Circolare INPS 131/2022 sull’assegno sociale: discriminati/e i/le cittadini/e extra UE in materia di autocertificazioni

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Con la circolare n. 131 del 12.12.2022 L’INPS ha fornito alcuni chiarimenti in merito al riconoscimento della prestazione dell’Assegno sociale, introducendo tuttavia richieste di documentazione ulteriore a svantaggio dei/delle cittadini/e extra UE.

L’Assegno sociale è una misura – istituita con la l. 335/1995 – di sostegno alle persone sopra i 67 anni di età che non possono usufruire di un trattamento pensionistico e che hanno un reddito inferiore a una certa soglia specificata dalla stessa legge. Inizialmente previsto solo per i cittadini e le cittadine italiani/e e dell’Unione Europea, il beneficio è stato poi esteso anche alle persone provenienti da Paesi terzi titolari della carta di soggiorno e del permesso UE per soggiornanti di lungo periodo. L’art. 20 co. 10 del D.L. 112/2008 ha inoltre introdotto il requisito del soggiorno legale in via continuativa per almeno 10 anni nel territorio nazionale, fermo l’obbligo di permanenza in Italia nel periodo in cui l’assegno viene percepito.

Purtroppo la legittimità del requisito del permesso di lungo periodo è stata confermata dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 50/2019, la quale ha ritenuto che tale richiesta non venisse assorbita da quella dei 10 anni di residenza.

Ciò detto, nessun altro requisito è previsto dalla norma. L’INPS ha dunque inteso fornire alcune precisazioni con la circolare n. 131 come, ad esempio, che tra gli aventi diritto alla prestazione vi sono anche: c) i cittadini stranieri o apolidi titolari dello status di rifugiato politico o di protezione sussidiaria e rispettivi coniugi ricongiunti;

Inoltre, per verificare la regolare permanenza in Italia nel periodo di fruizione della misura, la circolare ha chiarito che “le assenze dello straniero dal territorio nazionale non interrompono la durata del periodo di cui al comma 1 [5 anni] e sono incluse nel computo del medesimo periodo quando sono inferiori a sei mesi consecutivi e non superano complessivamente dieci mesi nel quinquennio, salvo che detta interruzione sia dipesa dalla necessità di adempiere agli obblighi militari, da gravi e documentati motivi di salute ovvero da altri gravi e comprovati motivi”.

Tuttavia, in materia di autocertificazione del requisito del reddito, l’Istituto inciampa, dando una interpretazione a nostro avviso errata del contenuto del Decreto Ministeriale 21 ottobre 2019 in materia di RDC che, ricordiamo, individuava una lista di soli 19 Pasi per cui era possibile certificare l’assenza di redditi e patrimoni.

Nella circolare si afferma che ai cittadini italiani e in generale a quelli appartenenti ai Paesi dell’Unione europea viene riconosciuta la possibilità di autocertificare stati, qualità personali e fatti elencati negli articoli 46 e 47 del D.P.R. n. 445/2000. Per i cittadini di Paesi Extra-Ue secondo l’INPS non valgono le stesse regole. Infatti, per le dichiarazioni dei redditi posseduti all’estero dai cittadini di Paesi Extra-Ue da rendere per il riconoscimento del diritto all’assegno sociale, l’INPS dovrà procedere con le seguenti modalità:

  • per le domande presentate da cittadini aventi la cittadinanza in uno dei Paesi extra-Ue inclusi nell’elenco allegato al decreto 21 ottobre 2019 del Ministro del Lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale (si consulti l’allegato n. 1 della circolare), il reddito da patrimonio immobiliare e/o gli altri redditi all’estero, non certificabili o attestabili da parte di soggetti pubblici italiani, devono essere documentati attraverso una certificazione rilasciata dalla competente autorità dello Stato estero;
  • per le domande presentate da cittadini aventi la cittadinanza di Paesi extra-Ue non inclusi nell’elenco riportato nell’elenco del DM 21.10.2019 (allegato n. 1 della circolare), i redditi relativi ai beni immobili esteri sono autocertificabili, mentre gli altri redditi esteri dovranno essere documentati attraverso la certificazione rilasciata dal Paese di provenienza provvisti di traduzione e legalizzazione (o di apostille) qualora i cittadini non rientrino nelle ipotesi descritte al paragrafo 3 della circolare e individuate dall’articolo 3, commi 2 e 3, del D.P.R n. 445/2000

Assumere come riferimento il decreto 21 ottobre 2019 ci pare assolutamente condivisibile (posto che andrebbe in realtà riformata l’intera disciplina di cui al DPR 445/2000 con una parificazione effettiva di cittadini italiani e stranieri in materia di autocertificazioni); il problema però riguarda il secondo punto, dove l’INPS dà una sua interpretazione restrittiva del decreto Ministeriale del 2019, non giustificata da alcuna norma di legge.

Il servizio antidiscriminazione ha dunque inviato una lettera all’INPS sottolineando che la circolare appare invece in contrasto con il contenuto del decreto ministeriale 21 ottobre 2019 che, al secondo considerato afferma: “in riferimento alla documentazione relativa al possesso dei requisiti reddituali e patrimoniali, con riferimento ai cittadini di Stati non appartenenti all’UE, la componente non accertabile da parte della Agenzia delle entrate riguarda il patrimonio posseduto all’estero e i redditi da esso derivanti”.
Inoltre, nella parte dispositiva, il comma 2 dell’art. 1 stabilisce che “ I cittadini degli Stati o territori non inclusi nell’allegato elenco non sono tenuti a produrre alcuna ulteriore certificazione, oltre a quella ordinariamente prevista per l’accesso al Reddito di cittadinanza e alla Pensione di cittadinanza…”.

Appare dunque del tutto illogico, scrive l’ASGI che, per l’accesso al RDC, la PA assuma in proprio l’onere di provvedere autonomamente alla verifica dei redditi esteri, mentre per accedere all’assegno sociale tale verifica verrebbe trasferita – senza alcuna plausibile giustificazione in ordine alla differenza di trattamento delle due identiche situazioni – in capo al richiedente. Inoltre nel segnalare che i titolari di protezione internazionale hanno giustamente diritto ad accedere alla misura, non viene però specificato che questi ultimi non devono portare alcuna documentazione aggiuntiva relativa ai redditi dai Paesi di origine, con i quali non possono e non devono avere rapporti, dovendo anzi essere protetti da qualsiasi ingerenza di detti Stati.

La lettera di ASGI

La circolare INPS n. 131/2022

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