Il paesaggio giuridico contemporaneo osservato dall’area di transito di Fiumicino

Il diritto non è mai una nuvola che galleggia sopra un paesaggio storico. È esso stesso paesaggio, o, se vogliamo, sua componente fondamentale e tipizzante. Ed è per questo che farà i conti con i tempi e gli spazi più diversi”. Così scrive Paolo Grossi, Presidente emerito della Corte costituzionale, nella sua Prima lezione di diritto.

Da questa prospettiva leggiamo quanto accaduto alcuni giorni fa a un cittadino straniero trattenuto nell’area di transito dell’aeroporto di Roma Fiumicino. Il cittadino straniero in questione rientrava in Italia dopo alcuni mesi passati nel suo paese di origine. All’ingresso in territorio italiano ha esibito il suo permesso di soggiorno per lavoro subordinato e la ricevuta attestante la richiesta di rinnovo dello stesso.

La polizia di frontiera lo ha trattenuto nell’area di transito per una notte e un giorno, dopo avergli notificato la decisione con la quale il Questore della sua città di residenza rifiutava il rinnovo del permesso di soggiorno e, successivamente, un decreto di respingimento diretto emesso dalla polizia di frontiera motivato dall’assenza di documentazione valida per l’ingresso. Infine, il cittadino è stato rimpatriato. Non ha mai avuto la possibilità di incontrare un avvocato e la limitazione della libertà personale a cui è stato soggetto per l’esecuzione del respingimento non è mai stata sottoposta a convalida dell’autorità giudiziaria.

In un caso analogo, tale prassi è stata dichiarata illegittima dalla Corte di Appello di Milano, che, con la sentenza n 1292/2018, ha affermato che il cedolino di rinnovo, unitamente al permesso di soggiorno scaduto, costituisce documento valido per l’ingresso nel territorio nazionale. Solo in seguito all’ingresso è quindi possibile la notifica del rifiuto di rinnovo del permesso di soggiorno. A tale notifica deve chiaramente far seguito una procedura di espulsione con relativa convalida della sua eventuale esecuzione con accompagnamento coatto alla frontiera. Al contrario, se l’area di transito dovesse essere considerata sotto un regime di extraterritorialità – tesi, peraltro, tutt’altro che agevole da sostenere – le autorità italiane in tale area non avrebbero il potere di notificare qualsivoglia atto.

La prassi messa in atto presso l’area di transito di Roma si muove invece su tale doppia linea: se da un lato l’attesa nell’area di transito non comporta l’ingresso nel territorio, dall’altro è possibile effettuare in tale area la notifica degli atti.

Il tema delle aree di transito è stato recentemente affrontato dal Garante nazionale per i diritti delle persone detenute o private della libertà personale attraverso la pubblicazione, il 27 giugno dell’anno in corso, di un report relativo alle visite effettuate presso gli aeroporti di Fiumicino e Malpensa. In tale report il Garante invita le autorità a tenere conto dell’orientamento giurisprudenziale adottato dalla Corte di Appello di Milano “interrompendo da subito i respingimenti immediati dei cittadini stranieri che rientrano in Italia con un titolo di soggiorno nazionale in corso di validità (o del quale è stato richiesto tempestivamente il rinnovo), disponendo, eventualmente, la loro espulsione eseguibile mediante accompagnamento forzato alla frontiera esclusivamente a seguito di apposito controllo giurisdizionale”.

Le vicende narrate restituiscono uno spaccato allarmante della cultura giuridica delle autorità che hanno messo in atto comportamenti ostruzionistici dell’accesso al diritto alla difesa del cittadino straniero, al punto da affermare la non vigenza di tale diritto.

Ancora Grossi ci ricorda che “genesi, manifestazione, interpretazione, applicazione: tutto questo è diritto quale realtà incarnata nella storia” e che“l’applicazione è creazione giuridica non meno della promulgazione d’una legge”.

Gli avvenimenti descritti ci mostrano appunto quanto la produzione del diritto non avvenga soltanto attraverso la promulgazione della norma ma che nascita, interpretazione e attuazione di questa concorrono alla creazione della realtà giuridica, radicata e insita nella realtà sociale stessa: un insieme di norme viene interpretato da un organo giudiziale, diversamente applicato dalle autorità, sottoposto a critica dagli avvocati e dagli operatori del diritto, letto e analizzato dagli enti di garanzia. Tale vicenda ci racconta in maniera didascalica la realtà sociale in cui viviamo e come le pratiche di gestione e governo della migrazione siano caratterizzate da una profonda disinvoltura nell’uso di forme di coercizione e privazione della libertà pur in presenza di autorevole giurisprudenza in materia e di un recentissimo parere espresso dall’Autorità garante.