Corte di Cassazione, sezione IV Civile, sentenza del 10 luglio 2014, n. 15781

Il riconoscimento del diritto ad ottenere lo status di rifugiato politico, o la misura più gradata della protezione sussidiaria, non può essere escluso, nel nostro ordinamento, in virtù della ragionevole possibilità del richiedente di trasferirsi in altra zona del territorio del paese d’origine, ove egli non abbia fondati motivi di temere di essere perseguitato o non corra rischi effettivi di subire danni gravi, atteso che tale condizione, contenuta nell’art. 8 direttiva 2004/83/CE, non è stata trasposta nel d.lgs. 19 novembre 2007, n. 251, essendo una facoltà rimessa agli stati membri inserirla nell’atto normativo di attuazione della direttiva (Cass. 2294/2012)

 

Premesso

Che nella relazione ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. si legge quanto segue:
“1. – Il sig. N.F. senegalese, ricorse il 19 aprile 2012 al Tribunale di Napoli avverso il diniego di riconoscimento della protezione internazionale da parte della competente Commissione territoriale. Il Tribunale respinse il ricorso e la Corte della stessa città ha poi respinto l’appello del soccombente.
La Corte, premesso che l’appellante richiedeva protezione in quanto temeva la vendetta dei secessionisti della regione senegalese di Casamance, in cui viveva, i quali avevano già sterminato la sua famiglia perché suo padre aveva collaborato con le autorità governative, ha osservato che, anche ammettendo che l’appellante avesse raccontato la verità, lo status di rifugiato non poteva essergli riconosciuto sia perché (a) i fatti di persecuzione allegati erano risalenti nel tempo, essendo stata la sua famiglia sterminata nel 1997, allorché egli, appena undicenne, era riuscito a fuggire dal proprio paese riparando prima in Gambia, poi in Libia e infine, nel 2011, in Italia; sia perché (b) l’appellante ben avrebbe potuto sottrarsi alla persecuzione trasferendosi in altra zona del Senegai. Per questa seconda ragione non poteva essergli riconosciuta neppure la protezione sussidiaria.
Il sig. F.N. ha presentato ricorso per cassazione articolando tre motivi di censura, cui non ha resistito l’amministrazione intimata.
2. – I tre motivi di ricorso, da esaminare congiuntamente in quanto connessi e parzialmente ripetitivi, sono fondati nei limiti che seguono.
Quanto al riconoscimento dello status di rifugiato, va osservato che la prima delle due rationes decidenti della sentenza impugnata non è stata attinta da ammissibili censure da parte del ricorrente. Infatti, nella pur lunga esposizione dei motivi di ricorso, l’unica pertinente critica rivolta alla ratio di cui si tratta – la quale si sostanzia, come si è visto, nell’accertamento in fatto della inattualità della minaccia denunciata dal ricorrente – consiste nell’affermazione della irrilevanza causale del carattere remoto dei fatti narrati se non accompagnato “da altra e ben più approfondita istruttoria, tale da denotare un’effettiva assenza di alcun concreto pericolo di vita in caso di rimpatrio nel Paese di origine” (v. secondo motivo di ricorso): critica inammissibile non potendo affatto negarsi che il carattere remoto dei fatti causativi del pericolo possa incidere in qualche misura sull’attualità del pericolo stesso, restando semmai da valutare il livello di probabilità di tale inferenza, che però è compito esclusivo del giudice di merito.
Essendo inammissibile la critica della prima delle due rationes decidendi, non occorre esaminare, ai fini del riconoscimento dello status di rifugiato, la critica rivolta alla seconda.

Tale critica, però, riacquista rilevanza allorché la si riferisca alla subordinata domanda di riconoscimento della protezione sussidiaria, il cui rigetto è basato esclusivamente su tale ratio, ossia sulla possibilità per il richiedente protezione di trasferirsi in altra regione del suo paese ove non si presenti la dedotta minaccia. La critica, a tal riguardo, oltre che ammissibile è altresì fondata, alla luce della giurisprudenza di questa Corte secondo cui il riconoscimento del diritto ad ottenere lo status di rifugiato politico, o la misura più gradata della protezione sussidiaria, non può essere escluso, nel nostro ordinamento, in virtù della ragionevole possibilità del richiedente di trasferirsi in altra zona del territorio del paese d’origine, ove egli non abbia fondati motivi di temere di essere perseguitato o non corra rischi effettivi di subire danni gravi, atteso che tale condizione, contenuta nell’art. 8 direttiva 2004/83/CE, non è stata trasposta nel d.lgs. 19 novembre 2007, n. 251, essendo una facoltà rimessa agli stati membri inserirla nell’atto normativo di attuazione della direttiva (Cass. 2294/2012)”;
che detta relazione è stata notificata all’avvocato della parte costituita e comunicata al P.M.;
che non sono state depositate memorie o conclusioni scritte; che il Collegio condivide le considerazioni svolte nella relazione; che pertanto il ricorso va accolto nei sensi di cui alle medesime e la sentenza impugnata va cassata con rinvio al giudice indicato in ì dispositivo, il quale si atterrà al principio di diritto enunciato nel capoverso finale della relazione sopra trascritta e provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata in relazione alla censura accolta e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’appello di Napoli in diversa composizione.