Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, sentenza del 17 luglio 2014, n. 4002

La Questura  non avrebbe potuto omettere di far luogo alla valutazione sui legami familiari della ricorrente della cui esistenza era stata portata a conoscenza dai carabinieri in seno al ripetuto accertamento,  ancorché in presenza di giurisprudenza secondo cui la valutazione dei legami familiari “non può ritenersi assorbita per implicito nel giudizio di pericolosità sociale in assenza di un motivato giudizio di prevalenza del periculum da esternarsi nella parte motiva del provvedimento

sul ricorso numero di registro generale 1956 del 2014, proposto da:
-OMISSIS-, rappresentata e difesa, per mandato a margine dell’atto introduttivo del giudizio, dall’avv. Gianluca Iannone, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo nel Comune di San Giorgio a Cremano (Na) e pertanto, ex art. 25, comma 1, c.p.a., da intendersi, per gli atti e gli effetti del presente ricorso, presso la segreteria di questo Tribunale, in Napoli, Piazza Municipio;
contro
Ministero dell’Interno, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato Napoli, domiciliata ex lege presso i suoi uffici in Napoli, via Diaz, 11;
per l’annullamento, previa sospensione dell’efficacia
del provvedimento (Cat. A.12/Imm/12/trad.) prot. 693 del 27 novembre 2013, notificato il 27 gennaio 2014, a firma del Dirigente l’Ufficio Immigrazione della Questura di Caserta e recante la revoca del permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato n. 103595925 avente validità fino al 30 dicembre 2013;

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Avvocatura distrettuale dello Stato di Napoli per l’intimata amministrazione dell’Interno e (vista) l’annessa produzione;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 16 luglio 2014 il dott. Arcangelo Monaciliuni e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto che nella specie sussistono i presupposti di legge per l’immediata definizione del giudizio nel merito con motivazione in forma abbreviata ex art. 60 c.p.a. e datane avvertenza ai difensori delle parti come innanzi presenti e che non hanno sollevato obiezioni al riguardo;

Dato atto che a mezzo del provvedimento in esame, emesso il 27 novembre 2013 e notificato il 27 gennaio 2014, il Dirigente l’Ufficio Immigrazione della Questura di Caserta ha disposto la revoca del permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato n. 103595925, già rilasciato all’odierna ricorrente ed avente validità fino al 30 dicembre 2013;
Che la revoca è stata disposta poiché, all’esito degli accertamenti esperiti da personale del commissariato di P.S. di Maddaloni in presenza di richiesta di rinnovo del titolo, era emerso che il rapporto di lavoro dichiarato ai detti fini era “risultato inesistente in quanto le buste paga prodotte si erano dimostrate false” e (poiché) per “i fatti suddetti pende procedimento penale n. 17578 R.G. della Procura della Repubblica di S. Maria Capua Vetere”;
Che, si assume sempre in seno al provvedimento, l’amministrazione ha assolto ai suoi obblighi partecipativi notificando l’avviso di avvio del procedimento, cui tuttavia non aveva fatto seguito la produzione di osservazioni;
Atteso che, nella prospettazione attorea, l’impugnata determinazione è illegittima per violazione degli artt. 5, comma 8, 4 e 26 del d.lgs. n. 286 del 1998 (in quanto la vicenda penale non era giunta nemmeno alla fase della richiesta di invio a giudizio e, quindi, si era ben lungi da una sua definizione e, soprattutto, da una declaratoria di personali responsabilità penali, e comunque in quanto le previsioni di legge si riferivano solo a fattispecie “di ingresso” nel territorio nazionale), nonché per difetto di motivazione, istruttoria ed inesistenza dei presupposti di fatto (anche in quanto il rapporto di lavoro all’atto dell’accertamento era “pienamente esistente” come sarebbe comprovato dalla documentazione esibita);
Che, aggiunge ancora la -OMISSIS-, l’impugnato decreto è “idoneo a determinare l’ingiusto allontanamento della ricorrente dal territorio nazionale, ove vive e lavora da anni e dove il 10 luglio 2012 è nata la propria figlia Deng Lexin di soli 1 anno e 8 mesi” (assunto, quest’ultimo, comprovato dalla documentazione versata in atti);
Che l’Avvocatura distrettuale dello Stato di Napoli si è costituita in giudizio in data 23 aprile 2014 senza far luogo (a tale data) a deposito di documentazione e/o di difese scritte;
Che con ordinanza collegiale n. 2499 del 7 maggio 2014 è stata disposta l’acquisizione degli atti istruttori posti a presupposto dell’impugnata determinazione, fra essi compresa copia della denuncia inoltrata all’Autorità giudiziaria;
Preso atto che l’ordine istruttorio è stato eseguito in data 6 giugno 2014 con il deposito degli atti richiesti, accompagnato da memoria difensiva;
Vista ancora la replica depositata in data 8 luglio 2014 dalla parte ricorrente nel cui seno si sostiene che dalla produzione dell’amministrazione risulterebbe confermata l’esistenza del rapporto di lavoro, fermo che alcun valore potrebbe invece essere attribuito ai contenuti degli stralci dei “brogliacci delle intercettazioni” pure versati in atti (in quanto) aventi solo valore indiziario, ma non dignità di prova, la cui formazione può avvenire solo nella sede del processo penale nel contraddittorio delle parti;
Considerato che dalla documentazione in atti (quale depositata dalla ricorrente e, di poi, dall’amministrazione in esecuzione all’ordine istruttorio) si trae:
– che la —- risiede nel Comune di San Felice a Cancello in una al suo “nucleo familiare” (accertamento eseguito nel febbraio del 2013 dai carabinieri della Stazione di Cancello su incarico della Questura di Caserta), in cui è ricompresa la figlia —-, nata a Maddaloni (Ce)—- (come già da relativa certificazione depositata ex latere attoreo);
– che presso detto Comune di San Felice a Cancello esiste la fabbrica di articoli di pelle, di cui è titolare —, “attualmente” chiusa con “produzione ferma da circa due mesi” e titolare “attualmente” in Cina (così sempre l’accertamento dell’Arma dei carabinieri esperito nel febbraio del 2013);
– l’esistenza di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato risalente al 9 novembre 2011, comprovata, oltre che dalle attestazioni della titolare della ditta e dal contratto, dalla comunicazione Unilav n. 00253198 dell’8 luglio 2011 e dalle dichiarazioni dei redditi, di cui ai Cud 2012, 2013 e 2014;
– infine, che la ripetuta —- è stata effettivamente denunciata, in una ad altri cittadini extracomunitari, per violazione dell’art. 8 bis del d. l.v n. 286 del 1998 in quanto “per ottenere il rinnovo del permesso di soggiorno falsificava n. 6 buste paghe della ditta — relative ai mesi da aprile a settembre del 2012” e che effettivamente nei suoi confronti pende procedimento penale 17578 Reg. Gen.: procedimento che coinvolge, con diverse imputazioni sempre legate alla vicenda (pratiche interessanti stranieri), un legale ed un assistente della Polizia di Stato;
Dato atto che detti elementi non sono in contestazione e che la difesa erariale affida, ancora nella memoria conclusionale depositata il 6 giugno 2014, la legittimità del provvedimento qui al vaglio alla sussistenza del presupposto (falsificazione delle buste paga e pendenza del procedimento penale) ed alla doverosità della sua adozione, asseritamente priva di margini di discrezionalità;
Ritenuto che:
a) il coacervo di elementi innanzi esposti -ivi comprese le risultanze degli accertamenti dei carabinieri sulla solo recente (rispetto all’epoca della vicenda ed alla data di adozione del provvedimento gravato) data di chiusura o sospensione dell’attività della ditta- non possa fungere da utile supporto alla perentoria affermazione che “il rapporto di lavoro era inesistente”, ovvero che “la Questura di Caserta aveva dimostrato in maniera inequivocabile che non sussisteva” (così la difesa erariale in seno alla memoria ripetuta), non potendo assumere rilievo dirimente al riguardo la sola mancata produzione della documentazione inerente al versamento dei contributi “che non implica affatto inesistenza del rapporto di lavoro, ma solo che l’azienda non vi ha provveduto” (come da replica ultima della ricorrente): beninteso nel sopra descritto quadro;
b) ad ammettersi che, in presenza di reati, quali quello qui contestato, ricompresi nell’ambito dell’art. 5, comma 8 bis, del d.l.vo n. 286/1998, vadano di norma ritenuti insussistenti spazi per l’esercizio della discrezionalità senza che possa, in contrario, farsi leva sulla mancata definitività dell’accertamento nella sede penale (cfr. Tar Campania, questa sesta sezione, sentenza n. 3755 del 7 luglio 2014 e Tar Sicilia, Palermo, sezione seconda, 19 maggio 2014, n. 1306, ma cfr. anche Tar Lazio, sezione prima, 1° dicembre 2010, n. 34861), non può nel contempo assicurarsi a tale regola (l’assenza di discrezionalità) valore assoluto, che imponga cioè di prescindere sempre e comunque dalle situazioni di volta in volta in concreto date (cfr., per applicazioni diverse, rapportate alle situazioni in evidenza, le conclusioni di Cons. Stato, sezione terza, 8 aprile 2014, n. 1679 e sezione quinta, sentenza n. 946 del 28 febbraio 2014, quest’ultima in una fattispecie relativa proprio ad una situazione, ritenuta rilevante dalla pronuncia, che vedeva non accertata definitivamente in sede penale la falsità delle buste paga presentate dal lavoratore extracomunitario ai fini anche qui dati);
Considerato che dal quadro fattuale/accertativo sopradescritto si trae per un verso che, alla sua stregua, non poteva escludersi, quanto meno senza ulteriori approfondimenti, l’instaurazione del rapporto di lavoro e la sua effettività sia pure ad tempus, ancorchè lo stesso abbia ad essere oggi sospeso o cessato, e che, per altro verso, non potevano ricavarsene certezze sul grado di coinvolgimento della — nella “falsificazione delle buste paghe”;
Che, invero, anche in disparte la necessità che tale accertamento abbia luogo nella sede penale, dai contenuti delle intercettazioni telefoniche appare emergere con certezza solo che la —- abbia consegnato gli statini falsi e conoscesse bene il legale coinvolto, ma non anche il grado del suo coinvolgimento nella relativa “falsificazione”, fermo che, come affermato senza repliche ex adverso ex latere attoreo e come si trae dalla “ordinanza di applicazione e di rigetto di misura coercitiva” versata in atti, alcuna misura restrittiva ha colpito la ripetuta ricorrente, a differenza di altri soggetti coinvolti nella vicenda;
Considerato ancora -ed è notazione dirimente- che (la sopra detta regola) subisce una deroga, normativamente fissata (dall’art. 5, co. 5, del d.lgs. 286/1998), ove, come qui accade, l’assunta decisione “finisce per ripercuotersi anche sugli altri componenti della famiglia e il distacco dal nucleo familiare, specie in presenza di figli minori, è decisione troppo grave perché sia rimessa in forma generalizzata e automatica a presunzioni di pericolosità assolute, stabilite con legge, e ad automatismi procedurali, senza lasciare spazio ad un circostanziato esame della situazione particolare dello straniero interessato e dei suoi familiari” (cfr. Corte Costituzionale sentenza n. 202 del 18.7.2013, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 5, comma 5, del decreto legislativo 25 luglio 1998 n. 286 nella parte in cui prevedeva che la valutazione discrezionale in esso stabilita si applicasse solo allo straniero che “ha esercitato il diritto al ricongiungimento familiare” o al “familiare ricongiunto”, e non anche allo straniero “che abbia legami familiari nel territorio dello Stato”);
Ritenuto quindi, quanto all’ultimo punto trattato, che la Questura di Caserta non avrebbe potuto omettere di far luogo a detta valutazione sui legami familiari della ricorrente della cui esistenza erastata portata a conoscenza dai carabinieri in seno al ripetuto accertamento, al cui esito si è fatto luogo all’adozione del provvedimento gravato: tanto nella precisazione che -in presenza di giurisprudenza secondo cui la valutazione dei legami familiari “non può ritenersi assorbita per implicito nel giudizio di pericolosità sociale in assenza di un motivato giudizio di prevalenza del periculum da esternarsi nella parte motiva del provvedimento” (Cons. Stato, sezione terza, n. 2915 del 9 giugno 2014 e, negli stessi sensi, secondo cui la presenza di legami familiari impone una “motivazione rafforzata” per negare il titolo richiesto, Tar Campania, questa sesta sezione, sentenza n. 3685 del 3 luglio 2014)- nemmeno in questa sede processuale si è andati oltre il mero reiterarsi della doverosità della decisione assunta e dell’assenza di margini di discrezionalità;
Ritenuto ancora, traendo le definitiva fila, che la mancata valutazione dei legami familiari e della peculiarità della vicenda sotto i restanti profili innanzi cennati integrino i denunciati vizi di difetto di istruttoria e di motivazione adeguate del provvedimento impugnato, sicchè, in ragione delle divisate sue carenze strutturali e delle risultanze della sede processuale, non resta al Collegio che ritenerli sussistenti e, in conseguenza, disporre l’annullamento del provvedimento impugnato, fatte salve le ulteriori determinazioni dell’Amministrazione nel rispetto di quanto fin qui argomentato e concluso;
Ritenuto, infine, che, avuto anche riguardo alle ragioni di accoglimento, sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese di giudizio;
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto annulla il provvedimento impugnato, fatti salvi i successivi.
Compensa le spese di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 16 luglio 2014 con l’intervento dei magistrati:
Arcangelo Monaciliuni, Presidente FF, Estensore
Umberto Maiello, Consigliere
Luca Cestaro, Primo Referendario

IL PRESIDENTE, ESTENSORE

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 17/07/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)