminuire la pressione sul sistema asilo, tutte/i gli addetti ai lavori hanno ben presto compreso che il riconoscimento delle situazioni di tratta non può e non deve essere utilizzato surrettiziamente per “deviare” le vittime di tratta verso un diverso canale di protezione, ma deve essere considerato un elemento eventualmente da considerare ai fini di una doppia protezione. L’accertamento di uno stato di assoggettamento alla tratta può essere rilevante ai fini del riconoscimento dello status di rifugiato/a o della protezione sussidiaria6. In entrambi i casi il riconoscimento di una delle due forme di protezione internazionale dovrà essere dichiarato indipendentemente dal fatto che la persona sia stata inserita in un programma di assistenza e integrazione sociale.
Non è questa la sede per ripercorrere il processo che ha condotto a valorizzare anche le violazioni dei diritti che avvengono nella sfera privata come presupposti per il riconoscimento di una delle forme di protezione internazionale. Basti qui dire che, attraverso questa evoluzione, sono emerse, quali presupposti della protezione internazionale, tutte le forme di violenza di genere, dalle mutilazioni genitali femminili alla violenza domestica, che normalmente si verificano nell’ambito delle relazioni familiari o di intimità, ovvero, come nel caso della tratta, ad opera di privati, individui o membri di un’organizzazione criminale.
La giurisprudenza di alcuni Tribunali ha consentito di mettere a tema alcuni importanti criteri interpretativi, relativamente all’applicazione alle persone vittime di tratta della normativa in materia di riconoscimento della protezione internazionale7.
Particolarmente interessanti sono le pronunce che hanno dato rilievo agli indicatori sviluppati nelle Linee Guida rivolte alle Commissioni Territoriali, tra cui quelli riconducibili a dichiarazioni della persona contraddittorie o scarsamente credibili ma che proprio in quanto tali devono costituire un campanello di allarme per poter ritenere possibile che la persona sia una vittima di tratta.
La Corte di Cassazione recentemente è andata oltre, ritenendo che «ove gli indici di tratta e di sfruttamento sessuale o lavorativo di cui alle Linee Guida emergano nel racconto della richiedente (…), il mancato riconoscimento della condizione di sfruttamento della richiedente non appare idoneo ad impedire al giudice di riconoscere la condizione di vulnerabilità personale cui la richiedente è oggettivamente portatrice»8.
La Suprema Corte, pur ritenendo di addivenire, nel caso di specie, al riconoscimento della sola protezione umanitaria, ha affermato il seguente principio: «ove nella vicenda dedotta dal richiedente asilo sia ritenuto oggettivamente ravvisabile, sulla scorta degli indici individuati dalle Linee guida UNHCR, il forte ed attuale rischio, in caso di rimpatrio forzato, di esposizione allo sfruttamento sessuale o lavorativo nell’ambito del circuito della tratta di esseri umani, sì da ritenere sussistenti i presupposti per la segnalazione dei delitti ex art. 600 e 601 cod. pen. e per la segnalazione ai sensi dell’art. 32 comma 3 bis d.lgs.25/2008, ricorre una condizione di vulnerabilità personale valorizzabile ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria anche ove tale condizione non sia esplicitamente riconosciuta dall’istante».
2.2. La possibile applicazione delle procedure di referral sviluppate nelle Linee Guida al di là delle procedure di riconoscimento della protezione internazionale
Il valore aggiunto delle procedure di referral delineate nelle Linee Guida, che va oltre la loro applicazione nel procedimento presso le Commissioni Territoriali di riconoscimento della protezione internazionale per il quale sono state redatte, consiste anche nell’approccio multi-agenzia adottato allo scopo di integrare e rendere più efficaci diversi sistemi di protezione delle persone sopravvissute alla tratta o a rischio di divenirlo.
A questo proposito l’esperienza dei Protocolli territoriali, destinati a dare forma alla cooperazione tra diverse istituzioni insistenti nello stesso territorio, può costituire un precedente molto valido anche per altri ambiti, laddove la cooperazione istituzionale, e fra istituzioni e privato sociale, si rivela essenziale. Ad oggi in alcuni territori si stanno adottando Protocolli d’Intesa multi-agenzia che prevedono la cooperazione dei soggetti che, a diverso titolo, sono coinvolti nel contrasto alla tratta di persone o allo sfruttamento. In tali contesti l’adozione di procedure di referral sulla scorta di quelle sviluppate nell’ambito del procedimento di riconoscimento della protezione internazionale, potrà effettivamente condurre a risultati efficaci nell’ottica di un’effettiva tutela delle persone trafficate e sfruttate.
In particolare, il banco di prova, sia per il sistema anti-tratta, che per le organizzazioni sindacali, è lo sfruttamento lavorativo, che fino ad oggi è stato oggetto di una modesta emersione. Il lavoro delle organizzazioni sindacali, per quanto nel corso degli anni maggiormente sensibilizzate, ha avuto scarsi risultati per quanto riguarda l’emersione delle gravi forme di sfruttamento che coinvolgono le fasce più vulnerabili tra cui i lavoratori e le lavoratrici migranti, con la sola eccezione della FLAI-CGIL che da anni è attiva nel settore dello sfruttamento in agricoltura e ha recentemente pubblicato il quinto Rapporto Agromafie e Caporalato9.
Il Piano Triennale di contrasto allo sfruttamento lavorativo in agricoltura e il caporalato (2020-2022)10, che stanzia risorse ingenti per la prevenzione e il contrasto di tale fenomeno, prevede azioni prioritarie che riguardano anche la protezione e assistenza e il reinserimento socio-lavorativo delle persone che ne sono vittime. Al fine di rendere efficaci le azioni volte ad assicurare un percorso di fuoriuscita dallo sfruttamento, occorrerà mettere in atto delle forme di presa in carico territoriale, che non necessariamente richiedano l’adesione a un programma residenziale, ma che rispondano a bisogni urgenti e immediati quali l’alloggio e un’alternativa di lavoro. A questo scopo, occorre da una parte creare una procedura di riconoscimento delle situazioni di sfruttamento lavorativo, e dall’altra individuare tutte le risorse presenti sul territorio, che sia possibile attivare per rispondere alle esigenze e per rispettare i diritti delle persone sfruttate. In tale contesto sarà importante garantire un coordinamento tra le azioni previste nel Piano di contrasto allo sfruttamento lavorativo ed il Piano Nazionale di azione contro la tratta, la cui nuova edizione dovrebbe essere auspicabilmente adottata a breve dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Le Linee Guida possono costituire un ausilio al riconoscimento delle situazioni di sfruttamento lavorativo, in base agli indicatori che sono il risultato di un’esperienza ormai consolidata dalle Commissioni Territoriali e degli enti anti-tratta, e possono costituire un modello per l’individuazione di modalità corrette di referral. L’aspetto maggiormente rilevante, valido sempre e a maggior ragione per lo sfruttamento lavorativo, è che il referral – che ad esempio potrebbe essere effettuato dagli Ispettori del lavoro – deve sempre essere diretto ai servizi ed essere del tutto indipendente dalla denuncia penale della vittima o dal fatto che un procedimento penale sia iniziato.
Il “percorso sociale”, previsto dall’art. 18 Testo Unico Immigrazione (TUI), a torto scarsamente applicato o del tutto inapplicato, è in realtà l’unico procedimento suscettibile di consentire un’emersione significativa dello sfruttamento lavorativo. Tuttavia il percorso non condizionato alla denuncia non è stato previsto dal legislatore né con riferimento alla violenza di genere ex art. 18-bis TUI né con riferimento allo sfruttamento lavorativo ex art. 22 co. 12 quater TUI. Si tratta di una grave discrasia del sistema normativo che va al più presto corretta.
In ogni caso, le Linee Guida possono fornire la traccia per l’implementazione di ulteriori misure volte al coordinamento tra i sistemi e per una maggiore efficacia complessiva del sistema asilo, del sistema anti-tratta e del sistema anti-caporalato che si va a costruire.
3. Conclusioni
Le Linee Guida costituiscono un indispensabile strumento di lavoro non solo per le Commissioni Territoriali ma anche per i magistrati operanti nelle sezioni specializzate dei Tribunali, per gli ispettori del lavoro, per le forze di polizia e per tutte le operatrici ed operatori che si accostino al tema della tratta e del grave sfruttamento, sia sessuale sia lavorativo sia di altro genere.
In particolare, gli indicatori, che sono il frutto di un’intensa e ampia consultazione con esperte/i del settore, sono suscettibili di utilizzazione anche da parte di operatori diversi da coloro che si occupano di protezione internazionale. Gli indicatori possono essere ad esempio usati allo scopo di individuare situazioni di tratta e/o di grave sfruttamento in contesti diversi dalle procedure di asilo, ad esempio in occasione di attività di outreach sia istituzionale sia di società civile, in particolare nel campo tuttora poco esplorato dello sfruttamento lavorativo. Gli indicatori possono essere considerati anche un ausilio all’interpretazione delle norme di riferimento, tra cui gli artt. 600, 601 e 603-bis cod. pen., poiché contengono definizioni operative di situazioni di fatto, che potrebbero essere prese in considerazione ai fini dell’interpretazione ed applicazione delle relative norme.
Le Linee Guida forniscono la traccia per un approccio multi-agenzia che ha dato grandi risultati in termini di referral, consentendo a molte/i richiedenti asilo, che erano anche vittime di grave sfruttamento, di essere inserite/i in un programma di assistenza e integrazione sociale. Se negli anni scorsi sono state soprattutto le donne, e soprattutto le vittime di sfruttamento sessuale, a fruire delle possibilità offerte dal referral, le Linee Guida offrono gli strumenti per rafforzare la protezione sociale anche delle persone – donne e uomini – gravemente sfruttati sul lavoro. E’ forse il caso di ricordare che in base al già citato Quinto Rapporto Agromafie e Caporalato sono ca. 180.000 le persone gravemente sfruttate nel solo settore agricolo. Si tratta di cifre importanti, che mostrano come lo sfruttamento, anche nelle sue forme più gravi, sia diventato ormai un fenomeno strutturale, incistato in vari – se non in tutti – i settori economici tra cui, oltre all’agricoltura e alla pesca, l’edilizia, il lavoro domestico, l’industria alberghiera, la ristorazione e i trasporti, per citare solo quelli in cui il fenomeno è più visibile.
La prevenzione e il contrasto allo sfruttamento strutturale richiedono una messa a regime di interventi fondati su un approccio multidisciplinare e multi-agenzia, allo scopo di utilizzare al massimo le possibilità offerte da diversi – ma coordinati e potenziati – circuiti di protezione, per garantire il rispetto dei diritti di donne, uomini e minori che hanno subito gravi forme di sfruttamento.
- Il coordinamento tra il sistema della protezione internazionale e della protezione delle vittime di tratta, in Italia, è stato disposto dallo stesso legislatore, che, all’art. 10 D.Lgs. 24/14 ha disposto che «Le Amministrazioni che si occupano di tutela e assistenza delle vittime di tratta e quelle che hanno competenza in materia di asilo individuano misure di coordinamento tra le attività istituzionali di rispettiva competenza, anche al fine di determinare meccanismi di rinvio, qualora necessari, tra i due sistemi di tutela».
- La prima edizione delle Linee Guida, pubblicata per la prima volta nel 2016, è stata realizzata nell’ambito del progetto svolto da UNHCR e Commissione Nazionale per il Diritto di Asilo denominato Meccanismi di coordinamento per le vittime di tratta, avente lo scopo di dare attuazione alla norma contenuta nell’art. 10 del D.Lgs. 24/14 e dunque di favorire l’adozione di strumenti di coordinamento tra i sistemi della protezione internazionale e della protezione delle vittime di tratta e grave sfruttamento.
- La nuova edizione delle Linee Guida è reperibile sul sito di UNHCR. La versione aggiornata è stata realizzata nell’ambito del Progetto EM.as.com – Empowerment Asylum Commission– Sub. Act. 7– co-finanziato dalla Commissione Europea.
- Tra il 2018 e 2020 oltre 10.400 richiedenti asilo sono stati segnalati ai progetti anti-tratta dalle Commissioni Territoriali nell’ambito della procedura di riconoscimento della protezione internazionale.
- Si veda il Rapporto presentato dall’autrice quale Special Rapporteur delle Nazioni Unite nel 2018 al Consiglio Diritti Umani di Ginevra Early identification, referral and protection of victims or potential victims of trafficking in persons in mixed migration movements – Report of the Special Rapporteur on trafficking in persons, especially women and children. Il Rapporto è reperibile a questo link. Gli altri rapporti sono reperili nel sito web Giammarinaro.net.
- Le Linee Guida di UNHCR n. 7 del 2006 relative all’applicazione dell’art. 1 A (2) della Convenzione del 1951 forniscono un ausilio interpretativo della Convenzione stessa per quanto riguarda gli elementi che devono sussistere per il riconoscimento dello status di rifugiato alle persone riconosciute vittime di tratta. Si veda UNHCR, Linee Guida di protezione internazionale – L’applicazione dell’articolo 1A (2)della Convenzione del 1951 e/o del Protocollo del 1967 relativi allo status dei rifugiati alle vittime di tratta e alle persone a rischio di tratta.
- Si vedano, tra le altre, Tribunale di Firenze, 24.01.19, Tribunale di Trieste, 10.10.19, Tribunale di Bologna 17.07.19, Tribunale Bologna 29.07.19, Tribunale di Trento 17.01.19, Tribunale di Roma, 9.02.18, Tribunale di Bari 10.11.18, Tribunale di Messina 23.02.18, Tribunale di Firenze, 22.04.18, Tribunale di Milano 7.06.17, Tribunale di Salerno, 14.03.17, Tribunale di Salerno 02.02.17, Tribunale di Milano 23.03.16 e 29.04.16, Tribunale di Cagliari 6.06.13, Tribunale di Messina 14.07.07, , Tribunale di Milano 1.07.16.
- Corte di Cassazione, sez. II, ordinanza 1750 del 27 gennaio 2021.
- CGIL-FLAI, Agromafie e Caporalato. Quinto Rapporto, a cura dell’Osservatorio Placido Rizzotto, Roma, 2020.
- Piano triennale di contrasto allo sfruttamento lavorativo in agricoltura e al caporalato 2020 – 2022