Corte Costituzionale, sentenza del 22 novembre 2007, n. 349 dd del 24 ottobre 2007

Illegittimità costituzionale dell’art 5-bis, comma 7-bis, del decreto legge 11 luglio 1992, n. 333 (Misure urgenti per il risanamento della finanza pubblica), convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1992, n. 359, introdotto nell’art. 3, comma 65, della legge 23 dicembre 1996, n. 662 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica)

Corte Costituzionale, sentenza del 22 novembre 2007, n. 349. Depositata il 24 ottobre 2007. Pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 31 ottobre 2007.

Titolo Costituzione ed intervento nel giudizio incidentale – Intervento di soggetti che non rivestono la qualità parte nei giudizi ‘a quibus’ – Insussistenza di un interesse qualificato – Inammissibilità degli interventi.
Testo Poiché al giudizio di legittimità costituzionale (oltre al Presidente del Consiglio dei ministri e, nel caso di legge regionale, al Presidente della Giunta regionale) possono partecipare solo le parti del giudizio principale e la deroga è consentita solo «a favore di soggetti titolari di un interesse qualificato, immediatamente inerente al rapporto sostanziale dedotto in giudizio», nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 5- bis , comma 7- bis , d.l. 11 luglio 1992 n. 333, convertito, con modificazioni, in legge 8 agosto 1992 n. 359 – comma aggiunto dall’art. 3, comma 65, legge 23 dicembre 1996 n. 662 -, è inammissibile l’intervento di un soggetto che non essendo parte nel giudizio principale, non sia neanche titolare di un interesse giuridicamente qualificato suscettibile di essere pregiudicato immediatamente ed irrimediabilmente dall’eventuale pronuncia di accoglimento della Corte costituzionale. – Sulle condizioni di ammissibilità nel giudizio incidentale di legittimità costituzionale di soggetti che non siano parti del giudizio principale, v., citate, ordinanza letta all’udienza del 21 giugno 2005, allegata alla sentenza n. 345/2005; ordinanza letta all’udienza del 6 giugno 2006, allegata alla sentenza n. 279/2006; ordinanza n. 251/2002.

Titolo Costituzione ed intervento nel giudizio incidentale – Costituzione delle parti del giudizio ‘a quo’ effettuata tardivamente – Inammissibilità.
Testo Nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 5- bis , comma 7- bis , d.l. 11 luglio 1992 n. 333, convertito, con modificazioni, in legge 8 agosto 1992, n. 359 – comma aggiunto dall’art. 3, comma 65, legge 23 dicembre 1996, n. 662 -, è inammissibile la costituzione delle parti avvenuta oltre il termine stabilito dall’art. 25 legge 11 marzo 1953, n. 87, computato secondo quanto previsto dagli artt. 3 e 4 delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale, da ritenersi perentorio. – Sull’inammissibilità della costituzione nel giudizio di legittimità costituzionale effettuata oltre il prescritto termine, v. la citata sentenza n. 190/2006.
Altri parametri e norme interposte
legge  11/03/1953  n. 87  art. 25
norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale (16/3/1956 e s.m.)  art. 3
norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale (16/3/1956 e s.m.)  art. 4

Titolo Questione incidentale di legittimità costituzionale – Oggetto – Norma abrogata – Motivazione non implausibile sulla applicabilità nel giudizio ‘a quo’ – Ammissibilità della questione.
Testo Le ordinanze di rimessione con le quali è stata sollevata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 5- bis , comma 7- bis , d.l. 11 luglio 1992, n. 333, convertito, con modificazioni, in legge 8 agosto 1992 n. 359 – comma aggiunto dall’art. 3, comma 65, legge 23 dicembre 1996, n. 662 -, contengono una motivazione non implausibile in ordine alle ragioni dell’applicabilità, in entrambi i giudizi, della norma censurata, anche a seguito della emanazione del d.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, nonché sulla circostanza che gli stessi hanno ad oggetto una fattispecie di occupazione acquisitiva, disciplinata appunto da detta norma.
Atti oggetto del giudizio
decreto legge  11/07/1992  n. 333  art. 5  bis  co. 7
legge  08/08/1992  n. 359
decreto legge  11/07/1992  n. 333  art. 5  bis  co. 7
legge  23/12/1996  n. 662  art. 3  co. 65
decreto del Presidente della Repubblica  08/06/2001  n. 327  art. 58  co. 65

Titolo Questione incidentale di legittimità costituzionale – Oggetto – Interpretazione risultante dal principio di diritto enunciato dalla Corte di cassazione – Ammissibilità della questione.
Testo La questione di legittimità costituzionale può avere ad oggetto anche l’interpretazione risultante dal «principio di diritto» enunciato dalla Corte di cassazione (che vincola questa stessa nel giudizio di impugnazione della sentenza pronunciata in sede di rinvio), in quanto il regime delle preclusioni proprio del giudizio di rinvio non impedisce di censurare la norma dalla quale detto principio è stato tratto. – Sull’ammissibilità di questioni concernenti il principio di diritto affermato dalla Corte di cassazione, v. le citate sentenze nn. 138/1993, 257/1994, 58/1995, 78/2007, nonché la citata ordinanza n. 501/2000.
Atti oggetto del giudizio
decreto legge  11/07/1992  n. 333  art. 5  bis  co. 7
legge  08/08/1992  n. 359
decreto legge  11/07/1992  n. 333  art. 5  bis  co. 7
legge  23/12/1996  n. 662  art. 3  co. 65

Questione incidentale di legittimità costituzionale – ‘Thema decidendum’ – Identificazione in base alla sola ordinanza di rimessione – Impossibilità di prendere in considerazione le censure svolte dalle parti del giudizio principale.
Testo Le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 5- bis , comma 7- bis , d.l. 11 luglio 1992 n. 333, convertito, con modificazioni, in legge 8 agosto 1992, n. 359 – comma aggiunto dall’art. 3, comma 65, legge 23 dicembre 1996, n. 662 -, vanno esaminate entro i limiti del thema decidendum individuato dalle ordinanze di rimessione, non potendo essere prese in considerazione le censure svolte dalle parti del giudizio principale, con riferimento a parametri costituzionali ed a profili non evocati dal giudice a quo . – Sulla limitazione del thema decidendum alle sole censure proposte dal giudice a quo , v. le citate sentenze nn. 234 e 310/2006.
Atti oggetto del giudizio
decreto legge  11/07/1992  n. 333  art. 5  bis  co. 7
legge  08/08/1992  n. 359
decreto legge  11/07/1992  n. 333  art. 5  bis  co. 7
legge  23/12/1996  n. 662  art. 3  co. 65

Titolo Trattati e convenzioni internazionali – Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU) – Riconducibilità all’ambito di operatività degli artt. 10 e 11 Cost. – Esclusione.
Testo In mancanza di una specifica previsione costituzionale, le disposizioni della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), rese esecutive nell’ordinamento interno con legge ordinaria, ne acquistano il rango e quindi non si collocano a livello costituzionale, dovendosi altresì escludere che esse possano avere diretta efficacia nell’ordinamento interno in forza dell’art. 10, primo comma, Cost., il quale sancisce l’adeguamento automatico dell’ordinamento interno alle norme di diritto internazionale generalmente riconosciute e concerne esclusivamente i princìpi generali e le norme di carattere consuetudinario, ma non comprende le norme contenute in accordi internazionali che non riproducano princìpi o norme consuetudinarie del diritto internazionale; ovvero dell’art. 10, secondo comma, Cost., il quale fa riferimento a ben identificati accordi, concernenti la condizione giuridica dello straniero, ovvero ancora in forza dell’art. 11 Cost., non essendo individuabile, con riferimento alle specifiche norme convenzionali CEDU, alcuna limitazione della sovranità nazionale e non potendosi considerare i diritti fondamentali una “materia” in relazione alla quale sia allo stato ipotizzabile, oltre che un’attribuzione di competenza limitata all’interpretazione della Convenzione, anche una cessione di sovranità – Sull’ambito di applicabilità dell’art. 10, promo comma, Cost., v. le citate sentenze n. 168/1994, 15/1996, 73/2001. – Sulla portata dell’art. 11 Cost., v. le citate sentenze nn. 170/1984 e 284/2007. – Sulla collocazione nell’ordinamento interno delle norme della CEDU, v. le citate sentenze nn. 388/1999, 315/1990, 188/1980, nonché la citata ordinanza n. 464/2005. – Sull’esclusione delle norme meramente convenzionali dall’ambito di operatività dell’art. 10, primo comma, con esplicito riferimento alle norme della CEDU, v. le citate sentenze nn. 168/1994, 288/1997 e 224/2005. – Sull’inapplicabilità dell’art. 10, secondo comma, Cost. con riferimento alle norme della CEDU, v. le citate sentenze nn. 120/1967 e 125/1977. – Sull’inapplicabilità dell’art. 11 Cost. con riferimento alle norme della CEDU, v. la citata sentenza n. 188/1980.
Parametri costituzionali
Costituzione  art. 10  co. 1
Costituzione  art. 10  co. 2
Costituzione  art. 11
Altri parametri e norme interposte
convenzione europea dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (Roma 04/11/1950)
legge  04/08/1955  n. 848

Titolo Trattati e convenzioni internazionali – Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU) – Qualificazione dei diritti fondamentali oggetto di disposizioni della CEDU come principi generali dell’ordinamento comunitario – Rilevanza ai fini della diretta applicabilità di dette disposizioni nell’ordinamento interno – Esclusione – Fondamento.
Testo L’applicabilità delle disposizioni della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU) nell’ordinamento interno non può trovare fondamento neanche in via indiretta nell’art. 11 Cost., per effetto della qualificazione, da parte della Corte di giustizia della Comunità europea, dei diritti fondamentali oggetto di disposizioni della CEDU come princìpi generali del diritto comunitario, e ciò in quanto: a) il Consiglio d’Europa, cui afferiscono il sistema di tutela dei diritti dell’uomo disciplinato dalla CEDU e l’attività interpretativa di quest’ultima da parte della Corte dei diritti dell’uomo di Strasburgo, è una realtà giuridica, funzionale e istituzionale, distinta dalla Comunità europea creata con i Trattati di Roma del 1957 e dall’Unione europea oggetto del Trattato di Maastricht del 1992; b) se è vero che i diritti fondamentali fanno parte integrante dei princìpi generali del diritto comunitario di cui il giudice comunitario assicura il rispetto, ispirandosi alle tradizioni costituzionali comuni degli Stati membri ed in particolare alla Convenzione di Roma, tuttavia tali princìpi rilevano esclusivamente rispetto a fattispecie alle quali tale diritto sia applicabile; c) il rapporto tra la CEDU e gli ordinamenti giuridici degli Stati membri è un rapporto variamente ma saldamente disciplinato da ciascun ordinamento nazionale. Né la eventuale incompatibilità della norma interna con la norma della CEDU può trovare rimedio nella semplice non applicazione da parte del giudice comune, in quanto, allo stato, nessun elemento relativo alla struttura e agli obiettivi della CEDU ovvero ai caratteri di determinate norme consente di ritenere che la posizione giuridica dei singoli possa esserne direttamente e immediatamente tributaria, indipendentemente dal diaframma normativo dei rispettivi Stati di appartenenza, fino al punto da consentire al giudice la non applicazione della norma interna confliggente, dovendosi anzi rilevare che le stesse sentenze della Corte di Strasburgo, anche quando è il singolo ad attivare il controllo giurisdizionale nei confronti del proprio Stato di appartenenza, si rivolgono allo Stato membro legislatore e da questo pretendono un determinato comportamento (sentt. nn. 393 del 2006) (8). – Sulla collocazione delle norme della CEDU allo stesso livello della legge ordinaria di autorizzazione alla ratifica della Convenzione, v. le citate sentenze nn. 1/1961, 98/1965, 7 e 120/1967, 123/1970, 315/1990, 505/1995, 310/1996, 288/1997, 399/1998, 342, 388/1999, 376/2000, 445/2002, 29/2003, 154 e 231/2004, 299/2005; ordinanza n. 305/2001. – Sulla qualificazione delle medesime norme come “fonte riconducibile a una competenza atipica”, v. la citata sentenza n. 10/1993.
Parametri costituzionali
Costituzione  art. 11
Altri parametri e norme interposte
convenzione europea dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (Roma 04/11/1950)
legge  04/08/1955  n. 848

Titolo Costituzione e leggi costituzionali – Potestà legislativa – Limite del rispetto dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali (art. 117, primo comma, Cost.) – Obblighi derivanti dalla Convenzione europea per i diritti dell’uomo (CEDU) – Eventuale contrasto di norma interna con la norma internazionale – Disapplicazione della norma interna da parte del giudice comune – Esclusione – Impossibilità di interpretare la norma interna in modo conforme alla disposizione internazionale – Proposizione di questione di legittimità costituzionale in riferimento all’art. 117, primo comma, Cost. – Necessità.
Testo In base all’art. 117, primo comma, Cost., come modificato dall’art. 2 l. cost. 18 ottobre 2001 n. 3, non può attribuirsi rango costituzionale alle norme contenute in accordi internazionali, oggetto di una legge ordinaria di adattamento, derivando dallo stesso l’obbligo del legislatore ordinario di rispettare le norme poste dai trattati e dalle convenzioni internazionali – e tra queste la Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), alla quale deve riconoscersi una peculiare rilevanza in considerazione del suo contenuto -, con la conseguenza che la norma nazionale incompatibile con la norma della CEDU, e dunque con gli “obblighi internazionali” di cui all’art. 117, primo comma, viola per ciò stesso tale parametro costituzionale, che realizza un rinvio mobile alla norma convenzionale di volta in volta conferente, la quale dà vita e contenuto a quegli obblighi internazionali genericamente evocati. Ne consegue che al giudice comune spetta interpretare la norma interna in modo conforme alla disposizione internazionale, entro i limiti nei quali ciò sia permesso dai testi delle norme e qualora ciò non sia possibile, ovvero qualora dubiti della compatibilità della norma interna con la disposizione convenzionale ‘interposta’, proporre la relativa questione di legittimità costituzionale rispetto al parametro dell’art. 117, primo comma, Cost. – Per l’affermazione, prima della modifica apportata all’art. 117, primo comma, Cost. dalla legge cost. n. 3 del 2001, che la violazione di obblighi internazionali derivanti da norme di natura convenzionale non contemplate dagli artt. 10 e 11 Cost. da parte di leggi interne comportava l’incostituzionalità delle medesime solo con riferimento alla violazione diretta di norme costituzionali, v. la citata sentenza n. 223/1996.
Parametri costituzionali
Costituzione  art. 117  co. 1

Titolo Costituzione e leggi costituzionali – Potestà legislativa – Limite del rispetto dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali (art. 117, primo comma, Cost.) – Obblighi internazionali derivanti dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU) – Obbligo di adeguamento dell’ordinamento interno alle norme della Convenzione nella interpretazione ad essa data dalla Corte europea per i diritti dell’uomo – Sussistenza – Limite dell’accertamento della conformità a Costituzione delle norme pattizie integrative del parametro costituzionale – Fondamento.
Testo Premesso che la Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU) presenta, rispetto alla generalità degli accordi internazionali, la peculiarità consistente in ciò che, pur essendo l’applicazione e l’interpretazione del sistema di norme da essa previsto attribuite in prima battuta ai giudici degli Stati membri, la definitiva uniformità di applicazione è invece garantita dall’interpretazione centralizzata della CEDU attribuita alla Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo, cui spetta la parola ultima e la cui competenza «si estende a tutte le questioni concernenti l’interpretazione e l’applicazione della Convenzione e dei suoi protocolli che siano sottoposte ad essa nelle condizioni previste» dalla medesima, il giudice comune deve interpretare la norma interna in modo conforme alla disposizione internazionale, entro i limiti nei quali ciò sia permesso dai testi delle norme e, qualora ciò non sia possibile, ovvero dubiti della compatibilità della norma interna con la disposizione convenzionale ‘interposta’, deve proporre la relativa questione di legittimità costituzionale rispetto al parametro dell’art. 117, primo comma, Cost. In tal caso, la Corte costituzionale, deve accertare la sussistenza del denunciato contrasto e, in caso affermativo, verificare se le stesse norme CEDU, nell’interpretazione data dalla Corte di Strasburgo, garantiscono una tutela dei diritti fondamentali almeno equivalente al livello garantito dalla Costituzione italiana, senza che ciò comporti un sindacato sull’interpretazione della norma CEDU operata dalla Corte di Strasburgo, ma solo verificando la compatibilità della norma CEDU, nell’interpretazione del giudice cui tale compito è stato espressamente attribuito dagli Stati membri, con le pertinenti norme della Costituzione, così risultando realizzato un corretto bilanciamento tra l’esigenza di garantire il rispetto degli obblighi internazionali voluto dalla Costituzione e quella di evitare che ciò possa comportare per altro verso un vulnus alla Costituzione stessa.
Parametri costituzionali
Costituzione  art. 117  co. 1
Altri parametri e norme interposte
convenzione europea dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (Roma 04/11/1950)
legge  04/08/1955  n. 848  art. 32  paragrafo 1

Titolo Espropriazione per pubblica utilità – Occupazioni appropriative intervenute anteriormente al 30 settembre 1996 – Criteri di liquidazione del danno in misura ridotta rispetto al valore venale degli immobili – Applicabilità ai procedimenti in corso – Intervenuta pronuncia della Corte europea dei diritti dell’uomo di accertamento della violazione dell’art. 1 del primo protocollo CEDU – Violazione degli obblighi internazionali derivanti dalla CEDU, non incompatibili con l’ordinamento costituzionale – Necessità che il danno in caso di occupazione appropriativa coincida con il valore di mercato del bene occupato – Criterio vigente non rispondente a tale necessità – Illegittimità costituzionale – Assorbimento di ulteriori censure.
Testo E’ costituzionalmente illegittimo l’art. 5- bis , comma 7- bis , d.l. 11 luglio 1992 n. 333, convertito, con modificazioni, in legge 8 agosto 1992 n. 359, introdotto dall’art. 3, comma 65, legge 23 dicembre 1996 n. 662. Premesso che i giudici a quibus non pongono il problema della compatibilità dell’istituto dell’occupazione acquisitiva in quanto tale con l’art. 1 del Protocollo addizionale della CEDU, nell’interpretazione offertane dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, ma censurano la norma denunciata esclusivamente nella parte in cui ne disciplina la ricaduta patrimoniale e premesso altresì che nella giurisprudenza della Corte europea è ormai costante l’affermazione secondo la quale il risarcimento del danno deve essere integrale e comprensivo di rivalutazione monetaria a far tempo dal provvedimento illegittimo e la liquidazione del danno per l’occupazione acquisitiva stabilita in misura superiore a quella stabilita per l’indennità di espropriazione, ma in una percentuale non apprezzabilmente significativa, non permette di escludere la violazione del diritto di proprietà, così come è garantito dalla norma convenzionale, la norma censurata, la quale dispone che «In caso di occupazioni illegittime di suoli per causa di pubblica utilità, intervenute anteriormente al 30 settembre 1996, si applicano, per la liquidazione del danno, i criteri di determinazione dell’indennità di cui al comma 1, con esclusione della riduzione del 40 per cento. In tal caso l’importo del risarcimento è altresì aumentato del 10 per cento. Le disposizioni di cui al presente comma si applicano anche ai procedimenti in corso non definiti con sentenza passata in giudicato», non prevedendo un ristoro integrale del danno subito per effetto dell’occupazione acquisitiva da parte della pubblica amministrazione, corrispondente al valore di mercato del bene occupato, si pone in contrasto con gli obblighi internazionali sanciti dall’art. 1 del Protocollo addizionale alla CEDU, il quale non è in contrasto con le conferenti norme della Costituzione italiana, e per ciò stesso viola l’art. 117, primo comma, della Costituzione. – Sul risarcimento del danno conseguente da occupazione acquisitiva, v. le citate sentenze nn. 384/1990, 486/1991, 188/1995, 369/1996, 148/1999, 24/2000; nonché la citata ordinanza n. 542/1990.
Atti oggetto del giudizio
decreto legge  11/07/1992  n. 333  art. 5  bis  co. 7
legge  08/08/1992  n. 359
decreto legge  11/07/1992  n. 333  art. 5  bis  co. 7
legge  23/12/1996  n. 662  art. 3  co. 65
Parametri costituzionali
Costituzione  art. 117  co. 1
Costituzione  art. 111
Altri parametri e norme interposte
convenzione europea dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (Roma 04/11/1950)
legge  04/08/1955  n. 848
protocollo alla Convenzione diritti dell’uomo  art. 1

 

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