Corte di Cassazione, Ordinanza del 28 maggio 2014, n. 12006

Il ricorso contro il decreto di espulsione per richiesta di rinnovo del permesso di soggiorno per motivi familiari presentata oltre  60 giorni dalla scadenza viene ritenuto fondato dovendo ritenersi l’interpretazione recepita dal giudice di pace in contrasto con la clausola di salvaguardia della coesione familiare contenuta nell’art. 5, quinto comma del d.lgs. n. 286 del 1998, così come novellato dal d.lgs. n. 5 del 2007, che trova applicazione in materia di ricongiungimento familiare con riferimento all’art. 29 del d.lgs. n. 286 del 1998 in favore degli stranieri che abbiano esercitato il diritto al ricongiungimento o dei loro familiari ricongiunti che chiedano il relativo titolo (cfr. Cass. civ. Sez. 1, n. 20838 del 7 ottobre 2010)

1. A.E., nato a Old Salem (Marocco) il —-, ha impugnato il decreto di espulsione emesso dal Prefetto di Padova, il 29 novembre 2012, ai sensi dell’art. 13 comma 2 lett. b) del d.lgs. n. 286/1998, per aver omesso di richiedere il rinnovo del permesso di soggiorno, rilasciato per motivi familiari, nel termine di 60 giorni dalla scadenza, intervenuta il 17 febbraio 2012, senza che la mancata richiesta fosse dipesa da cause di forza maggiore.

2. Ha dedotto il ricorrente che il decreto di espulsione non riportava alcun riferimento alla situazione personale e familiare del ricorrente regolarmente soggiornante in Italia con la propria famiglia sin dal 2003 a seguito di ricongiungimento familiare con il padre lavoratore dipendente della s.a.s. O.

Nel ricorso veniva altresì evidenziata l’illegittimità del decreto di espulsione sotto il profilo della violazione degli artt. 2 e 10 bis della legge n. 241/1990 e degli artt. 5, comma 5, e 13 comma 2 lettera b) in quanto il decreto di espulsione era stato emanato prima che si concludesse il procedimento amministrativo relativo all’istanza presentata nel settembre 2012 con la quale si era spiegato che il ritardo nella presentazione della domanda di rinnovo del permesso di soggiorno era dipeso dai tempi di rinnovo del passaporto.

3. Si è costituita l’Amministrazione chiedendo il rigetto dell’impugnazione.

4. Il Giudice di pace di Padova ha respinto l’impugnazione ritenendo insussistenti eventuali ragioni, derivanti da principi enunciati in ambito sovranazionale, per la disapplicazione di norme di diritto interno in materia di immigrazione clandestina e di ordine pubblico. Il Giudice di pace ha anche rilevato che la richiesta di autorizzazione alla proposizione della domanda di rinnovo del permesso di soggiorno era stata legittimamente respinta dalla p.a., che l’aveva implicitamente qualificata come richiesta di proroga del termine di legge, in assenza di cause di forza maggiore.

5. Contro la decisione del Giudice di pace ricorre per cassazione A.E. deducendo: a) violazione e falsa applicazione dell’art. 13 comma 2 bis del decreto legislativo n. 286/1998 nonché dell’art. 8 della C.E.D.U.; b) omesso esame circa un fatto decisivo che è stato oggetto di discussione tra le parti.

Ritenuto che:

6. Il ricorso è fondato dovendo ritenersi l’interpretazione recepita dal giudice di pace in contrasto con la clausola di salvaguardia della coesione familiare contenuta nell’art. 5, quinto comma del d.lgs. n. 286 del 1998, così come novellato dal d.lgs. n. 5 del 2007, che trova applicazione in materia di ricongiungimento familiare con riferimento all’art. 29 del d.lgs. n. 286 del 1998 in favore degli stranieri che abbiano esercitato il diritto al ricongiungimento o dei loro familiari ricongiunti che chiedano il relativo titolo (cfr. Cass. civ. Sez. 1, n. 20838 del 7 ottobre 2010).

7. Sussistono pertanto i presupposti per la trattazione della controversia in camera di consiglio e se l’impostazione della presente relazione verrà condivisa dal Collegio per l’accoglimento del ricorso.

La Corte condivide tale relazione – non contenendo il decreto di espulsione alcun riferimento alle ragioni per cui non è stata presa in considerazione la situazione familiare legittimante l’applicazione della clausola di salvaguardia – e pertanto ritiene che il ricorso vada accolto con conseguente cassazione dell’ordinanza del Giudice di pace di Padova e annullamento del decreto di espulsione n. 57589/12- B/2010/imm. emesso il 27 dicembre 2012 dal Prefetto di Padova nei confronti di A.E.; si rileva l’inapplicabilità alla controversia dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002;

 

P.Q.M.

 

Accoglie il ricorso, cassa senza rinvio l’ordinanza impugnata e annulla il decreto di espulsione n. 57589/12-B/2010/imm. emesso il 27 dicembre 2012 dal Prefetto di Padova nei confronti di A.E.

Condanna l’Amministrazione intimata al pagamento delle spese del giudizio di cassazione liquidate in 1.300 euro di cui 100 euro per esborsi, oltre spese forfettarie e accessori di legge.