Sanatoria 2012 – Il Ministero dell’interno smentisce le prefetture “restrittive”: i dinieghi vanno riesaminati

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Il Ministero dell’Interno – Dipartimento delle libertà civile e l’immigrazione ha fornito con apposita circolare, importanti chiarimenti sulle modalità di applicazione della sanatoria 2012 (art. 5 Dlgs 109/12) che è ancora oggetto di un vasto contenzioso derivante dalle applicazioni restrittive operate dalle Prefetture.
La circolare recepisce fedelmente il parere reso dal Consiglio di Stato n. 395/2015 reso all’adunanza del 1.4.2015.

Questi in sintesi i punti chiariti dalla circolare al fine del perfezionamento delle procedura di sanatoria.

1) Quanto all’aspetto “probatorio”, cioè alla documentazione utile per attestare la presenza dello straniero sul territorio nazionale al 31.12.2011 (che costituiva uno dei due requisiti per accedere alla sanatoria e che, a norma dell’art. 5, primo comma, ultimo periodo, doveva essere attestata da “organismi pubblici”) la circolare smentisce la tesi delle Prefetture che non avevano ammesso la rilevanza dei certificati rilasciati da medici del SSN o convenzionati: per contro, secondo la circolare, per organismi pubblici la legge intende “persone fisiche o giuridiche che per delega, incarico, affidamento o cessione svolgono funzioni, attività, servizi pubblici o di interesse pubblico”. In tale nozione rientrano sia i medici direttamente dipendenti dal SSN (come ad es. i certificati rilasciati dal pronto soccorso) sia i medici convenzionati, i cui certificati (anche se non rilasciati sul formulario del SSN, ovviamente non utilizzabile per i soggetti non iscritti) devono pertanto ritenersi documentazione valida ai fini in questione. Restano quindi irrilevanti, secondo il Ministero, solo i certificati rilasciati da medici liberi professionisti senza alcun rapporto con il SSN.
Da rilevare che il parere del Consiglio di Stato, per giungere alle conclusioni fatte proprie dalla circolare, si fonda sulla esigenza di “dare un significato pratico e ampio per l’applicazione della sanatoria” ricollegandola direttamente alla direttiva 2009/52 (nel cui decreto di recepimento è in effetti inserita) e alla previsione ivi contenuta all’art. 13 di “meccanismi efficaci per consentire ai cittadini dei Paesi terzi la regolarizzazione della loro posizione di lavoratori illegali”: apprezzabili presupposti “estensivi” che, dunque, potrebbero trovare applicazione anche rispetto ad altre previsioni della sanatoria stessa.

2) Quanto all’aspetto sostanziale del requisito, il Ministero (e il Consiglio di Stato) ritengono che la presenza sul territorio nazionale alla data del 31.12.2011 possa essere documentata (sempre con i documenti “provenienti da organismi pubblici”) anche con riferimento a un momento anteriore: ne segue che – ad esempio – un certificato medico attestante la presenza all’ottobre 2011 andrà considerato sufficiente, non potendo certo pretendersi dal lavoratore una impossibile “prova negativa” di non aver lasciato il territorio tra la data del rilascio del certificato e il 31.12.2011.

3) Parimenti rilevante, è l’affermazione del parere e della circolare (che appare riferita anche al periodo dicembre 2011 – agosto 2012) secondo la quale “qualsiasi uscita o reingresso nel territorio nazionale non sono ostativi” sicché il requisito della presenza ininterrotta dal 31.12.2011 (cui pure la norma fa riferimento) non va inteso in modo letterale. Piuttosto oscura invece è la successiva precisazione secondo la quale tale principio vale “fin quando (le uscite e reingressi) sono effettuate in rispetto delle norme che regolano i rispettivi rapporti di lavoro per i quali si chiede la regolarizzazione”: ora, posto che nel periodo ante-regolarizzazione i rapporti di lavoro erano evidentemente “in nero” e dunque non contrattualmente regolati, non si vede in che senso “ingresso e uscita” possano essere avvenuti nel rispetto di norme lavoristiche che non erano applicate; né si vede per qual motivo se le parti del rapporto “in nero” avevano concordato una sospensione del rapporto per due mesi questa dovrebbe essere considerata ostativa, mentre non lo sarebbe una sospensione di un mese perché astrattamente riconducibile alle ferie di un lavoratore “regolare”. E’ quindi presumibile che sul punto la circolare non sarà del tutto risolutiva.

4) Rilevante infine è la precisazione finale (contenuta sia nel parere che nella direttiva) secondo la quale le espulsioni ostative alla sanatoria sono esclusivamente quelle per motivi di ordine pubblico o sicurezza dello Stato, per motivi di prevenzione del terrorismo o per motivi di pericolosità sociale: dunque, fermo l’effetto ostativo delle sentenze di condanna per uno dei reati previsto dall’art. 380 cp, nessun effetto ostativo deve invece essere attribuito alle ordinarie espulsioni amministrative per assenza di titolo di soggiorno, né alle espulsione disposte dal giudice quale misura alternativa alla pena per il reato di “immigrazione irregolare” ex art. 10 bis Dlgs 286/98. Su quest’ultimo punto era peraltro intervenuto recentemente il Consiglio di Stato (sentenza 615 del 6 febbraio 2015) nella quale si legge non solo che “le ipotesi ostative all’emersione, previste dall’art. 5, comma 13, del d. lgs. 109/1012, hanno tutte carattere eccezionale….e sono di stretta interpretazione”, ma soprattutto che se si ammettesse l’effetto preclusivo della espulsione per “reato di clandestinità” “si perverrebbe alla conseguenza, essa sì, assurda e irragionevole e contra legem, che a causa dell’espulsione dello straniero disposta dal giudice….lo straniero non potrebbe vedere accolta la propria istanza di regolarizzazione proprio per la sua condizione di “clandestinità”, al cui superamento l’istanza è finalizzata”.

Da notare infine che la circolare si conclude con l’invito alle Prefetture al riesame dei provvedimenti di rigetto adottati in difformità dal parere del Consiglio di Stato.

La circolare del Ministero dell’Interno del 4 maggio 2015

A cura dell’avv. Alberto Guariso

Foto tratta dal Video della manifestazione tenutasi a Brescia il 20 aprile 2015

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