In tema di protezione internazionale, la valutazione delle dichiarazioni del richiedente asilo non deve essere rivolta ad una capillare ricerca di eventuali contraddizioni – atomisticamente esaminate – insite nella narrazione della sua personale situazione, dovendosi piuttosto effettuare una disamina complessiva della vicenda persecutoria narrata; quando poi residuino dubbi rispetto ad alcuni dettagli della narrazione, può trovare applicazione il principio del “beneficio del dubbio”, come si desume dall’art. 3 del d.lgs. n. 251 del 2017, letto alla luce della giurisprudenza della CEDU, perché la funzione del procedimento giurisdizionale di protezione internazionale, è quella – del tutto autonoma rispetto alla precedente fase amministrativa – di accertare la sussistenza o meno del diritto del richiedente al riconoscimento di una delle forme di asilo previste dalla legge.
Ordinanza della Corte di Cassazione, I sezione civile, del 27 maggio 2020, n. 7546