Il Prefetto di Trapani aveva negato l’accesso all’on. Riccardo Magi accompagnato da una delegazione di esperti della società civile. Il TAR Sicilia ha chiarito che il diritto di accesso include anche tutti coloro che accompagnano il parlamentare per ragioni del suo ufficio applicando ai CPR quanto previsto dall’ordinamento penitenziario.
I Centri di Permanenza per il Rimpatrio (CPR): un’area grigia del diritto
La sosta forzata in luoghi, variamente denominati e variamente strutturati, ove la libertà personale dei migranti viene ristretta costituisce parte integrante del sistema di chiusura delle frontiere nazionali ed europee. Nel corso degli anni si è osservato un uso intensivo di tale strumento di confinamento sia per i richiedenti asilo, sia per i cittadini stranieri considerati irregolari, e una diffusione dell’utilizzo del trattenimento anche attraverso un ampliamento dei luoghi e delle strutture detentive.
La questione dell’impermeabilità di questi luoghi rispetto al mondo esterno è fra gli elementi più problematici che li caratterizza. Nonostante l’ampia normativa a tutela del diritto di ingresso e delle garanzie di comunicazione dall’interno all’esterno, i CPR rappresentano zone grigie difficili da monitorare in quanto in molte occasioni viene impedito ivi, in maniera discrezionale da parte della pubblica amministrazione, l’accesso sia a figure istituzionali dotate di poteri di verifica sia alle organizzazioni di tutela dei diritti umani della società civile.
Ciò appare ancora più grave se si considera che si tratta di luoghi dove, nel solco di quanto già evidenziato nei rapporti del Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale[1], continuano a verificarsi gravi episodi di violenza[2], atti di rivolta, di autolesionismo e violazioni dei diritti e dove permangono inadeguate condizioni di vita[3].
Nell’ambito del Progetto In Limine di ASGI, per quanto concerne le modalità del trattenimento, sono state osservate prassi non rispettose dei diritti fondamentali dei cittadini stranieri trattenuti, come il sequestro informale dei telefoni cellulari, limitazioni al diritto di difesa, difficoltà nell’accesso all’informazione e al diritto di asilo così come vere e proprie privazioni illegittime della libertà personale come nel caso di minori stranieri non accompagnati e soggetti vulnerabili per i quali il trattenimento sarebbe, ai sensi della normativa interna e sovranazionale, incompatibile con la loro condizione personale.
Diritti di accesso nei centri di detenzione: le azioni esperibili per scalfire l’inaccessibilità di tali luoghi
Proprio per tale ragione, nel corso di questo anno si è lavorato per garantire l’accesso a tali centri da parte delle associazioni che svolgono attività di tutela dei diritti umani fondamentali e dei diritti dei cittadini stranieri.
In particolare, sono state presentate due diverse tipologie di richieste di ingresso presso i centri citati. Una riguarda l’autorizzazione all’ingresso di una delegazione composta da soli soci e ricercatori ASGI, mentre la seconda con riferimento all’ingresso di una delegazione di soci ASGI e di attivisti della Campagna LasciateCIEntrare in accompagnamento ad un parlamentare, al fine di coadiuvarlo nell’esercizio del suo ufficio e di rafforzare l’attività di monitoraggio svolta a livello locale rispetto alle garanzie poste in essere all’interno di questi luoghi.
Nell’ambito delle sue prerogative parlamentari l’Onorevole Riccardo Magi nel mese di giugno, facendo seguito ad una precedente richiesta con esito negativo, ha inoltrato un’istanza scritta al Prefetto di Trapani, richiedendo l’autorizzazione all’ingresso al CPR di Trapani Milo, al fine di effettuare un sopralluogo alla luce della particolare situazione dei trattenimenti applicati a seguito di notifica di provvedimenti di respingimento differito nei confronti di determinate nazionalità in arrivo sulle coste lampedusane[4] e al fine di osservare le modalità con le quali la struttura era stata riconvertita da hotspot a CPR.
Nella richiesta venivano chiaramente specificate le ragioni per cui l’Onorevole Magi aveva bisogno di essere supportato nell’esercizio del proprio ufficio di parlamentare da professionisti ed esperti dell’ASGI e della Campagna LasciateCIEntrare, specificamente individuati in virtù delle loro competenze e della loro esperienza in tema di diritto dell’immigrazione. Si precisava come entrambe le associazioni fossero titolate a coadiuvarlo nei suoi studi e lavori, in quanto da anni attive nello studio del diritto internazionale e nazionale delle migrazioni e nella tutela dei diritti umani fondamentali nonché dei diritti dei richiedenti e dei titolari di protezione internazionale.
Inoltre, pur non avendo bisogno, ai sensi dell’art. 67, comma 2, della l. 354 del 1975 che regolamenta l’Ordinamento Penitenziario, di alcuna autorizzazione per visitare tale tipologia di centri con l’ausilio di accompagnatori per l’esercizio del proprio ufficio di parlamentare, l’Onorevole ha preannunciato la propria visita, lasciando alla pubblica amministrazione la scelta tra alcune delle date proposte, al fine di non intralciarne l’operato e di facilitare l’organizzazione delle attività del centro.
L’art. 67 della l. 354 del 1975 in tema di ordinamento penitenziario, come noto, prevede chiaramente che alcune figure, tra cui i membri del Parlamento, possano visitare gli istituti penitenziari senza necessità di autorizzazione all’accesso e che tale autorizzazione non occorra nemmeno per le persone che li accompagnano per ragioni del loro ufficio.
Le ragioni del rifiuto all’accesso, i limiti della normativa e il necessario riferimento alle norme dell’ordinamento penitenziario
Il Prefetto di Trapani dietro parere del Ministero dell’Interno ha rifiutato, senza esplicitare alcuna motivazione, l’ingresso del parlamentare con gli accompagnatori indicati nella richiesta specificando come il parlamentare, alla luce dell’attuale disciplina in materia di accesso ai Centri di permanenza per il rimpatrio, sia autorizzato ad accedere ai centri in virtù delle sue prerogative istituzionali, ma che tale autorizzazione sia estendibile solo al suo assistente.
Seppur non lo abbia espressamente citato, la pubblica amministrazione sembra, nel proprio rifiuto, fare riferimento al Regolamento del Ministero dell’Interno del 20.10.2014 recante “Criteri per l’organizzazione e la gestione dei Centri di identificazione ed espulsione”, c.d. Regolamento C.I.E., quando parla “dell’attuale disciplina in materia di accesso ai Centri di Permanenza per il Rimpatrio”.
Un documento adottato proprio con l’obiettivo di superare le difficoltà e le differenze di trattamento rilevate all’interno dei singoli istituti e a tutela dei diritti umani ed individuali dei cittadini stranieri trattenuti, nonché al fine di uniformare le condizioni del trattenimento e la definizione dei diritti degli stessi ma che non ha forza di legge e che non può sopperire in maniera esaustiva al vuoto normativo che caratterizza il nostro ordinamento in riferimento alle modalità con cui il trattenimento dei cittadini stranieri all’interno di tali centri può essere attuato. Non essendoci un testo unitario né disposizioni legislative che disciplinino la regolamentazione di tali istituti che garantiscano il rispetto degli standard internazionali e delle prescrizioni costituzionali in materia, si deve fare riferimento a una norma di legge, fonte di rango primario, da applicare in maniera diretta o indiretta,anche per analogia.
Trattandosi di misura privativa della libertà personale, per la quale la nostra costituzione prevede all’art. 13 una riserva assoluta di legge, il riferimento obbligato è all’unica norma che disciplina in maniera organica tale materia ossia quella che regola in maniera puntuale le condizioni generali e le modalità del trattamento penitenziario del detenuto negli istituti di pena, come sopra specificato e come pure espressamente previsto dall’art. 19, co. 3, del DL 13/2017, che estende l’applicazione dell’art. 67 della Legge sull’ordinamento penitenziario anche ai C.P.R., equiparando il diritto di accesso a questi ultimi a quello in carcere.
Nel caso che dunque qui ci interessa ben avrebbe dovuto trovare applicazione quanto previsto, nella sua totalità, dall’art. 67 l. 354 del 1975 in tema di “visite agli istituti penitenziari”, applicabile ai C.P.R. in virtù di quanto previsto dall’art. 19 DL 13/2017 citato, e non certo l’articolo 6 del Regolamento del Ministero dell’Interno del 2014.
Sarebbe quantomeno paradossale che alcune figure, unitamente agli enti di tutela, possano avere accesso agli istituti penitenziari, come normalmente accade, mentre ciò venga impedito nei centri di trattenimento dove vi sono persone comunque trattenute, anche se a livello amministrativo e ai fini dell’allontanamento dal territorio nazionale.
La pronuncia del TAR: un chiarimento importante
Tenuto conto dei motivi sopra riportati, si è ritenuto opportuno procedere con ricorso al TAR Sicilia per l’annullamento del provvedimento di rifiuto di autorizzazione all’accesso al C.P.R. di Trapani Milo dell’On.le Riccardo Magi con la delegazione di accompagnamento e al fine di accertare il diritto del parlamentare ad accedere ai sensi dell’art. 67 comma 2 dell’Ordinamento Penitenziario ai CPR con accompagnatori di sua scelta, che lo coadiuvano nell’esercizio del suo ufficio senza alcuna previa autorizzazione.
Il ricorso ha come obiettivo quello di superare la prassi che nega ai deputati di fare ingresso ai C.P.R. con al seguito esperti della società civile.
A seguito dell’udienza svoltasi nel mese di settembre il TAR si è pronunciato sul difetto di giurisdizione del tribunale amministrativo a favore del giudice ordinario con una decisione di inammissibilità. In tale sentenza nondimeno il Tribunale stabilisce un principio importante, chiarendo espressamente che l’art. 67 della legge penitenziaria si applichi anche ai C.P.R. e che “Il tenore letterale della disposizione di legge sopraindicata appare chiaramente escludere qualsiasi margine di discrezionalità in capo all’amministrazione penitenziaria e prefettizia sulla richiesta di accesso agli istituti penitenziari e ai centri di permanenza per i rimpatri così da concentrare in capo al parlamentare un diritto soggettivo perfetto all’accesso, includente anche “coloro che [lo] accompagnano […] per ragioni del loro ufficio”.
Alla
luce di tale importante pronuncia si ritiene opportuno proseguire su questa
strada attraverso l’invio di richieste di accesso da parte di parlamentari che
includano accompagnatori di associazioni del settore, sia per finalità di
garanzia dei diritti dei cittadini stranieri ivi trattenuti, sia per finalità
di monitoraggio e ricerca. Questo permetterebbe di consolidare il principio
chiarito nella pronuncia del TAR nel nostro ordinamento e scalfire
l’inaccessibilità di tali luoghi, le cui storie rendono necessaria una
osservazione costante da parte di uno sguardo esterno di tutela e di verifica
delle criticità e delle illegittimità che ne caratterizzano il funzionamento.
[1] Si vedano: Rapporto sulle visite tematiche effettuate nei Centri di Permanenza per il Rimpatrio (CPR) in Italia (febbraio-marzo 2018); Relazione al Parlamento 2019.
[2] Si veda: https://www.fanpage.it/attualita/morto-nel-cpr-di-torino-il-garante-dei-detenuti-si-chiarisca-vogliamo-vedere-cartelle-cliniche/.
[3] Si vedano gli approfondimenti ai seguenti link: https://www.redattoresociale.it/article/notiziario/migranti_nei_centri_per_il_rimpatrio_condizioni_deplorevoli_e_sempre_peggiori; https://www.lasciatecientrare.it/violenze-strutture-fatiscenti-e-difficoltoso-accesso-alle-cure-report-dal-cpr-di-torino/.
[4] Si veda per approfondimenti: Esiti delle procedure attuate per la determinazione della condizione giuridica dei cittadini stranieri.