Corte di giustizia dell’Unione europea, Grande sezione, sentenza del 7 giugno 2016, causa C –47/15

La «direttiva rimpatri» osta a che un cittadino di un paese non UE, prima di essere sottoposto alla procedura di rimpatrio, possa essere recluso per il solo motivo del suo ingresso irregolare nel territorio di uno Stato membro attraverso una frontiera interna dello spazio Schengen

Una cittadina ghanese veniva fermata in prossimità del tunnel della Manica su un autobus proveniente dal Belgio e diretto nel Regno unito, essendo priva di validi documenti e titoli di viaggio. La Corte di cassazione d’oltralpe ( cui la donna si era rivolta in seguito all’impugnazione dei provvedimenti di trattenimento adottati nei suoi confronti dalle autorità francesi) effettua un rinvio pregiudiziale d’interpretazione alla CGUE per sapere se possa essere considerato irregolare un ingresso/soggiorno per mero transito attraverso una frontiera interna, e, conseguentemente se la vicenda ricada nell’ambito di applicazione della Direttiva rimpatri. Inoltre, se la Direttiva rimpatri consenta l’irrogazione di una pena detentiva in caso di ingresso/soggiorno irregolare, prima che sia esperita la procedura di allontanamento prevista dalla Direttiva stessa, nel caso in cui il cittadino di Paese terzo possa essere ripreso dallo Stato membro di provenienza in virtù di accordi tra i due Stati membri.

La Corte di giustizia UE, forte di un’interpretazione letterale e formalistica della nozione di soggiorno irregolare qual è definita all’art. 3, punto 2 della Direttiva rimpatri, ritiene che anche l’ingresso irregolare per mero transito nel territorio di uno Stato membro, attraverso una frontiera interna, comporta l’integrazione della nozione di soggiorno irregolare, indipendentemente, quindi, dalla strumentalità dell’ingresso finalizzato esclusivamente dalla necessità di recarsi in altro Stato membro. Conformemente alla sua giurisprudenza ( cfr. sentenza del 6 dicembre 2011, Achughbabian, C‑329/11) la CGUE afferma che la Direttiva rimpatri osta alla legislazione di uno Stato membro che punisce con la pena della reclusione il soggiorno irregolare di un cittadino di un Paese terzo, prima che sia stata espletata la procedura di allontanamento prevista dalla Direttiva stessa. Con il che si ribadisce implicitamente che (conformemente alla pregressa giurisprudenza) una volta esperite senza successo le procedure di allontanamento previste dalla Direttiva rimpatri, gli Stati membri non sono più vincolati dalla Direttiva e, quindi, la sorte dei c.d. “inespellibili di fatto” può essere liberamente gestita dalla legislazione interna, finanche con la reclusione.

 

Allontanamento – Direttiva 2008/115/CE, artt. 2,§ 1 (ambito di applicazione) e 3, punto 2 (nozione di soggiorno irregolare) – rinvio pregiudiziale d’interpretazione promosso dalla Corte di cassazione francese – il cittadino di un Paese terzo soggiorna irregolarmente nel territorio di uno Stato membro anche quando, senza soddisfare le condizioni d’ingresso, di soggiorno o di residenza, transita in tale Stato membro quale passeggero di un autobus proveniente dal altro Stato membro e diretto verso un terzo Stato membro – la Direttiva rimpatri osta alla legislazione di uno Stato membro che punisca con la pena della reclusione, in conseguenza dell’irregolare ingresso attraverso una frontiera interna, il soggiorno irregolare di un cittadino di un Paese terzo prima che sia stata esperita la procedura di allontanamento prevista dalla direttiva stessa, anche nel caso in cui il cittadino di Paese terzo possa essere ripreso dallo Stato membro di provenienza in forza di accordi di riammissione ex art. 6, § 3 della medesima direttiva

 

Corte di giustizia dell’Unione europea, Grande sezione, sentenza del 7 giugno 2016, causa C –47/15

Comunicato stampa della Corte di Giustizia dell’Unione europea del 7 giugno 2016