Corte costituzionale: prestazioni assistenziali anche a chi non ha la carta di soggiorno

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E’ costituzionalmente illegittimo l’art. 80, comma 19, L. 388/00 nella parte in cui subordina al requisito della titolarità della carta di soggiorno la concessione agli stranieri legalmente soggiornanti della pensione di cui all’art. 8 L. 66/62 (pensione del cd cieco civile ventesemista) e dell’indennità di cui all’art. 3, comma 1, L. 508/88 (indennità di accompagnamento del cd cieco civile ventesemista).

Con la sentenza della Corte Costituzionale n. 22/2015 giunge “quasi” a conclusione il percorso di totale eliminazione delle restrizioni introdotte dall’art. 80, comma 19, L. 388/2000 per l’accesso dei cittadini non comunitari alle prestazioni di invalidità.

Stante infatti la natura di detti benefici – intrinsecamente connessi alla necessità di assicurare a ciascuna persona, nella più ampia e compatibile misura , condizioni minime di vita e di salute – non può essere giustificata, nella dimensione costituzionale della convivenza solidale, una condizione ostativa, inevitabilmente discriminatoria, che subordini la fruizione di detti benefici al possesso della carta di soggiorno.

Come è noto detta restrizione consisteva nella richiesta del permesso di soggiorno di lungo periodo per le prestazioni costituenti diritto soggettivo (per quelle che non integrano diritti soggettivi la limitazione è già implicita nel potere discrezionale della pubblica amministrazione, che tuttavia non potrà comunque avvalersi di criteri discriminatori).

La Corte si era pronunciata, in una prima serie di sentenze (riguardanti indennità di accompagnamento e pensione di inabilità) nel senso di caducare il solo requisito (“ interno” al permesso di lungo periodo) del reddito minimo, argomentando sulla irragionevolezza di limitare una prestazione di sostegno del reddito a coloro che già disponevano di un reddito minimo (sentenza 306/2008 e 11/2009) negandolo invece proprio ai più poveri.

In una seconda serie di sentenze, a partire dalla 187/2010, decidendo in tema di assegno di invalidità e indennità di frequenza, ha invece rimosso integralmente il requisito del permesso di lungo periodo, sia quanto a reddito minimo, sia quanto a soggiorno quinquennale, argomentando sulla inammissibilità in generale di qualsiasi limitazione basata sul titolo di soggiorno o sulla cittadinanza per quanto riguarda l’accesso a prestazioni volte a sopperire ai bisogni essenziali della vita.

Il percorso è poi giunto a conclusione con la sentenza 40/2013 con la quale anche i due istituti interessati dal primo gruppo di sentenze sono stati ricondotti nell’ambito dei principi fissati nella seconda fase, con conseguente caducazione (anche per i primi) del requisito di residenza.

Dalla operazione demolitoria della Corte Costituzionale (che, come si è visto dura da ormai 7 anni e che avrebbe potuto essere compiuta molto più razionalmente con un intervento legislativo) erano rimasti esclusi due soli istituti: le provvidenze a favore dei soggetti ciechi e quelle a favore dei sordi.

In realtà alcuni giudici (si veda ad esempio il provvedimento cautelare del Tribunale di Milano 13.2.2015 est. Gasparini, in causa R.E. contro INPS) avevano ritenuto che i principi fissati dalla consolidata giurisprudenza della Corte potessero essere estesi agli ultimi istituti residui senza necessità di una ulteriore remissione.

La Corte d’Appello di Bologna e la Cassazione non avevano invece ritenuto di accedere a un’interpretazione costituzionalmente orientata e avevano sollevato l’eccezione ora accolta dalla Corte: anche per le provvidenze a favore degli ciechi dunque è ora venuto meno il requisito del permesso di soggiorno di lungo periodo.

Restano esclusi, allo stato, i soli istituti rivolti ai sordi, cioè la pensione per sordi ex art. 1 L. 381/1970 (riservata a coloro che abbiano un’età compresa fra i diciotto e i sessantacinque anni e che risultino in possesso di risorse economiche inferiori ai limiti previsti dalla legge) e l’indennità di comunicazione ex art. 4 L. 508/1988.

Si tratta ora di vedere se anche per questi ultimi due istituti occorrerà attendere un’ ultima pronuncia della Corte Costituzionale o se il legislatore saprà intervenire con una definitiva cancellazione di quella assurda disposizione del 2000 che ha sin qui avuto come unico effetto la moltiplicazione del contenzioso e l’aumento dell’incertezza del diritto.

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