Tribunale Amministrativo Regionale della Puglia, sentenza del 13 marzo – 6 maggio 2014 n. 1146 

Particolarmente quando ci si trova al cospetto di un cittadino straniero cd lungo soggiornante, ossia un cittadino che abbia vissuto a lungo in una condizione di regolarità nel territorio nazionale assoggettandosi puntualmente alle regole dell’ordinamento ospitante al punto tale da potersi presumere una sua piena integrazione nel tessuto socio economico di riferimento, l’’art.26, comma 7 bis del decreto legislativo 286/98 è stata declinata da una parte della giurisprudenza del Consiglio di Stato nel senso di esigere una preventiva valutazione in ordine alla pericolosità sociale del soggetto, la quale non può desumersi automaticamente dalla sussistenza di una condanna per alcuno dei reati colà contemplati.Il TAR Puglia ha aderito a questa opzione interpretativa, ritenendo che, pur in presenza di una condanna irrevocabile per alcuno dei reati contemplati in materia di tutela del diritto d’autore , la P.a. competente debba compiere un accertamento in merito alla pericolosità sociale attuale del cittadino extracomunitario.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia

Lecce – Sezione Seconda

ha pronunciato la presente
SENTENZA

ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 422 del 2014, proposto da:
—-, rappresentato e difeso dall’avv. Angelo Ventola, con domicilio eletto presso lo studio del predetto difensore in Lecce, viale Lo Re 6;
contro
Prefetto di Taranto, Ministero dell’Interno, Questura di Taranto, rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura Distrettuale Stato, domiciliata in Lecce, via F.Rubichi 23;
per l’annullamento
del decreto (prot. n. 21361/13/Area IV) emesso dal Prefetto di Taranto in data 25.11.2013, notificato in data 6.12.2013, con il quale si è disposto il rifiuto dell’istanza di annullamento del provvedimento n. CAT A11/2012/40/Imm. P.S. emesso dal Questore di Taranto in data 27.6.2012 di rigetto della domanda di rinnovo del permesso di soggiorno, per motivi di lavoro autonomo, adottato dal Questore di Taranto con l’invito a lasciare il territorio nazionale, nonchè di tutti gli atti connessi, presupposti e/o consequenziali.

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Prefetto di Taranto e di Ministero dell’Interno e di Questura di Taranto;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 13 marzo 2014 il dott. Carlo Dibello e uditi per le parti i difensori avv. V. Meleleo, in sostituzione dell’avv. A. Ventola, per il ricorrente e avv. dello Stato G. Matteo;
Sentite le stesse parti ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm.;

Il Prefetto della Provincia di Lecce ha respinto il ricorso gerarchico presentato dal cittadino extracomunitario —– avverso il provvedimento emesso dal Questore di Taranto in data 27 giugno 2012.
Con quest’ultimo atto amministrativo, l’autorità provinciale di P.s ha rigettato l’istanza di rinnovo del permesso di soggiorno per lavoro autonomo, precedentemente presentata dal —-, a causa di una condanna riportata dall’interessato per il rato di commercio di prodotti con segni falsi, di cui agli artt.81 e 474 del c.p.
La prefettura di Lecce ha successivamente respinto il ricorso gerarchico facendo leva, da un lato, sulla sussistenza della condanna sopra citata; per altro verso, richiamando la circostanza, già posta in evidenza dalla Questura di Taranto, dell’irreperibilità dell’extracomunitario nelle more del rinnovo del permesso di soggiorno, il quale “ha posto in essere un comportamento omissivo che non ha consentito all’Amministrazione di istruire e di definire la citata istanza, dimostrando disinteresse riguardo alla regolarizzazione della propria posizione amministrativa sul territorio nazionale che mal si concilia con la volontà di integrarsi nel contesto socio-economico del nostro paese”.
Il ricorso odierno muove dal rilievo che il rifiuto dell’istanza di rinnovo del permesso di soggiorno scaturisce da una mera applicazione automatica dell’art.26,comma 7 bis del d.l.vo 286/98, così come introdotto dall’art.21 della legge 189/02.
Si sostiene, altresì, che il decreto questorile è affetto da carenza di motivazione in quanto “non riporta i presupposti di fatto e di diritto utilizzati dall’Amministrazione a fondamento della propria decisione; esso scaturisce unicamente da un mero riscontro informatico senza che ne sia seguita alcuna ulteriore indagine”.
Nell’atto impugnato non sono elencati i fatti indicatori di una condotta di vita tale da suscitare allarme sociale nonché il fondato convincimento della pericolosità sociale del soggetto, con ciò venendo disatteso l’insegnamento della S.C di Cassazione che sancisce la possibilità di un controllo giurisdizionale dei provvedimenti di espulsione basato su accertamenti oggettivi di pericolosità e non già sulla scorta di presunzioni .
Altra ragione di censura consiste nel fatto che “ nei provvedimenti impugnati non si è tenuto in alcun conto né il fatto che il ricorrente sia presente da oltre otto anni sul territorio italiano, con pieno inserimento sia lavorativo che sociale, né delle istanze di rimessione in termini e di riabilitazione presso il Tribunale di Sorveglianza di Taranto presentata in data 10 gennaio 2014, la quale ultima costituisce sopravvenienza che il legislatore ha imposto di prendere in considerazione ben potendo culminare in un provvedimento di riabilitazione del condannato.
Ed ancora, il provvedimento assunto dagli uffici violerebbe gli art.4 e 5 del d.l.vo 286/98 che, pur ricollegando ad una condanna per uno dei reati contemplati l’effetto automatico del diniego di rinnovo del permesso di soggiorno, vengono costantemente interpretati dal Consiglio di Stato nel senso di esigere una stima in ordine alla pericolosità attuale del richiedente, se lungo soggiornante nel nostro Paese.
Le amministrazioni dello Stato si sono costituite in giudizio per resistere al ricorso del quale hanno chiesto il respingimento siccome infondato.
La controversia è passata in decisione alla camera di consiglio del 13 marzo 2014, nelle forme di cui all’art.60 del c.p.a.
L’art.26, comma 7 bis del decreto legislativo 286/98 stabilisce che “ La condanna con provvedimento irrevocabile per alcuno dei reati previsti dalle disposizioni del Titolo III, Capo III, Sezione II, della legge 22 aprile 1941, n. 633, e successive modificazioni, relativi alla tutela del diritto di autore, e dagli articoli 473 e 474 del codice penale comporta la revoca del permesso di soggiorno rilasciato allo straniero e l’espulsione del medesimo con accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica.”
La norma sopra citata, interpretata dalla P.a. alla stregua di una preclusione assoluta al protrarsi della permanenza del cittadino extracomunitario sul territorio nazionale in conseguenza di alcune condanne è, però, declinata da una parte della giurisprudenza del Consiglio di Stato nel senso di esigere una preventiva valutazione in ordine alla pericolosità sociale del soggetto, la quale non può desumersi automaticamente dalla sussistenza di una condanna per alcuno dei reati colà contemplati.
Il Collegio, che aderisce a quest’ultima opzione interpretativa, ritiene che, pur in presenza di una condanna irrevocabile per alcuno dei reati contemplati in materia di tutela del diritto d’autore , la P.a. competente debba compiere un accertamento in merito alla pericolosità sociale attuale del cittadino extracomunitario.
A questa conclusione si perviene particolarmente quando ci si trova, come nella specie, al cospetto di un extracomunitario cd lungo soggiornante, ossia un cittadino che abbia vissuto a lungo in una condizione di regolarità nel territorio nazionale assoggettandosi puntualmente alle regole dell’ordinamento ospitante al punto tale da potersi presumere una sua piena integrazione nel tessuto socio economico di riferimento.
Pertanto, la circostanza di avere riportato una condanna irrevocabile per alcuno dei reati previsti in materia di tutela del diritto d’autore non può innalzarsi a dignità di preclusione amministrativa assoluta ai fini del conseguimento di un titolo di soggiorno ma deve, al contrario, essere soppesata e ponderata unitamente ad elementi sintomatici dai quali possa effettivamente trarsi la convinzione che l’extracomunitario abbia deciso di recidere il patto di ottemperanza alle leggi dello Stato ospitante.
Questo è tanto più vero laddove si consideri che, nel caso concreto, il fatto per il quale il ricorrente ha riportato condanna nelle forme del decreto penale- poi divenuto irrevocabile- è stato posto in essere nel lontano 2008, con ogni conseguenza in termini di attenuazione del giudizio di disvalore connesso alla scelta di commettere un illecito.
Il provvedimento Prefettizio e, ancor più, quello questorile sono illegittimi perché non recano alcuna traccia di siffatta ponderazione comparativa essendo stati frutto, entrambi, di automatismo erroneamente ritenuto operante in applicazione dell’art.26,comma 7 bis del citato decreto legislativo.
In questo senso, il ricorso merita accoglimento.
Le spese di giudizio possono essere compensate in considerazione della natura della controversia.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Lecce – Sezione Seconda, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla i provvedimenti impugnati.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Lecce nella camera di consiglio del giorno 13 marzo 2014 con l’intervento dei magistrati:
Rosaria Trizzino, Presidente
Carlo Dibello, Consigliere, Estensore
Mario Gabriele Perpetuini, Referendario

L’ESTENSORE IL PRESIDENTE

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 06/05/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)