
Il Ministero afferma formalmente come il dovere di informativa legale, molto spesso disatteso, sulla normativa vigente in materia di immigrazione e asilo a supporto dei cittadini stranieri in arrivo sul territorio italiano, e presenti presso l’hotspot di Lampedusa, che grava in capo alla pubblica amministrazione è da loro assolto tramite completa delega all’Agenzia UNHCR.
Nei “punti di crisi” – secondo quanto previsto dalle Procedure operative standard (Standard Operating Procedures, SOP) applicabili agli hotspot italiani che descrivono le prassi di funzionamento degli hotspot – si realizza un’inedita collaborazione tra autorità nazionali, ovvero il personale delle forze di polizia, il personale sanitario, le agenzie europee (EASO, Frontex, Europol) e organizzazioni internazionali quali l’Organizzazione internazionale per le migrazioni (OIM) e l’Alto Commissariato delle Nazioni unite per i rifugiati (UNHCR), al fine di assicurare una gestione procedimentalizzata delle attività. Sempre le SOP prevedono che “Team UNHCR dedicato al supporto alle autorità nell’individuazione di soggetti portatori di esigenze specifiche e allo svolgimento dell’attività di informativa sulla normativa vigente in materia di immigrazione e asilo e sul programma di ricollocamento”.
Come noto, l’hotspot di Lampedusa si caratterizza per la sistematicità di alcuni profili di criticità lesivi dei diritti dei cittadini e delle cittadine straniere ivi ristretti[1]. Le risultanze delle attività di monitoraggio e tutela legale confermano la sistematicità dei profili di criticità già rilevati ripetutamente con riferimento all’approccio hotspot, che si caratterizza per l’attuazione di prassi di ostacolo nell’accesso alla procedura di richiesta di protezione internazionale.
Uno dei primi ostacoli è proprio legato al mancato rispetto del dovere di informativa sancito dalla normativa quale obbligo giuridico che grava sulla pubblica amministrazione[2] in merito alla propria condizione giuridica e ai diritti spettanti compromettendo il diritto di asilo e sottoponendo le persone migranti ad illegittime procedure di allontanamento.
Il processo di emersione del bisogno di chiedere protezione internazionale, di emersione di fattori di inespellibilità o di condizioni di vulnerabilità necessita di tempi adeguati alla somministrazione di una informativa chiara e alla sua piena comprensione e alla ricostruzione di vissuti spesso traumatici. Tuttavia, presso il centro di Lampedusa, le persone ricevono una prima informativa meramente cartacea sulla normativa in materia di immigrazione e asilo, una modalità che può configurare un trattamento discriminatorio nei confronti dei soggetti che a vario titolo non hanno la possibilità di comprendere le informazioni trasmesse per iscritto. Solo dopo lo svolgimento delle procedure di pre identificazione, quindi successivamente all’intervista finalizzata alla compilazione del c.d. foglio notizie dal quale, nella prassi della pubblica amministrazione, dovrebbe emergere la volontà del cittadino straniero di avanzare richiesta di protezione internazionale, verrebbe elargita un’ulteriore informativa attraverso due monitor con video che però di fatto inudibili, specie ove presenti tante persone. Queste modalità di erogazione dell’informativa non risultano garantire i diritti di informazione individuale sanciti dal decreto legislativo n. 142 del 2015 all’art. 3[3], non sono idonee ad una adeguata comprensione delle complesse e rilevanti procedure cui le persone saranno sottoposte e non consentono l’acquisizione di informazioni efficaci in merito alla possibilità di chiedere protezione.
Alla luce del quadro descritto e dei diritti che, invece, dovrebbero essere garantiti, ci si è domandati concretamente chi dovrebbe garantire tale dovere istituzionale, quali siano i soggetti o enti di tutela effettivamente preposti.
Il 14 novembre dello scorso anno veniva inviata istanza di accesso civico generalizzato al Ministero dell’Interno, alla Prefettura di Agrigento, nonché all’UNHCR, al fine di conoscere protocolli adottati, la delega o mandato istituzionale attribuito dal Ministero dell’Interno e/o Prefettura di Agrigento all’Agenzia ai fini dello svolgimento all’interno dell’hotspot di Lampedusa dell’attività di informativa legale sulla normativa vigente in materia di immigrazione e asilo a supporto dei cittadini stranieri in arrivo sul territorio italiano, in base a quanto previsto dalla normativa.
In data 24 novembre 2022, Il Ministero dell’Interno, Dipartimento per le Libertà Civili e l’Immigrazione, riscontrando l’istanza, rappresenta che l’UNHCR opera all’interno dell’hotspot di Lampedusa in virtù del proprio mandato istituzionale, in applicazione dell’art. 35 della Convenzione di Ginevra del 28 luglio 1951 e dell’articolo II del Protocollo del 1967 che impone agli Stati membri di collaborare con l’Agenzia nell’esercizio delle sue funzioni e più specificamente di assistere l’UNHRC nel suo ruolo di supervisore della applicazione della suddetta Convenzione. Alla luce di tale riscontro, quindi il Ministero afferma formalmente come il dovere di informativa legale sulla normativa vigente in materia di immigrazione e asilo a supporto dei cittadini stranieri in arrivo sul territorio italiano che grava in capo alla pubblica amministrazione è da loro assolto tramite completa delega all’Agenzia, quindi, attualmente, un obbligo esclusivamente e nella sua interezza assolto dalla attività svolta dall’UNHCR[4].
Tenuto conto del costante rinvio di responsabilità relativamente all’implementazione di tale obbligo istituzionale, considerata la mancanza di accesso sistematico ad una adeguata informativa legale e nell’ottica di sviluppare un dibattito pubblico consapevole e partecipato da tutti gli attori coinvolti in prima linea nella gestione degli arrivi è stata inviata una lettera indirizzata all’Agenzia, e per conoscenza al Ministero dell’Interno e alla Prefettura di Agrigento, al fine di chiedere conferma in merito al ruolo svolto con riferimento all’implementazione della garanzia di informativa a favore dei cittadini stranieri presso l’hotspot di Lampedusa, quale soggetto delegato ad adempiere a questo dovere istituzionale, cosi come rappresentato dal Ministero dell’Interno.
Ad oggi, tuttavia, nessun riscontro da parte dell’Agenzia responsabile di assicurare tale fondamentale garanzia.
[1] Si vedano per approfondimenti: https://inlimine.asgi.it/report-lampedusa-2022-le-criticita/; https://inlimine.asgi.it/report-ombre-in-frontiera-limiti-e-ostacoli-allaccesso-ai-diritti-ai-confini-italiani/.
[2] L’art. 10 ter del D.lgs. 286/98, prevede che ai cittadini stranieri condotti per le esigenze di
soccorso e di prima assistenza e per le operazioni di rilievo fotodattiloscopico e segnaletico, presso i “punti di crisi”, appunto gli hotspot, sia assicurata adeguata informazione sulla procedura di protezione
internazionale, sul programma di ricollocamento in altri Stati membri dell’Unione europea e sulla possibilità di ricorso al rimpatrio volontario assistito.
[3] L’art. 3 prevede espressamente il dovere di informazione in merito alla richiesta di protezione internazionale che deve essere espletato dall’ufficio di polizia o anche presso i centri di accoglienza con l’ausilio di un interprete o di un mediatore culturale. Tale dovere di informazione risulta, altresì, previsto espressamente dagli artt. 10 e 10-bis d.lgs 25/08 che ne prevede l’espletamento anche ai valichi di frontiera. Le autorità, che per prime vengono in contatto con i cittadini di paesi terzi presenti sul territorio, alla frontiera o nelle zone di transito degli stati membri sono tenuti a dare le pertinenti informazioni sulle modalità e sulle deputate sedi di presentazione della relativa istanza. Ancora. La direttiva europea n. 32/2013/UE stabilisce, ai sensi dell’art. 8, par. 1, in carico alle autorità, l’obbligo, da parte degli Stati membri, di informativa sulla possibilità di esercitare il diritto di asilo al fine di
garantire l’accesso alla procedura per il riconoscimento della protezione internazionale ai cittadini di paesi
terzi o apolidi tenuti in centri di trattenimento o presenti ai valichi di frontiera, comprese le zone di transito alle frontiere esterne, quindi inclusi gli hotspot.
[4] Si veda: https://inlimine.asgi.it/il-ruolo-di-unhcr-nellhotspot-di-lampedusa-i-riscontri-della-pubblica-amministrazione/.