Tribunale di Genova: insegnante condannata per razzismo

Con sentenza n. 1058 del 20/02/2015 il Tribunale di Genova ha condannato una docente di un istituto di istruzione secondaria per maltrattamenti ex art. 572 nei confronti di un alunno di colore di origine etiope e adottato da una famiglia italiana. Ha, invece, ritenuto che il reato di ingiuria, anche aggravato, sia assorbito nel reato di maltrattamenti e, infine, ha ritenuto le attenuanti generiche equivalenti alle circostanze aggravanti.

Nel caso specifico era contestata l’aggravante ex. art. 3, 1 comma del decreto legge n.  122 del 26/4/1993 convertito in legge n. 205/93 (Legge Mancino) per i reati commessi “per finalità di discriminazione o di odio etnico, nazionale, razziale o religioso […]”. Si ricorda che il comma 2 dell’art. 3 esclude che il giudizio di equivalenza o prevalenza annulli completamente l’aumento di pena stabilito dall’aggravante. Questo implica che il giudice debbaprima aumentare la pena base con l’aggravante e dopo diminuire la pena così risultante per effetto dell’attenuante.

I fatti che hanno dato luogo alla sentenza risalgono al 2010, quando l’alunno in questione, che all’epoca dei fatti era minore degli anni 14, iniziò a frequentare la scuola media e diventò il bersaglio degli attacchi dell’insegnante di educazione all’immagine. Questa, che soffriva di problemi psichici di cui l’amministrazione scolastica non si era tempestivamente preoccupata, non era nuova a simili episodi, ma l’accanimento nei confronti dell’alunno coinvolto in questo caso era particolarmente forte, forse anche per la vivacità dello stesso. In più occasioni la docente si rivolgeva all’alunno con l’epiteto ‘stupido negro’, oppure proferendo frasi come “voi negri, voi negri” o, ancora, “voi africani, perché siete venuti qui? Ci rovinate, voi immigrati ci rubate il lavoro”. Altre volte pronunciava frasi come “le adozioni sono sbagliate perché gli uomini, come gli animali, devono rimanere nell’ambiente di origine”. Tali frasi turbavano sempre di più la serenità dell’alunno che smetteva di frequentare le lezioni dieducazione all’immagine, finché il ragazzo decise con l’ausilio dei genitori di essere esentato dall’ora di lezione e lavverso l’insegnante venne aperto procedimento disciplinare. I compagni di classe del ragazzo offeso, dal loro canto, si rendevano conto del comportamento discriminatorio nei confronti del loro amico e riportavano con dispiacere quanto stava accadendo ai propri genitori, i quali ritennero opportuno  informare la madre del ragazzo mostrandole la propria solidarietà.

Il Tribunale di Genova ritiene che “non occorre spendere parole per dimostrare che gli insulti e le offese razziste (e tra essi rientra certamente anche il grave commento espresso contro l’adozione internazionale e specificamente rivolto a XXX) sono certamente fuori di qualsiasi funzione educativa ed anzi la contraddicono gravemente, tanto più valutata l’età preadolescente  della parte offesa e la sua delicatissima condizione di adottato non da neonato. E certo rimangono fuori della funzione educativa di una professoressa anche gli altri insulti più generici, quali stupido e bifolco, gli uni e gli altri emersi come proferiti reiteratamente dalla XXX verso l’alunno”. Tali condotte di tipo persecutorio/ritorsivo  rendevano l’alunno  un capro espiatorio per qualsiasi problema emergesse in classe, senza una previa verifica delle effettive responsabilità.

Questo caso, che si è concluso con una sentenza di condanna a un anno e quattro mesi di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali e al risarcimento dei danni subiti dal giovane alunno e dalla madre, è importante per almeno due ragioni:

perché riconosce le dolorose conseguenze psicologiche che il destinatario di atti di razzismo subisce, soprattutto se queste avvengono  in giovane età;

perché illustra l’importante ruolo svolto dall’attenzione e dall’azione di chi sta intorno alle vittime di razzismo. I compagni di classe dell’alunno del caso in questione e molti genitori non sono rimasti indifferenti  a quanto stava accadendo in classe e alcuni di loro si sono rivolti ai genitori dell’alunno offeso per dimostrare preoccupazione per i comportamenti dell’insegnante.

Si ringrazia per la segnalazione l’avv. Cristina Moschini del Foro di Firenze, che ha assistito il minore offeso e la madre dello stesso, costituiti parte civile.

La Sentenza

 

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