Tribunale Amministrativo Regionale della Lombardia, sentenza del 14 maggio – 5 giugno 2014, n. 1428

E’ illegittimo il provvedimento di revoca o diniego di rinnovo del permesso di soggiorno che, intervenendo su una situazione già consolidatasi, in relazione alla quale era maturato un certo affidamento, non ha preso in considerazione la situazione attuale della ricorrente, che lavora regolarmente, ed ha quindi dimostrato di sapersi integrare nella società italiana, al fine di effettuare una completa valutazione e comparazione degli interessi pubblici e privati coinvolti.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

(Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente
SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1266 del 2013, proposto da:
—-, rappresentata e difesa dall’avv. Roberto Dalla Bona, con domicilio eletto presso lo studio dell’Avv. Andrea Vitale in Milano, Corso Venezia, 36;
contro
Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore, Questura di Como, Prefettura di Milano, rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliata in Milano, Via Freguglia, 1;
per l’annullamento
del decreto del Questore della Provincia di Como del 14.2.2013, notificato all’interessata in data 25.3.2013, di rifiuto del rinnovo di permesso di soggiorno per motivi di studio, e di revoca del permesso di soggiorno stesso, nonché del provvedimento di conferma dell’atto di espulsione n. 10370/06 del 9.12.2006 del Prefetto di Milano.

Visti il ricorso ed i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno – Questura di Como;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 14 maggio 2014 il dott. Mauro Gatti e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO
Con il provvedimento impugnato nel presente giudizio l’Amministrazione ha rigettato la richiesta, inoltrata in data 13.7.2010, di rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di studio n. 36663BC, rilasciato in data 2.10.2009, in favore dell’attuale ricorrente, che è stato altresì contestualmente revocato.
L’Amministrazione si è costituita in giudizio, chiedendo il rigetto del ricorso, in rito e nel merito.
Con ordinanza n. 723/13 si è accolta la domanda cautelare.
All’udienza pubblica del 14.5.14 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
I provvedimenti impugnati nel presente giudizio sono fondati sull’esistenza di un precedente decreto di espulsione emesso dal Prefetto di Milano a carico della ricorrente, identificata come—, nata il 21.9.1982, e confermato dal Giudice di Pace di Milano, in quanto la stessa aveva fatto illegalmente ingresso nel territorio italiano.
Preliminarmente, il Collegio dà atto che la ricorrente non smentisce la predetta ricostruzione operata dall’Amministrazione, e pertanto di essere stata destinataria di un provvedimento di espulsione, sebbene riportante il nominativo di —-, e non di —-, come invece la stessa è stata identificata nel corso delle successive vicende, nell’ambito del presente giudizio.
Il primo motivo di ricorso, incentrato sulla violazione dei termini di cui all’art. 5 c. 9 D.Lgs. n. 286/98, è infondato, trattandosi pacificamente di termini ordinatori, il cui superamento non da luogo ad alcuna conseguenza sulla legittimità del provvedimento finale (T.A.R. Sardegna, Sez. II, 3.12.2012 n. 1087).
Nel secondo motivo la ricorrente evidenzia che, malgrado il predetto decreto di espulsione, nel periodo di permanenza sul territorio italiano, la stessa ha trovato un lavoro che le ha permesso di frequentare con profitto l’Università, ciò che avrebbe dovuto essere valutato dall’Amministrazione, ai fini del rilascio di un nuovo permesso.
Sul punto, il Collegio dà effettivamente atto che la ricorrente, al momento dell’instaurazione del presente giudizio, ha documentato di essere iscritta al Corso di Laurea Economia e Amministrazione delle Imprese, e di aver superato 14 esami, in alcuni casi conseguendo ottimi voti, comprovando altresì la percezione di redditi riferiti all’anno 2011, producendo il relativo CUD.
Il Collegio osserva che “in difetto di revoca di un precedente decreto di espulsione ancora efficace, il diniego di rilascio del permesso di soggiorno ha carattere vincolato, poiché l’art. 4 c. 6 e l’art. 5, c. 5, D.Lgs. 25.7.1998 n. 286 vanno coordinati con il successivo art. 13 c. 13 e con l’art. 19, D.P.R. n. 394/1999; se infatti lo straniero espulso non può rientrare in Italia per un determinato periodo di tempo, se non previa speciale autorizzazione del Ministro, non può il Questore rilasciare il titolo sulla base di valutazioni inerenti alla personalità o all’inserimento sociale del’interessato” (T.A.R. Campania Napoli, Sez. VI, 26.10.2011 n. 4966). Tuttavia, “l’esistenza di un decreto di espulsione per condizione di clandestinità sotto altro nominativo, non può costituire condizione da sola atta a sorreggere la motivazione di un diniego di rinnovo del permesso di soggiorno, ove manchino accertamenti più approfonditi sulla compatibilità dell’espulsione con le ragioni sopravvenute che hanno comportato, a suo tempo, il rilascio del titolo successivo all’ingresso e del primo rinnovo. In tali casi, in particolar modo qualora l’espulsione sia stata emessa in data risalente, l’amministrazione deve valutare e motivare, come in ogni procedimento di secondo grado, la persistenza di un interesse pubblico attuale che osti ad una positiva definizione dell’istanza, soprattutto ove si tenga conto che in ragione dei provvedimenti favorevoli poi intervenuti e del decorso del tempo, lo straniero ha acquisito una posizione soggettiva qualificata di affidamento e di aspettativa al rinnovo, specie in connessione alle ipotesi nelle quali ha consolidato la sua condizione lavorativa e di integrazione sociale (T.A.R. Lazio, Latina, Sez. I, 15.4.2009 n. 316). È pertanto illegittimo il provvedimento di revoca o diniego di rinnovo del permesso di soggiorno che, intervenendo su una situazione già consolidatasi, in relazione alla quale era maturato un certo affidamento, non ha preso in considerazione la situazione attuale della ricorrente, che lavora regolarmente, ed ha quindi dimostrato di sapersi integrare nella società italiana, al fine di effettuare una completa valutazione e comparazione degli interessi pubblici e privati coinvolti (T.A.R. Lazio, Roma, Sez. II, 7.11.2013 n. 9499, T.A.R. Friuli-Venezia Giulia, Sez. I, 25.10.2007 n. 691).
Nella fattispecie per cui è causa, il Collegio osserva che, malgrado il precedente provvedimento di espulsione, fin dal 2009 la ricorrente è regolarmente soggiornante in Italia, in forza di un regolare permesso di soggiorno, che le ha consentito di intraprendere con successo gli studi universitari, svolgendo contestualmente attività lavorativa, come sopra meglio evidenziato. Tale situazione ha inoltre indubbiamente creato un affidamento nella stessa ricorrente, che confidando nella stabilità del permesso di soggiorno rilasciato in suo favore, non ha intrapreso iniziative che le avrebbero consentito la permanenza in Italia in forza di altri titoli (ad es. nell’ambito della procedura di emersione L. 3.8.2009 n. 102).
Il provvedimento impugnato non ha tuttavia effettuato alcuna valutazione in ordine all’inserimento sociale della ricorrente, né sull’affidamento ingenerato nella stessa dal precedente titolo rilasciato in suo favore, essendo pertanto illegittimo, come già statuito dalla giurisprudenza citata in precedenza che si è pronunciata su casi analoghi a quello per cui è causa.
Infine, va altresì evidenziato che i provvedimenti impugnati non hanno minimamente adombrato che il permesso di soggiorno a suo tempo concesso in favore della ricorrente sia stato ottenuto con dolo, o comunque inducendo in errore l’Amministrazione stessa, ciò che avrebbe effettivamente escluso la necessità di tutelare il suo affidamento (Corte Giustizia UE, Sez. III, 18.12.2008 n. 337).
Il ricorso va pertanto accolto.
Sussistono tuttavia giusti motivi per compensare tra le parti le spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie, e per l’effetto annulla i provvedimenti in epigrafe impugnati.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 14 maggio 2014 con l’intervento dei magistrati:
Domenico Giordano, Presidente
Elena Quadri, Consigliere
Mauro Gatti, Primo Referendario, Estensore

L’ESTENSORE IL PRESIDENTE

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 05/06/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)