Accesso della società civile alle zone di transito aeroportuali: il diniego della pubblica amministrazione

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Negato l’accesso ad ASGI nelle zone di transito aeroportuali . Secondo il Ministero dell’Interno non è applicabile la normativa sui centri per il rimpatrio perché non sono zone di trattenimento. Eppure è proprio in quelle zone che diversi cittadini stranieri sono stati trattenuti per molti giorni in attesa del volo di rimpatrio successivamente ad un respingimento immediato.

Le “zone di transito” degli aeroporti sono quelle aree che si trovano tra il punto di atterraggio dell’aereo proveniente dall’estero e i controlli doganali. Da un punto di vista giuridico, tuttavia, manca una definizione specifica. L’istituzione di tali aree è finalizzata a consentire il transito di persone e merci nel territorio nazionale senza che sia necessario esperire le formalità per l’ingresso nel territorio. Con una finzione giuridica, gli Stati considerano l’area di transito non ancora territorio statale e quindi zona extraterritoriale.

I cittadini stranieri che, provenendo da un paese terzo, si presentano ai valichi di frontiera aeroportuali, sono normalmente sottoposti ai controlli finalizzati alla verifica dei requisiti per l’ingresso. A seguito di queste verifiche possono essere destinatari di provvedimenti di respingimento immediato, disposto in una ampia gamma di situazioni.

Le persone respinte alle frontiere aeroportuali si trovano costrette a rimanere nelle aree di sicurezza delle zone di transito fino a che la compagnia aerea con la quale sono arrivate in Italia non le riconduce nel paese di provenienza. In alcuni casi questa attesa può durare diversi giorni.

In questo periodo le persone sono trattenute in condizioni gravemente inadeguate e in assenza delle garanzie fondamentali riconosciute alle persone private della libertà personale. La detenzione avviene, infatti, in locali strutturalmente non idonei al trattenimento, isolati dal mondo esterno, senza accesso all’aria aperta, con scarse possibilità di consultare un legale, senza che sia emesso alcun ordine di detenzione e senza quindi che questo sia convalidato da un giudice. Si tratta di una privazione della libertà personale attuata in assenza di una base legale, di un termine massimo di trattenimento e di un controllo giurisdizionale della legittimità della detenzione, in condizioni inadeguate e in aperta violazione del dettato costituzionale[1].

ASGI ha quindi presentato una richiesta di accesso e visita presso la zona di transito dei valichi di frontiera aeroportuale di Milano Malpensa e Roma Fiumicino, inclusi i locali in uso da parte delle forze di polizia in cui permangono i cittadini stranieri in attesa di esecuzione del respingimento ai sensi dell’art. 10, c. 1, del D.lgs. n. 286/98 e i locali idonei di cui all’art. 13, c.5-bis, del D.lgs. n. 286/98.

In base alla normativa vigente, tra cui l’art. 6 c. 4 let. e) del regolamento Ministeriale 2014 sui centri per il rimpatrio (CPR ex CIE), gli enti titolari di interessi diffusi (come ASGI) hanno la possibilità di accesso a tali luoghi di ingresso e privazione della libertà personale previa autorizzazione delle autorità competenti.

La Direzione Centrale dell’Immigrazione e della Polizia delle Frontiere presso il Ministero dell’Interno ha rigettato la richiesta sostenendo che alle aree di transito non è applicabile la disciplina citata nella richiesta di accesso ed in particolare la normativa sui centri per il rimpatrio, laddove queste aree sono riservate ed in uso alle forze di polizia e non hanno finalità di trattenimento e privazione della libertà personale.

Contrariamente a questa interpretazione fornita dal Ministero dell’Interno, ASGI ritiene che i membri della società civile debbano essere autorizzati a fare accesso questi luoghi, i quali dovranno essere ridefiniti in base alla loro funzione sostanziale e normativa.

Non vi è dubbio, infatti, che all’interno delle zone di transito i cittadini stranieri siano trattenuti per molti giorni in attesa del volo di rimpatrio successivamente ad un respingimento immediato in una condizione del tutto equiparabile a quella del trattenimento e che in quegli stessi luoghi l’art. 13, c.5-bis, del D.lgs. n. 286/98 prevede che possano essere trattenuti anche i cittadini stranieri nei confronti dei quali debba essere eseguita una espulsione nei casi in cui non vi siano posti  nei centri per il trattenimento.

ASGI, pertanto, presenterà un ricorso avverso questo rigetto al fine di far dichiarare il diritto degli enti titolari di interessi diffusi di entrare in questi luoghi di privazione della libertà personale, in quanto agli stessi deve applicarsi la normativa prevista per gli altri luoghi di trattenimento e in materia di accesso ai valichi di frontiera dei rappresentati degli enti di tutela. 


[1] Per approfondimenti si veda https://inlimine.asgi.it/report-le-zone-di-transito-aeroportuali-come-luoghi-di-privazione-arbitraria-della-liberta-e-sospensione-del-diritto/.


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