Consiglio di Stato, parere del 21 novembre 2017

In tema di concessione della cittadinanza italiana il termine per l’emanazione di un provvedimento negativo sulla relativa istanza, si applica solo alla richiesta formulata dal coniuge di un cittadino italiano, non alle diverse ipotesi di cui all’art. 9 della medesima legge.

Consiglio di Stato, parere del 21 novembre 2017


Numero 02430/2017 e data 21/11/2017 Spedizione

REPUBBLICA ITALIANA

Consiglio di Stato

Sezione Prima

Adunanza di Sezione del 11 ottobre 2017

NUMERO AFFARE 01340/2017

OGGETTO:Ministero dell’interno.Ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, con istanza di sospensiva, proposto dalla signoraxxx, nata a Roma il …, per l’annullamento del decreto del Ministro dell’Interno 29 settembre 2010 n. K10…, di diniego della cittadinanza italiana.

LA SEZIONE

Vista la relazione del 30 giugno 2017 trasmessa con nota del 13 luglio 2017 n. 6260, con la quale il Ministero dell’interno, dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione, ha chiesto il parere del Consiglio di Stato sul ricorso;

visto il ricorso, datato 25 febbraio 2011 e notificato al ministero il 28 febbraio 2011;

esaminati gli atti e udito il relatore, consigliere Antimo Prosperi.

 

Premesso.

La signora xxx il 31 agosto 2004 ha presentato istanza di concessione della cittadinanza italiana ai sensi dell’art. 9, comma 1, lettera f) della legge 5 febbraio 1992 n. 91.

Il 17 aprile 2009 il Ministero dell’Interno le ha notificato un preavviso di diniego della cittadinanza per carenza del requisito reddituale.

Con comunicazione del 28 aprile 2009, la signora xxx ha replicato contestando i motivi addotti dal Ministero a sostegno del diniego della cittadinanza.

Con decreto del 29 settembre 2010, n. K10…, il Ministero dell’interno ha respinto la domanda di cittadinanza per insussistenza delle “condizioni reddituali minime”.

La ricorrente ha impugnato il provvedimento perché è stato emanato oltre il termine perentorio, previsto dalla legge in materia, di due anni dalla data di presentazione dell’istanza di concessione della cittadinanza.

In secondo luogo, deduce l’illegittimità del provvedimento in quanto il Ministero si è pronunciato su documentazione fiscale ormai datata stante il lungo periodo di tempo intercorso. La ricorrente rappresenta di essere ancora a carico della madre, la quale è titolare di un’attività commerciale ben avviata, avendo dichiarato, nell’anno 2009, un reddito complessivo di 12.182,00 euro. Inoltre afferma di essere dal 27 maggio 2009, alle dipendenze della società xxx & C. s.a.s. con la qualifica di aiuto banchista a orario limitato e di avere dichiarato redditi, per l’anno 2009, per 8.791 euro, superando le condizioni reddituali minime previste dal decreto-legge n. 382/1989.

Il Ministero riferente ha rappresentato che:

– dalla documentazione prodotta dall’interessata è risultato che la stessa è a carico della madre, la quale ha percepito negli anni 2004, 2006 e 2007, rispettivamente redditi pari a euro 2.128,69, euro 1.313,00 ed euro 1.313,00;

– a seguito dell’invio del preavviso di rigetto, la ricorrente ha riscontrato la comunicazione senza fornire ulteriori utili elementi di valutazione;

– quanto alla censura concernente il superamento del termine biennale previsto dall’art. 8, comma 2, della legge n. 91/1992, per la definizione della domanda di cittadinanza, “detta norma trova applicazione esclusivamente nelle istanze per matrimonio”.

Il Ministero conclude per l’infondatezza del ricorso.

 

Considerato.

Ai fini della concessione della cittadinanza italiana occorre che il cittadino straniero dimostri di avere un reddito sufficiente al sostentamento proprio e dei soggetti a carico e di poter contribuire alla realizzazione delle finalità istituzionali e solidaristiche perseguite dallo Stato.

Con riferimento alla doglianza preliminare con la quale si contesta l’illegittimità del decreto di diniego poiché emanato oltre il termine perentorio previsto dalla legge in materia, occorre ribadire che “in tema di concessione della cittadinanza italiana, … il termine per l’emanazione di un provvedimento negativo sulla relativa istanza, di cui all’art. 8, comma 2, della legge 5 febbraio 1992, n. 91, in virtù del richiamo operato dal comma 1 del medesimo articolo agli artt. 6 e 7, si applica solo alla richiesta formulata dal coniuge di un cittadino italiano, non alle diverse ipotesi di cui all’art. 9 della medesima legge” (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 3 maggio 2010, n. 2499).

Nel merito si osserva che il Ministero ha emanato il provvedimento impugnato sulla base della documentazione disponibile allo stato, da cui risulta che la ricorrente è a carico della madre e che quest’ultima negli anni 2004, 2006 e 2007 ha percepito un reddito ben inferiore di quello considerato idoneo ad assicurare il proprio sostentamento e quello della famiglia, nonché a rispettare i doveri di solidarietà economica e sociale derivanti dall’appartenenza alla comunità nazionale.

In considerazione di quanto sopra, il decreto risulta adottato in conformità ai princìpi della normativa in materia e il procedimento si è svolto nel rispetto dell’art. 10-bis della legge n. 241/1990.

Il ricorso va quindi respinto, senza preclusione per l’interessata di riproporre l’istanza per la concessione della cittadinanza sulla base di nuovi elementi comprovanti l’effettivo possesso dei requisiti di legge.

L’istanza di sospensione cautelare di efficacia dell’atto impugnato resta assorbita.

P.Q.M.

esprime il parere che il ricorso debba essere respinto.

L’ESTENSORE Antimo Prosperi
IL PRESIDENTE Raffaele Carboni