È stato attivato un sistema di monitoraggio per i progetti AICS nei centri di detenzione in Libia?

Tramite un accesso civico diversi soci e socie ASGI hanno interrogato l’Agenzia sul monitoraggio effettuato nell’ambito dei progetti promossi tra il 2017 e il 2019 nei centri di detenzione in Libia. 

Il 15 novembre 2021 ASGI aveva posto cinque domande all’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo (AICS) per fare chiarezza sui meccanismi di monitoraggio dei progetti finanziati dall’Agenzia in Libia. 

Vista la mancanza di personale italiano sul campo, in linea con quanto richiesto dai bandi, e vista la presenza di milizie e reti criminali nel tessuto socio amministrativo libico responsabili di gravissime e documentate violazioni, ci si interrogava infatti sulle precauzioni adottate da AICS per scongiurare da una parte lo sviamento dei fondi per altre finalità e dall’altra la potenziale connivenza – seppur non voluta – in azioni illecite.  

AICS ha dato riscontro confermando la presenza di un meccanismo di supervisione sperimentato dall’Agenzia sui progetti in Libia tramite un monitoraggio da parte di terzi (Third Party Monitoring TPM) che verifica la corretta implementazione del progetto, anche attraverso visite sul campo e interviste con beneficiari e stakeholders.

Tuttavia, il quadro è diventato più chiaro e molto più preoccupante in seguito all’accesso civico presentato da soci e socie ASGI. L’agenzia è stata interrogata ed è stato richiesto l’accesso ai rapporti di monitoraggio effettuati nell’ambito dei progetti promossi da AICS tra il 2017 e il 2019 nei centri di detenzione in Libia. La risposta dell’Agenzia è che non sono mai stati attivati i meccanismi di monitoraggio indipendente da parte di terzi per iniziative nei centri di detenzioni.

La risposta dell’Agenzia, è estremamente preoccupante, e aggrava il quadro già controverso di potenziale utilizzo illegittimo delle risorse pubbliche delineato da ASGI e presentato alla Corte dei Conti. 

Nonostante i centri libici siano universalmente ormai riconosciuti come luoghi di tortura e mortificazione della dignità umana, il governo italiano sembra non aver condizionato l’attuazione degli interventi ad alcun impegno nell’assicurare il corretto impiego del denaro pubblico, e su quanto effettivamente attuato dagli implementing partner libici sul campo.

La risposta dell’Agenzia, è estremamente preoccupante, e aggrava il quadro già controverso di potenziale utilizzo illegittimo delle risorse pubbliche delineato da ASGI e presentato alla Corte dei Conti. 

Nonostante i centri libici siano universalmente ormai riconosciuti come luoghi di tortura e mortificazione della dignità umana, il governo italiano sembra non aver condizionato l’attuazione degli interventi ad alcun impegno nell’assicurare il corretto impiego del denaro pubblico, e su quanto effettivamente attuato dagli implementing partner libici sul campo.

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