Del tutto non condivisibili appaiono inoltre le dichiarazioni del dirigente dell’Ufficio immigrazione della Questura di Roma riportate dalla stampa, laddove sostiene che le modalità con le quali è avvenuto il rimpatrio immediato della moglie del dissidente kazako tramite un areo privato prontamente messo a disposizione dalle autorità kazake siano da considerare “normali” e pacificamente conformi alla vigente normativa.
L’ASGI ricorda come in base al diritto europeo ed interno le operazioni di rimpatrio, ivi comprese l’organizzazione del viaggio e la gestione dello stesso fino all’arrivo nel paese di destinazione sono di esclusiva responsabilità dello Stato europeo che attua il provvedimento di allontanamento.
L’intera operazione, che si è svolta, ad horas, diversamente da quanto avviene per la stragrande maggioranza dei rimpatri per i quali i tempi esecutivi si dilatano su settimane o addirittura mesi, presenta pertanto profili assolutamente inquietanti e mette in luce ed evidenza con lacerante chiarezza quanto sia fragile nel nostro Paese il sistema che regola l’accesso alla protezione internazionale e quanto i diritti degli stranieri che abbisognano di detta protezione siano del tutto non tutelati.
Dopo l’accaduto non basta certo riformare l’organizzazione del Dipartimento della Pubblica Sicurezza, né annullare ex post il provvedimento espulsivo, come sembra limitarsi il Ministro dell’Interno Alfano.
Infatti occorre un’immediata riforma delle norme che disciplinano le espulsioni degli stranieri perché simili gravi violazioni liberticide dei diritti fondamentali delle persone non accadano mai più.
L’accaduto conferma, assieme ad altri casi clamorosi (come quello di Ocalan, leader curdo allontanato nel 1999 durante il Governo D’Alema e alla fine espulso verso la Turchia che lo ha incarcerato da allora) e ad migliaia di casi analoghi che non hanno avuto uguale clamore, l’ ineffettività del divieto di espulsione di stranieri verso Paesi in cui potrebbero essere oggetto di persecuzione (previsto dall’art. 19, comma 1 del testo unico delle leggi sull’immigrazione e dall’art. 33 della Convenzione di Ginevra sullo status di rifugiati) e del controllo giurisdizionale relativo alla convalida dei provvedimenti di allontanamento, che la norma attuale improvvidamente attribuisce ai giudici di pace.
L’ASGI da anni ricorda che, come ha ricordato la Corte costituzionale fin dalla sentenza n. 105/2001 l’espulsione eseguita con accompagnamento alla frontiera è provvedimento coercitivo e limitativo della libertà personale, sicché deve essere conforme alla riserva di giurisdizione in materia di libertà personale prevista dall’art. 13 della Costituzione e perciò l’adozione di ogni provvedimento limitativo in materia deve in via ordinaria spettare al solo giudice togato. All’autorità di pubblica sicurezza deve essere attribuito il solo potere di presentare al giudice la richiesta di respingimento o di espulsione, affinché l’Autorità giudiziaria – in contraddittorio con l’amministrazione e lo straniero (assistito da difensore e con l’assistenza linguistica, come prevedono gli articoli 24 e 111 della Costituzione) – decida su di essa nei tempi previsti dalla legge e non già come una mera e frettolosa convalida ex post, come oggi è previsto, che l’art. 13 della Costituzione. consente soltanto in casi tassativamente eccezionali e non in via ordinaria.
Una profonda riforma delle attuali norme sulle espulsioni degli stranieri costituisce un obiettivo urgente ed indifferibile affinché casi come quello della signora Shalabayeva non si ripetano e a tal fine l’ASGI ribadisce al Governo e al Parlamento l’urgenza e la priorità di tale riforma nell’agenda parlamentare, senza attendere che ciò accada sulla base di un inevitabile richiamo della Commissione europea o della Corte europea per i diritti dell’uomo.
Approfondimento
Il ministro Alfano ha riferito in Parlamento sul caso Shalabayeva – l ‘ “Inchiesta amministrativa in ordine alla mancata informativa al Governo sull’espulsione della cittadina kazaka S.A.” e il video dell’audizione del Ministro .
Il contributo del socio Giovanni Guarini su Il caso Shalabayeva, la polizia di stato, la tutela dei diritti umani fondamentali: un «malinconico pensiero»Rassegna Stampa