Giusto processo, divieto di discriminazione ed esenzione dalle spese legali per l’azione di disconoscimento della paternità. (Violazione dell’art. 6 e dell’art. 14 Cedu)
Una cittadina congolese, illegalmente residente in Belgio ed in attesa di regolarizzare la propria situazione, ha dovuto intentare un’azione di disconoscimento della paternità del suo ultimo figlio contro il marito, per consentirne il riconoscimento al padre biologico.
Avendo richiesto di essere esentata dalle spese legali per tale procedimento, ha subito un rifiuto motivato con riferimento alla mancanza di un valido permesso di soggiorno.
La Corte di Strasburgo, in relazione a questa vicenda, ha condannato il Belgio per violazione dell’art. 6 in combinato disposto con l’art. 14 Cedu. Infatti, pur dando atto che gli Stati hanno un margine di scelta relativo ai mezzi di accesso al giudice, rileva che in un caso come questo viene in gioco un tema legato al diritto di famiglia di massima importanza per le persone coinvolte e che, in queste circostanze, eventuali disparità di trattamento tra individui legalmente o illegalmente residenti devono essere giustificate in modo particolarmente rigoroso.
Considerato, quindi, che la ricorrente aveva avviato le procedure per la regolarizzazione e che l’azione di disconoscimento della paternità aveva, tuttavia, carattere di urgenza (dovendo essere avviata entro un anno dalla nascita), dichiara l’avvenuta violazione delle norme Cedu.
(m.m.)
scarica la sentenza Anakomba Yula v. Belgium