La privazione della libertà personale nell’hotspot di Lampedusa: il riscontro delle autorità competenti

ASGI invia una lettera alle autorità competenti e ai soggetti di garanzia che operano nell’hotspot al fine di chiarire formalmente la configurazione giuridica del centro hotspot di Lampedusa, cioè se le persone siano sottoposte ad una privazione della libertà personale.

Il centro di Lampedusa, sito in Contrada Imbriacola, opera come hotspot a partire dalla fine del 2015, senza che sia mai stata formalmente chiarita la condizione giuridica dei cittadini stranieri che vi permangono, in termini di privazione della libertà personale. Una privazione della libertà personale che nella narrazione che informa i vari soggetti coinvolti nella gestione del centro viene considerata funzionale alle procedure di identificazione o ad altre finalità, come le ragioni sanitarie nel periodo di emergenza ovvero le lunghe permanenze sono giustificate dall’assenza di posti, come nel caso dei minori o dalle difficoltà logistiche dei trasferimenti. 

Nel corso degli anni e ancora oggi dalle testimonianze dirette raccolte nell’ambito del progetto In Limine di ASGI da parte di persone migranti presenti nel centro e nell’ambito della più ampi attività di monitoraggio, si rileva che l’hotspot continua a non disporre di un sistema di regolamentazione di uscita e rientro nella struttura, durante la visita effettuata da una delegazione dell’associazione nel mese di marzo 2022, il personale in loco ed in particolare i militari di guardia all’ingresso riferivano che coloro che accedono all’Hotspot non possono uscire dalla struttura, e anche il famigerato “buco nella recinzione”, unica modalità discrezionalmente tollerata ma tutt’affatto tutelante dell’esercizio del diritto alla libertà persona, è stato chiuso nell’ambito dei lavori di ristrutturazione del centro[1]

Lo stesso Regolamento interno dell’Hotspot di Lampedusa pubblicato solo in data 4.11.2022, prevede esclusivamente il riferimento al diritto del cittadino straniero di circolare all’interno del Centro una volta che siano espletate le procedure di identificazione da parte della autorità competenti.  

Una condizione di fatto denunciata in diverse occasioni anche dal Garante Nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale[2].

Il nostro ordinamento, non prevede alcuna regolamentazione della detenzione in hotspot o della detenzione di cittadini stranieri prima del loro trasferimento in altre strutture, con l’eccezione della previsione di cui all’art. 6, c. 3bis, del d.lgs. 142/2015 del trattenimento a fini identificativi dei cittadini stranieri classificati come richiedenti asilo in appositi locali presso le strutture in cui viene dispiegato l’approccio hotspot, a determinate condizioni, per tempi e finalità definite, con l’applicazione di specifiche garanzie procedurali. La limitazione della libertà personale dei cittadini stranieri ospitati presso l’hotspot di Lampedusa viene disposta in assenza di un provvedimento motivato dell’autorità giudiziaria, in violazione del dettato costituzionale.

Tenendo conto, quindi, che il diritto alla libertà personale obbliga lo Stato a fornire garanzie procedurali per gli individui durante arresti e detenzioni con la finalità di contrastare privazioni arbitrarie della libertà e che queste garanzie costituiscono una parte integrante del diritto alla libertà personale agli inizi del mese di dicembre si inviava una lettera aperta a Questura e Prefettura di Agrigento, ma anche ad UNHCR e Save the Children in quanto soggetti di garanzia che operano nel centro, al fine di avere conferma della circostanza per cui le persone straniere presso l’hotspot di Lampedusa sono soggette ad una privazione de facto della libertà personale.

Ma ancora una volta la pubblica amministrazione di fatto omette. La Questura di Agrigento unicamente risponde alla lettera inviata senza chiarire effettivamente la configurazione giuridica del centro, cioè se si tratta di un centro aperto o chiuso, come d’altronde sistematicamente monitorato, ma limitandosi a rappresentare che nessun3 è sottoposto a detenzione amministrativa, facendo evidentemente strettamente riferimento all’istituto previsto dalla normativa senza nulla dire rispetto all’implementazione di sistemi di regolamentazione dell’entrata e dell’uscita. Forse un riscontro che non deve sorprenderci essendo le persone trattenute in maniera totalmente informale e discrezionale, una violazione di diritti fondamentali come strumento irrinunciabile del contenimento delle persone.  


[1] Si vedano a titolo esemplificativo: https://inlimine.asgi.it/hotspot-di-lampedusa-sempre-piu-un-luogo-di-confinamento-chiuso-anche-il-buco-nella-recinzione/; https://inlimine.asgi.it/wp-content/uploads/2022/08/Report-Lampedusa-2022.pdf.

[2] Si vedano: https://www.garantenazionaleprivatiliberta.it/gnpl/resources/cms/documents/6f1e672a7da965c06482090d4dca4f9c.pdf; https://www.garantenazionaleprivatiliberta.it/gnpl/resources/cms/documents/29e40afbf6be5b608916cad716836dfe.pdf; https://www.garantenazionaleprivatiliberta.it/gnpl/resources/cms/documents/a5fa1a499fdaf9e241f537006675c158.pdf; https://www.garantenazionaleprivatiliberta.it/gnpl/resources/cms/documents/c8c57989b3cd40a71d5df913412a3275.pdf.