La pandemia di Coronavirus è una scusa per limitare ulteriormente la mobilità verso l’UE

I rapporti di numerosi paesi di transito per i migranti in rotta verso l’UE mostrano che la diffusione di Covid-19 in tutto il continente africano, sebbene molto più limitata di quanto inizialmente temuto, viene utilizzata come strumento per ridurre ulteriormente i valichi di frontiera e la mobilità in generale.

Mentre i paesi di tutta l’Africa hanno chiuso i loro confini nell’ambito degli sforzi per contenere la pandemia di coronavirus, i migranti e le persone in movimento stanno pagando un prezzo elevato“, afferma Giacomo Zandonini dal Niger, uno dei paesi di transito più problematici in Africa. Le deportazioni dalla vicina Algeria al deserto nigerino non si sono fermate durante questi periodi di emergenza, con i migranti costretti a periodi di quarantena nel caldo torrido del deserto sahariano. Le operazioni di reinsediamento di rifugiati bloccati nel paese da mesi si sono completamente fermate. Secondo un rapporto di Mixed Migration, il 67% dei migranti in Niger ha avuto maggiori difficoltà ad attraversare le frontiere, il mentre 26% lamenta maggiori difficoltà a mettersi in contatto con i passeurs, l’unica via d’uscita dal paese per la maggior parte.

Le autorità dell’Algeria hanno continuato i loro sforzi per bloccare la migrazione non autorizzata dai paesi sub-sahariani, tra cui la detenzione di migranti irregolari e l’arresto di presunti trafficanti. Secondo quanto riferito, il paese ha anche bloccato le espulsioni di stranieri, ma ha continuato quelle verso il Niger, anche se in numero inferiore.

La situazione è particolarmente critica in Libia: l’epidemia si aggiunge a una serie di gravi pericoli a cui migranti e rifugiati presenti nel paese sono esposti da molto tempo. L’afflusso di migranti sembra continuare, nonostante le misure restrittive imposte dal governo. Vi sono notizie contrastanti sul fatto che la diffusione del coronavirus abbia portato alla liberazione di alcuni migranti dai centri di detenzione ufficiali, il cui personale sembra essere stato ridotto e che sembrano sempre più riluttanti ad accettare nuovi migranti intercettati in mare, temendo il dilagare dell’infezione tra i detenuti. Tuttavia, sembra esserci stato un aumento del numero di migranti detenuti in centri di detenzione non ufficiali gestiti da milizie a Tripoli e in altre città libiche. I timori dei migranti, bloccati tra una guerra civile e una pandemia, sono esacerbate dal fatto che gli ospedali locali sono al collasso, soprattutto dopo mesi di continui assalti da parte delle forze di Haftar su Tripoli.

Allo stesso modo, i rifugiati trasportati in Ruanda dalle carceri libiche nell’ambito di un programma di evacuazione dell’UNHCR hanno visto le loro prospettive di essere reinsediati nell’UE o in altri paesi di destinazione sospese a tempo indeterminato a causa della pandemia.

La diffusione del virus ha avuto un effetto dannoso anche sulle condizioni di vita dei rifugiati bloccati nei campi nei paesi di transito come l’Etiopia e la Mauritania.

Dopo che il Marocco ha dichiarato lo stato di emergenza, chiudendo tutti i confini, molti migranti sono rimasti intrappolati nel paese. Ad aprile, 41 migranti privi di documenti sono morti mentre cercavano di raggiungere le Isole Canarie dal Marocco. Anche se i confini sono stati chiusi a causa della pandemia di Covid-19, i migranti e i richiedenti asilo in Marocco sono stati deportati verso il confine algerino e lasciati nel deserto. Nonostante queste gravi accuse, il governo marocchino ha ricevuto un finanziamento di 450 milioni di euro dall’Unione europea per sostenere la sua lotta contro la pandemia di COVID-19.

L’ASGI ribadisce che le misure restrittive per limitare la diffusione di covid-19 non dovrebbero essere usate come una scusa per reprimere ulteriormente il diritto dei migranti vulnerabili a cercare protezione internazionale. Limitare ulteriormente la loro mobilità, già fortemente ridotta da decenni di politiche di esternalizzazione, espone coloro che fuggono dalla persecuzione o dalla violenza generalizzata a ulteriori inutili difficoltà, e viola il loro diritto fondamentale alla vita, alla salute e all’asilo.


Foto di Alessio Barbini