Manifesto ASGI: per un diritto dell’immigrazione che abbia al centro le persone

Il Manifesto dell’ASGI è un lavoro collettivo dell’associazione che riassume la nostra prospettiva politica. Unendo il sentire delle diverse professionalità che ci compongono, il manifesto include le nostre proposte per creare un diritto dell’immigrazione che abbia al centro le persone e i diritti umani.

L’immigrazione è, ormai da 40 anni, un fenomeno strutturale e ordinario del sistema sociale ed economico italiano (oltre che europeo). Tuttavia è stato per anni ignorato e poi asservito a logiche politiche o di mercato più che sociali.

La stessa disciplina della condizione delle persone straniere appare, oggi più che mai, del tutto inadeguata essendo fondata sull’anacronistico sistema dell’incontro a distanza tra domanda e offerta di lavoro, peraltro non sempre consentito. Le modifiche introdotte a partire dalla legge Bossi-Fini sono state orientate in senso prevalentemente repressivo, col solo fine pubblicamente ripetuto di prevenire e contrastare gli ingressi e i soggiorni irregolari, senza prevedere contestuali meccanismi che consentano effettivamente plurimi canali di ingresso regolare.

Nel contempo è mancata un’approfondita riflessione sociale e politica sulla realtà migratoria in Italia e sulle cause stesse delle migrazioni, nonché sulla necessità di politiche di inclusione delle persone migranti nella comunità nazionale.

Tutto ciò ci pone oggi al cospetto di una normativa poco aderente alla realtà, spesso discriminatoria, di fatto idonea a creare una stratificazione nella società e una sostanziale subordinazione se non ghettizzazione delle persone di origine straniera.

È lungo l’elenco delle ragioni per le quali le persone decidono di dare corso a un progetto migratorio. Tra esse, oltre al legittimo desiderio individuale di migliorare la propria esistenza (art. 2 Cost.), certamente i conflitti bellici, la grave destabilizzazione sociale in molti Stati caratterizzati da regimi dittatoriali o fortemente repressivi o nei quali il sistema formalmente democratico non è in grado di garantire effettivamente le libertà primarie e sociali, le conseguenze delle politiche coloniali dei Paesi europei dei secoli scorsi, la spoliazione delle risorse naturali, la crescita demografica, i fattori climatici e quelli ambientali.

È, per questo, impossibile ed inopportuno tracciare un confine netto tra tipologie di migrazioni per motivi legati alla ricerca di una forma di protezione e migrazioni per motivi economici – come se la povertà non fosse un diritto umano fondamentale o come se una legittima aspirazione a migliorare le proprie condizioni debba essere punita.

È evidente, nel contempo, che sempre più marcata è la sproporzione tra lo sviluppo economico di alcune parti del mondo, o di alcuni gruppi umani, e l’aggravarsi della povertà. Certo è che, alla libertà di migrazione delle merci (tutta capitalista), non corrisponde il riconoscimento di un analogo diritto di movimento delle persone (secondo un concetto altrettanto capitalista).

È indispensabile aspirare a un modello basato sulla libera circolazione delle persone, già adottato dall’Unione europea per chi ha la cittadinanza degli Stati membri.

È dunque indispensabile aspirare a un modello basato sulla libera circolazione delle persone, già adottato dall’Unione europea per chi ha la cittadinanza degli Stati membri. Tale modello deve essere progressivamente esteso a tutti gli Stati extra Unione europea anche perché conforme ai diritti fondamentali delle persone e alle connesse istanze democratiche egualitarie sulle quali si fondano (o dovrebbero fondarsi) tutte le forme di Stato democratico-sociale del mondo.

L’Unione europea deve abbandonare l’attuale politica di chiusura nei confronti delle migrazioni economichee di progressivo indebolimento del diritto di asilo, così come avviata nell’Agenda europea del maggio 2015 e rafforzata attraverso il Patto dell’Unione europea sulla migrazione e sull’asilo del 2020. Al contempo, l’Unione europea e ogni singolo Stato membro devono interrompere le politiche di finanziamento di quei Paesi nei quali vi sono seri indizi di violazione delle libertà e dei diritti umani, secondo i principi costituzionali e internazionali. In tale ottica, l’Italia deve recedere immediatamente dal Memorandum con la Libia del 2017.

L’Italia, può e deve rappresentare uno stimolo per l’intera Unione europea nella direzione sopra descritta.