ASGI invia una nota al Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa: si continui a monitorare l’operato del governo
Il tema della detenzione dei migranti nei centri di primo soccorso è rimasto per diverso tempo ai margini del dibattito pubblico, nonostante sia stato oggetto dell’importante sentenza Khlaifia c. Italia con cui la Corte europea dei diritti umani nel 2016 ha condannato il nostro paese per la detenzione arbitraria dei cittadini stranieri e per l’assenza di mezzi di ricorso effettivi contro tale trattenimento e le sue condizioni. Secondo ASGI la detenzione dei cittadini stranieri nei centri hotspot rappresenta ancora, in numerosi casi, una grave e ripetuta violazione del diritto fondamentale alla libertà personale.
Il trattenimento nei centri hotspot (strutture aperte a partire dal 2015 in assenza di una base legale) è stato di recente parzialmente disciplinato dal c.d. “Decreto Sicurezza”. Tale disciplina presenta numerosi profili di illegittimità costituzionale.
Si prevede infatti che i richiedenti asilo possano essere trattenuti negli hotspot per un periodo massimo di 30 giorni (e fino a un totale di 180 giorni nei centri di permanenza per il rimpatrio) al fine di verificarne o determinarne l’identità. Appare estremamente grave che i presupposti del trattenimento non siano ascrivibili a una condotta del richiedente asilo (quale può essere ad esempio il rifiuto a farsi identificare) ma a una condizione – l’assenza di valido documento identificativo – che è comune alla maggior parte delle persone che arrivano in Italia via mare. Il trattenimento rischia così di diventare una misura generalizzata che colpisce, sanzionandola, la condizione stessa del richiedente asilo. Inoltre la vaghezza della formulazione e delle circostanze del trattenimento appare in contrasto con l’art. 13 della Costituzione che stabilisce la riserva di legge riguardo i casi e i modi del trattenimento. Estremamente grave è inoltre che il fine identificativo in questo caso venga perseguito mettendo in atto un trattamento estremamente peggiore di quanto previsto dalla disciplina del fermo identificativo, che prevede che il trattenimento non possa prolungarsi per più di 24 ore.
Infine il Decreto introduce la possibilità di trattenere i cittadini destinatari di un provvedimento di allontanamento in “strutture diverse e idonee nella disponibilità dell’Autorità di pubblica sicurezza”. Si tratta evidentemente di una formulazione estremamente vaga e pericolosa: le persone possono essere così trattenute in luoghi non predeterminati e quindi non soggetti a un controllo preventivo in merito all’adeguatezza degli stessi, con il conseguente rischio per i trattenuti di subire condizioni di detenzione inumane e degradanti.
ASGI sottolinea infine che i cittadini stranieri vengono trattenuti negli hotspot principalmente nei primi giorni dopo l’arrivo, fino alla conclusione delle procedure di identificazione. Tuttavia, alcuna norma è posta alla base di tale privazione della libertà.
Alla luce di quanto evidenziato, lungi dall’essere risolta, la questione del trattenimento dei cittadini stranieri all’interno degli hotspot continua a destare preoccupazioni. Si ritiene che la nuova normativa possa infatti ledere gravemente il diritto alla libertà personale, bene di primaria rilevanza garantito dalla Costituzione e dalle convenzioni internazionali, minando così in profondità le fondamenta dello stato di diritto.
Per tale motivo ASGI, nell’ambito del progetto In Limine, ha inviato una comunicazione al Comitato dei Ministri del Consiglio di Europa. Con tale comunicazione l’ASGI interviene nel procedimento di supervisione dell’attuazione della sentenza Khlaifia volto ad assicurare che l’Italia adotti tutte le misure necessarie ad evitare il ripetersi di violazioni simili a quelle riscontrate dalla Corte.
Comunicazione in merito all’attuazione della sentenza Khlaifia c. Italia
Per ulteriori approfondimenti relativi al caso si veda la prima comunicazione relativa all’attuazione della sentenza Khlaifia c. Italia inviata dal Progetto in Limine nel giugno del 2018: