Va ripreso il percorso di accoglienza dei lavoratori stagionali avviato a Saluzzo

Tipologia del contenuto:Comunicati stampa
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ASGI : le condizioni precarie create dallo sgombero sono inaccettabili .
 
L’11 giugno 2013 il Sindaco della città ha dato esecuzione all’ordinanza che disponeva lo sgombero dell’area dove 150 migranti si erano accampati in attesa dell’apertura della stagione della frutta .
Il personale della Questura ha provveduto ad identificare tutti i presenti che sono risultati tutti regolari. Sono intervenuti gli operai comunali che hanno smontato i teli di plastica e portato via materassi e cartoni. Per terra sono rimaste valige, zainetti, vestiti.  
Quella che poteva essere una buona prassi da esportare in altre zone d’Italia, vale a dire il percorso di accoglienza, nato dalla collaborazione tra autorita’ locali e associazioni per far fronte alle necessità alloggiative e sociali, dovute all’arrivo di persone in cerca di lavoro nella raccolta della frutta, si è infranto di fronte allo sconcertante e ingiustificato atteggiamento di chiusura delle autorità che hanno rifiutato le soluzioni a costo zero proposte dalle associazioni locali, disponibili a gestire direttamente un campo di accoglienza temporanea in un posteggio vicino lo stadio comunale di Saluzzo.
 
Di fronte a questa situazione l’ASGI :
 
– condanna fermamente le operazioni di sgombero dei migranti e il rifiuto alla collaborazione nella soluzione dell’emergenza umanitaria creatasi a causa di tale azione di forza;
 
– ricorda che tali atteggiamenti vanno comunque evitati perche’ in tal modo, oltre a non risolvere la situazione, si agisce a danno dei diritti umani di tutti coloro che si trovano sul territorio, lavoratori migranti inclusi, costringendo di fatto le persone a vivere in condizioni precarie inaccettabili anche dal punto di vista sanitario e rendendole facili prede di azioni di sfruttamento .
 
L’ASGI richiede, quindi, con forza, alle autorità preposte, di riprendere il percorso di accoglienza già in precedenza condiviso, attivando prima possibile soluzioni alternative (soluzioni facilmente reperibili e già prospettate) e rispettose dei diritti delle persone, evitando di trasformare una questione umanitaria in un problema di ordine pubblico.
 
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