La Commissione Africana per i Diritti Umani e dei Popoli deve condannare le atrocità commesse contro le persone migranti in Libia

Le scriventi organizzazioni si rammaricano per la mancanza di spazio concesso alle organizzazioni della società civile libica per confrontarsi con la Commissione africana per i diritti umani e dei popoli (ACHPR) sulla situazione delle persone migranti in Libia. L’assenza di uno spazio di consultazione con l’ACPHR è preoccupante alla luce della gravità delle violazioni perpetrate contro persone migranti e rifugiate dentro e fuori i centri di detenzione libici.

Ceiling of the main room of the International Conference Centre, Serrekunda, Gambia. The centre hosted the 73a session of the African Commission of Human and People’s right. Photo credit: Fouad Roueiha

Il 28 e 29 ottobre 2022, una coalizione di ONG libiche, sostenuta dall’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione (ASGI) e dall’Istituto del Cairo per gli studi sui diritti umani (CIHRS), ha partecipato alla 73a sessione ordinaria dell’ACPHR a Banjul, in Gambia. Uno dei principali obiettivi della missione era quello di sollecitare la Commissione ad assumere una posizione chiara ed efficace in merito alle atrocità contro i migranti e i rifugiati in Libia. 

Le associazioni della società civile libica hanno cercato di intervenire nella discussione, ma non è stata data loro la possibilità di presentare le proprie preoccupazioni e richieste, pur essendo registrate per intervenire nella sessione plenaria. Ciò è preoccupante considerata anche la presenza di un rappresentante del governo libico, che è intervenuto diverse volte elogiando il ruolo della Commissione africana e dei suoi Stati membri, evitando però una discussione approfondita sulla situazione delle persone migranti e rifugiate in Libia. La Commissione ha di fatto manipolato il tempo, dando alle delegazioni statali opportunità sufficienti per commentare e intervenire più di una volta, mentre ha deliberatamente confiscato il tempo concesso per i commenti dei rappresentanti della società civile. La gestione del tempo della sessione non rifletteva alcun desiderio o volontà genuina di raggiungere la giustizia e l’equità per i migranti, i rifugiati e i richiedenti asilo, e gli interventi dei rappresentanti della società civile sono stati spesso ignorati.

Nonostante le restrizioni all’interazione della società civile con la Commissione, la coalizione di organizzazioni libiche ha presentato ai Commissari e alle Commissarie una sintesi aggiornata sulle violazioni contro i cittadini stranieri in Libia durante la sessione, con la richiesta di affrontare finalmente e con urgenza la questione. 

Le scriventi organizzazioni chiedono all’ACHPR di riaffermare il suo ruolo di “garantire la protezione dei diritti umani e dei popoli”, come sancito dalla Carta di Banjul, e di aprire un’indagine sulle gravi violazioni dei diritti umani contro i rifugiati e i migranti nei centri di detenzione libici.

Le organizzazioni chiedono inoltre alla Libia di rispettare i suoi obblighi in materia di diritti umani, in particolare per quanto riguarda la protezione di migranti, rifugiati e altre persone tra le più vulnerabili della società. 

Cosa è stato fatto

La Commissione è già stata interpellata nel luglio 2019, quando il CIHRS in collaborazione con la Libyan Platform Coalition, con il sostegno dell’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione (ASGI) e dell’associazione ARCI, ha presentato una richiesta congiunta per chiedere un’indagine sulle violazioni dei diritti umani contro le persone migranti e rifugiate nei centri di detenzione libici. 

La richiesta denuncia molteplici violazioni dei diritti fondamentali garantiti dalla Carta africana dei diritti dell’uomo e dei popoli, tra cui: Divieto di tortura e di trattamenti crudeli, inumani e degradanti (articolo 5), Diritto alla libertà personale e alla protezione dall’arresto arbitrario (articolo 6) e Diritto a un giusto processo (articolo 7). 

Le accuse contenute nella richiesta si basano sulle testimonianze raccolte da persone detenute a Tajoura, El Nasr Zawiya e Zintan, che affermano di essere state torturate, tenute in condizioni disumane, affamate, a cui è stato negato l’accesso a servizi igienici, cibo e assistenza legale. I tre centri di detenzione erano ufficialmente gestiti all’epoca dal Ministero degli Interni del Governo di Accordo Nazionale (GNA), riconosciuto a livello internazionale, con sede a Tripoli. 

Dal 2019, nonostante il cambio di governo nel marzo 2021, la situazione ha continuato a peggiorare e il governo libico non ha migliorato le condizioni dei centri di detenzione né quelle più generali dei cittadini e cittadine straniere nel Paese. I crimini contro l’umanità sono sistematicamente commessi contro le persone migranti su vasta scala da attori statali e non statali, con un alto livello di organizzazione e con l’incoraggiamento dello Stato.