Richiedenti asilo nel labirinto della Pubblica Amministrazione

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Presentato il nuovo rapporto “Chi fa la legge? Pubblica amministrazione e diritto di asilo

Persone trattenute nei Centri di espulsione senza aver avuto accesso alla domanda d’asilo, lunghe attese per i rinnovi del permesso di soggiorno, patrocinio gratuito precluso ai rifugiati. Sono tanti i comportamenti illegittimi della Pubblica amministrazione censiti dal Centro Operativo per il Diritto d’Asilo  e illustrati nel nuovo Rapporto “Chi fa la legge? Pubblica amministrazione e diritto di asilo“. Si tratta di un progetto portato avanti da due associazioni romane – Senza Confine e Laboratorio 53 – con il finanziamento di Open Society e il supporto dell’Associazione studi giuridici sull’immigrazione. L’obiettivo è “studiare” quando e come le Pubbliche amministrazioni attuano in modo illegittimo le normative sui richiedenti asilo e sull’immigrazione e anche avviare cause pilota laddove l’interpretazione sia dubbia e la prassi ormai consolidata.

Il domicilio illegittimo. Qualche esempio: la Questura di Roma, in modo illegittimo sottolinea il C. o. d. a., richiede a tutti quelli che vogliono presentare domanda di asilo di avere un domicilio eletto presso un ente o una associazione. Altrimenti la domanda viene respinta. “La Questura giustifica questo comportamento spiegando di avere la necessità di spedire le comunicazioni via posta: ma nessuna comunicazione viene mai spedita via posta, per avere informazioni occorre recarsi direttamente allo sportello. E, soprattutto, nessuna norma prevede questa limitazione, anche perché il richiedente asilo che nel frattempo cerca una associazione presso cui poter eleggere domicilio rischia di essere fermato, perquisito e spedito in un Centro di detenzione”, spiegano al C. o. d. a.

Il buco nero dei Cie. Tra l’altro, l’attività di monitoraggio del C. o. d. a. ha evidenziato diversi trattenimenti illegali proprio nei Cie: “A Ponte Galeria, il centro di espulsione di Roma – dicono gli operatori del C. o. d. a. – abbiamo trovato sia persone trasferite direttamente dalla Sicilia e recuperate in mare dall’operazione Mare Nostrum, quando era ancora operativa, senza che fosse stata data loro la possibilità di chiedere asilo, che addirittura persone minori. Su 18 casi seguiti nel Cie romano  –  proseguono gli operatori dello Sportello – abbiamo trovato un minore nigeriano, uno algerino e uno marocchino. E siamo riusciti a ottenere una revisione del trattenimento”.

Gratuito patrocinio cercasi. Tra le altre prassi illegittime rilevate c’è anche quella del consiglio dell’Ordine degli avvocati di Roma, che – denuncia il Dossier – “da due anni rigettano sistematicamente le richieste di gratuito patrocinio dei richiedenti asilo sulla base della mancata certificazione consolare sui redditi nel paese d’origine”. Ma, ovviamente, un richiedente asilo non può rivolgersi alla rappresentanza diplomatica del paese da cui è scappato a causa delle persecuzioni a cui ritiene di essere stato sottoposto. A queste ed altre prassi illegittime il C. o. d. a. Ha cercato di “fare scudo” quando possibile “trattando” con l’amministrazione, in altri casi procedendo con cause presso i tribunali. Alcune di queste sono vere e proprie cause sperimentali, come quelle riguardanti il trattenimento nei Centri di espulsione dei richiedenti asilo, che dovrebbe essere eccezionale “ma che tale non è sul territorio romano”.

Le raccomandazioni per le PA. In generale quel che emerge dal Rapporto è una diffusa “discrezionalità” negli uffici pubblici, che rischia di ledere i diritti fondamentali dei richiedenti asilo i quali, oltretutto, sono persone molto fragili e spesso con pochi contatti stabili nelle città in cui risiedono. Il Rapporto contiene anche una serie di raccomandazioni ai vari uffici. Tra queste:

– rendere l’accesso alle informazioni più trasparente, anche con volantini multilingue e l’utilizzo di mediatori

– prevedere una formazione continua degli operatori degli sportelli e introdurre un modulo atto a ricevere la “primissima” richiesta della domanda di asilo, così da evitare che il profugo si trovi a non aver in mano nessun documento che certifichi il suo stato.

– ai tribunali si richiede di assicurare sempre il diritto al contraddittorio degli stranieri trattenuti nei Centri di identificazione, chiamandoli ad assistere alle udienze che li riguardano, anche in fase di conferma o proroga del trattenimento

– infine, una raccomandazione per le associazioni e gli enti di tutela: fare alleanza e far circolare le buone pratiche.

 

Fonte : Repubblica

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