Le modifiche introdotte dal primo decreto sicurezza sul diritto a presentare una nuova domanda di asilo in Italia
Con la presente scheda ASGI intende proporre un primo approfondimento in merito all’applicazione dell’art. 29, co. 1-bis del d.lgs. 25/2008 così come modificato dall’art. 9, co. 1, lett. c) del DL 113/2018, che ne ha abrogato l’ultimo periodo .
Un richiedente asilo può presentare una domanda di protezione reiterata se, a seguito di una decisione definitiva su una precedente richiesta, sono emersi o vengono presentati elementi o risultanze nuovi ai fini dell’esame volto ad accertare la qualifica di beneficiario di protezione internazionale ai sensi della direttiva 2011/95/UE.
La domanda reiterata è sottoposta ad esame preliminare da parte del Presidente della Commissione Territoriale per il riconoscimento della richiesta di asilo ma l’audizione dell’interessato non è espressamente prevista: il Presidente della Commissione territoriale valuterà i nuovi elementi addotti dal richiedente dagli atti che questi ha allegato al nuovo modello C/3 nel momento in cui formalizza in Questura la nuova domanda di protezione internazionale.
Tale previsione normativa è prevista dall’art. 29 del d.lgs. n. 25/2008 e deriva dalle disposizioni della direttiva 2013/32/UE, c.d. Direttiva Procedure laddove elenca le ipotesi in cui ogni Stato ha facoltà di prevedere che le domande di richiesta asilo sono da ritenersi inammissibili.
Delle due ipotesi di inammissibilità che il legislatore italiano ha trasposto all’interno del nostro ordinamento una riguarda la domanda reiterata, presentata a seguito di una decisione definitiva su una precedente domanda, definita tale in quanto non sono emersi o non sono stati presentati dal richiedente elementi o risultanze nuovi ai fini dell’esame volto ad accertare se al richiedente possa essere attribuita la qualifica di beneficiario di protezione internazionale ai sensi della direttiva 2011/95/UE.
Se prima del 5 ottobre 2018 il cittadino straniero a cui veniva rifiutata la domanda di asilo reiterata poteva attendere l’esito del ricorso regolarmente in Italia, a seguito delle modifiche del DL 113/2018, è venuto meno tale diritto con la conseguenza che il ricorrente può essere espulso dal territorio ancor prima che il giudice si pronunci sulla sospensiva, con il paradosso che la sospensione del provvedimento impugnato potrebbe essere eventualmente accordata quando il richiedente si trova già fuori dal territorio italiano. Inoltre, nel caso in cui il rimpatrio non si concretizzi prima che il giudice si pronunci sull’istanza cautelare, il richiedente potrebbe venire a trovarsi in una condizione di limbo giuridico, soprattutto considerando che spesso trascorrono anche diversi mesi prima che il giudice decisa in merito alla richiesta di sospensiva.
A causa di tali ritardi, infatti, il richiedente che impugna il provvedimento di inammissibilità della Commissione non ha la possibilità di regolarizzare la propria posizione con un permesso di soggiorno per richiesta asilo, rilasciabile esclusivamente dopo che il giudice abbia accolto la richiesta di sospensione della decisione impugnata, non avendo più il diritto a restare sul territorio ai sensi dell’art. 35-bis, co. 5 nell’attesa che il giudice si pronunci sull’istanza cautelare e, pur avendo un ricorso pendente nel merito, di fatto rimane sul territorio nazionale nelle stesse condizioni in cui versa un immigrato irregolare.
Ciò si configura come una illegittimità della norma nazionale rispetto a quella europea, poiché quest’ultima, tranne per alcuni casi ben specificati, prevede che il richiedente possa rimanere sul territorio dello Stato regolarmente nell’attesa che il giudice si esprima sull’istanza di sospensiva e sul successivo ricorso.