Non è importante che abbiano concorso materialmente o moralmente alle violenze contro le due donne, ma, soprattutto è fondamentale che sia contestata agli aggressori la specifica circostanza aggravante delle finalità di discriminazione e di odio etnico e religioso di cui alla legge Mancino”
Nadia vive da 20 anni a Monterotondo, il marito e i 4 figli sono cittadini italiani e partecipa pienamente alla vita della società. La sorella, Neila, è entrata in Italia da poco mesi e svolge regolare attività lavorativa in Campania.
Il gruppetto di ragazzi ha gridato, strattonando il velo che Neila indossava :”In Italia non puoi portarlo, vai al paese tuo, kamikaze, fatti saltare in aria” . Subito dopo il gruppo ha violentemente aggredito le due donne con calci nello stomaco e pugni in faccia, mettendo a repentaglio anche l’integrità del figlio di appena un anno in braccio a Nadia.
“E’imprescindibile – ricorda l’avvocato – che episodi di questa gravità vengano perseguiti per la loro reale natura discriminatoria, non potendo essere affrontati come una ordinaria aggressione“.
“Questo fatto ci dimostra quanto sia urgente attuare le raccomandazioni del Comitato ONU per l’eliminazione della discriminazione razziale (CERD) e della Commissione Europea contro il Razzismo e l’Intolleranza (ECRI), che sottolinea “l’importanza di prendere in considerazione l’eventuale dimensione razzista di un atto fin dal momento in cui è sporta denuncia e di seguire tale aspetto in maniera sistematica durante tutto il procedimento e il seguito che gli viene dato”.
I rapporti del CERD e dell’ECRI