Tribunale Amministrativo Regionale del Friuli Venezia Giulia, sentenza del 23 aprile – 13 maggio 2014, n. 206

Il TAR del FVG chiarisce che, in merito alla verifica del reddito necessario al rinnovo del permesso pr motivi di lavoro subordinato, la norma derivante dal combinato disposto degli articoli 4, comma 3, e 5, comma 5, D.Lgs. n. 286/1998 non delimita la tipologia della fonte dei mezzi di sostentamento dello straniero, limitandosi a imporre, come si ricava dal sistema complessivo del T.U. immigrazione, che sia una fonte lecita.Conseguentemente, ha errato l’Amministrazione a non tener conto, in sede di valutazione della sussistenza dei presupposti normativi per il rilascio del titolo abilitativo della permanenza nel territorio nazionale, del reddito della sorella della ricorrente.

 

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente
SENTENZA

ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 117 del 2014, proposto da:
Coada Elena, rappresentata e difesa dall’avv. Michele Cipriani, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Valentina Goglia, in Trieste, via Gallina n. 5;
contro
Ministero dell’Interno – Questura di Pordenone, rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura dello Stato, domiciliati ex lege presso la medesima, in Trieste, piazza Dalmazia n. 3;
per l’annullamento previa sospensione cautelare degli effetti
del provvedimento del Questore di Pordenone di data 7 marzo 2014 di rifiuto dell’istanza di rinnovo del permesso di soggiorno per lavoro subordinato, notificato il 14 marzo 2014;

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno – Questura di Pordenone;
Vista la memoria difensiva;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 23 aprile 2014 la dott.ssa Alessandra Tagliasacchi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Sentite le stesse parti ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO
La signora Coada Elena, cittadina moldava residente in Italia, impugna il provvedimento in epigrafe indicato con il quale le è stato denegato il rinnovo del permesso di soggiorno per lavoro subordinato per difetto del requisito della autosufficienza reddituale.
A tal fine rappresenta e documenta con produzione versata in atti le seguenti circostanze:
a) di avere in corso un rapporto di lavoro a tempo indeterminato come collaboratrice domestica a far data dal 13.05.2013 per tre ore settimanali (ora aumentate a quattro), dal quale ha tratto per i successivi sette mesi dell’anno passato un reddito lordo di €uro 694,10;
b) di convivere in un alloggio idoneo con la sorella Coada Veronica, la quale è in possesso di un reddito derivante da fonte lecita che, unito a quello della ricorrente, supera il limite previsto per rilascio dell’assegno sociale a soggetto con un familiare a carico, e la quale ha altresì dichiarato di essere disponibile a sostenere la deducente;
c) di aver ricevuto due ulteriori proposte di lavoro subordinato come collaboratrice domestica, ancorché sospensivamente condizionate al rinnovo del permesso di soggiorno.
Si è costituito in giudizio il Ministero dell’Interno a mezzo dell’Avvocatura distrettuale dello Stato, contestando la fondatezza del ricorso proposto dalla signora Coada Elena e chiedendone conseguentemente il rigetto.
Insiste l’Amministrazione resistente sul difetto in capo alla ricorrente del requisito del possesso di un reddito minimo, tale da poter essere autosufficiente e non gravare invece sullo Stato italiano quanto a prestazioni sociali, senza compartecipazione alla spesa pubblica per l’erogazione delle medesime, secondo quello che è l’orientamento consolidato della giurisprudenza, anche di questo Tribunale.
In accoglimento dell’istanza formulata dalla ricorrente, il Presidente di questo T.A.R., considerata la gravità del danno, con decreto ex articolo 56 Cod. proc. amm. sospendeva cautelarmente il provvedimento impugnato.
L’odierna udienza camerale è fissata per l’eventuale conferma del provvedimento interinale presidenziale.
Tuttavia, il Collegio ritiene che il giudizio possa essere definito con sentenza in forma semplificata, emessa ai sensi dell’articolo 60 Cod. proc. amm., avendo – tra l’altro – il Presidente rese edotte le parti di tale eventualità, come consta dal verbale d’udienza.
DIRITTO
Tre sono i motivi di impugnazione dedotti dalla ricorrente, e precisamente:
I^) la violazione e/o l’erronea applicazione dell’articolo 4, commi 3 e 5, dell’articolo 6, comma 5, e dell’articolo 29, comma 3, lettera b), D.Lgs. n. 286/1998, nonché dell’articolo 13, comma 2, D.P.R. n. 394/1999; l’eccesso di potere per travisamento dei fatti ed errore nei presupposti, difetto di motivazione e carenza di istruttoria, per non aver tenuto conto il Questore di Pordenone nel denegare il rinnovo del permesso di soggiorno che l’interessata può contare anche sul reddito della sorella con la quale convive;
II^) la violazione e/o la falsa applicazione dell’articolo 5, comma 5, D.Lgs. n. 286/1998, e dell’articolo 10 bis L. n. 241/1990; l’eccesso di potere per difetto dei presupposti, insufficienza di motivazione e carenza di istruttoria, per non avere l’Amministrazione procedente tenuto degli elementi forniti dall’interessata in sede procedimentale (segnatamente la circostanza di poter contare sul reddito della sorella) e non aver replicato in motivazione alle argomentazioni dedotte nella memoria conseguente al preavviso di rigetto;
III^) l’omessa applicazione dell’articolo 22, comma 11, D.Lgs. n. 286/1998; la violazione e/o l’erronea applicazione dell’articolo 5, commi 5 e 9, D.Lgs. n. 286/1998, per non aver verificato l’Amministrazione dell’Interno la sussistenza, in via subordinata, dei presupposti per il rilascio del permesso di soggiorno per attesa occupazione, dovendosi equiparare la situazione dello straniero con reddito insufficiente a quella dello straniero che ha perso il posto di lavoro.
Il ricorso è fondato.
Decisivo e assorbente è il primo motivo di doglianza dedotto dalla ricorrente.
Non vi è dubbio che il possesso da parte dello straniero di mezzi di sussistenza sufficienti al fine di consentirgli un’esistenza dignitosa, senza gravare sull’erario in assenza di compartecipazione alla spesa pubblica, ovvero al fine di evitare che lo stesso si dedichi ad attività criminose o comunque illecite, sia condizione imprescindibile per il rilascio e per il rinnovo – come nel caso di specie – del permesso di soggiorno.
E’ altrettanto indubbio che la norma derivante dal combinato disposto degli articoli 4, comma 3, e 5, comma 5, D.Lgs. n. 286/1998 non delimita la tipologia della fonte dei mezzi di sostentamento dello straniero, limitandosi a imporre, come si ricava dal sistema complessivo del T.U. immigrazione, che sia una fonte lecita.
Conseguentemente, ha errato l’Amministrazione a non tener conto, in sede di valutazione della sussistenza dei presupposti normativi per il rilascio del titolo abilitativo della permanenza nel territorio nazionale, del reddito della sorella della ricorrente.
Inconferente risulta essere il rilievo della Questura di Pordenone per cui la sorella non è parente per il quale possa essere richiesto il ricongiungimento familiare ai sensi dell’articolo 29 D.Lgs. n. 286/1998, posto che l’interessata non invoca affatto il diritto all’unità familiare e non pretende di esercitare la suddetta facoltà.
Di contro, risulta rilevante nel caso di specie la circostanza, documentata in atti, che le sorelle convivono, costituendo – esse sole e non con altri soggetti – un’unica famiglia anagrafica. Tale circostanza giustifica una valutazione congiunta del reddito percepito dalla ricorrente, signora Coada Elena, con quello percepito dalla di lei sorella, signora Coada Veronica.
Per tale ragione il diniego di rinnovo di permesso di soggiorno va annullato, impregiudicata la possibilità dell’Amministrazione di una nuova valutazione sulla idoneità del reddito congiunto delle due sorelle a fondare il rilascio del richiesto provvedimento.
In considerazione della peculiarità del caso concreto ed anche della violazione da parte del difensore della ricorrente del principio di sinteticità degli atti, le spese del presente giudizio vengono integralmente compensate, fermo restando l’obbligo per l’Amministrazione soccombente di restituire il contributo unificato nella misura versata dalla ricorrente.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie.
Compensa integralmente le spese del giudizio, ad eccezione del contributo unificato che l’Amministrazione resistente restituirà alla ricorrente nella misura effettivamente versata.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Trieste nella camera di consiglio del giorno 23 aprile 2014 con l’intervento dei magistrati:
Umberto Zuballi, Presidente
Manuela Sinigoi, Primo Referendario
Alessandra Tagliasacchi, Referendario, Estensore

L’ESTENSORE IL PRESIDENTE

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 13/05/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)