Con sentenza n. 67 del 22 aprile 2024, la Corte costituzionale ha dichiarato incostituzionale il requisito di residenza quinquennale nel territorio regionale previsto dalla L. Regione Veneto n. 39 del 2017 per accedere alle graduatorie per l’edilizia residenziale pubblica.
La vicenda nasce nel 2022, quando il Comune di Venezia aveva pubblicato un bando per l’accesso all’edilizia residenziale pubblica che, secondo quanto stabilito dalla normativa della Regione Veneto, prevedeva il requisito di “residenza anagrafica nel Veneto da almeno 5 anni, anche non consecutivi e calcolati negli ultimi 10″.
ASGI, Razzismo Stop Onlus, SUNIA – Federazione di Padova e un gruppo di cittadini stranieri (provenienti da Camerun, Nigeria e Venezuela) hanno presentato un ricorso presso il Tribunale di Padova, il quale, nel maggio 2023, ha dubitato della legittimità del requisito di residenza quinquennale e inviato gli atti alla Corte Costituzionale.
Con la sentenza di oggi (Red. Navarretta) la Corte conferma un orientamento ormai più che granitico (a partire dalla sentenza 44/2020 ribadito con le sentenze n. 145 e 77 del 2023), dando atto che l’accesso all’abitazione, in quanto “diritto sociale inviolabile“, non può prevedere criteri che esulino dallo stato di bisogno della persona. Per l’accesso alle case popolari è dunque irragionevole qualsiasi requisito di residenza pregressa, che nulla ha a che vedere con i bisogni del richiedente, che è “insensibile alla condizione di chi è costretto a muoversi proprio per effetto della sua condizione di fragilità economica”, e che nemmeno può essere un idoneo indicatore sul futuro radicamento nel territorio dell’interessato. Tale valutazione rimane valida, sottolinea la Corte, anche qualora, come nel caso della Regione Veneto, la legge diluisca il criterio nel tempo, prevedendo la possibilità di maturare il requisito di 5 anni di residenza anche nell’arco di 10 anni.
La Corte ha concluso dichiarando l’incostituzionalità della norma poiché prevedere “la residenza protratta nel territorio regionale quale criterio di accesso ai servizi dell’ERP equivale ad aggiungere agli ostacoli di fatto costituiti dal disagio economico e sociale un ulteriore e irragionevole ostacolo che allontana vieppiù le persone dal traguardo di conseguire una casa, tradendo l’ontologica destinazione sociale al soddisfacimento paritario del diritto all’abitazione della proprietà pubblica degli immobili ERP.”
Tale requisito andrà ora cancellato dalla legge regionale. Nel frattempo, i bandi che avevano escluso illegittimamente cittadini stranieri (e non) dovranno essere riaperti.
Ancora una volta le ragioni dell’uguaglianza superano l’irragionevole e ideologica esclusione di alcune categorie di soggetti meritevoli di aiuto, cui viene negato il fondamentale diritto alla casa senza alcuna logica.
Le associazioni invitano le Regioni che ancora presentano questa previsione (Piemonte e Umbria) a eliminarle senza attendere gli esiti dei giudizi in corso, ristabilendo così il principio secondo cui le politiche sociali devono avere come naturali destinatari le persone bisognose, indipendentemente dalla durata della residenza; ciò nell’interesse non solo dei cittadini stranieri (che hanno una mobilità interna più elevata degli italiani e sono quindi danneggiati da requisiti come questo) ma anche degli italiani la cui mobilità tra comuni e tra regioni dovrebbe essere favorita nell’interesse del dinamismo sociale e non ostacolata con l’esclusione dai diritti sociali.
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