Corte di Cassazione, ordinanza n. 14836/2023

Integra molestia per ragioni di razza o di etnia, equiparata alle ipotesi di discriminazione diretta e indiretta e tutelata dall’art. 3, comma 2, del d.lgs. n. 215 del 2003, qualsiasi comportamento che sia lesivo della dignità della persona e sia potenzialmente idoneo a creare o incrementare un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante e offensivo nei confronti della predetta etnia, al di là e a prescindere da qualsiasi motivazione soggettiva.

Corte Costituzionale, sentenza n. 77 del 20 aprile 2023

E’ costituzionalmente illegittimo, per violazione dell’art. 3 Cost. - sia sotto il profilo della irragionevolezza, che sotto quello della disparità di trattamento - l’art.5, comma 1, lettera b) della legge regionale Liguria 29.6.2004 n.10, nella parte in cui prevede che per accedere alle graduatorie per gli alloggi di edilizia residenziale pubblica sia necessaria la residenza o l’attività lavorativa da almeno 5 anni nel bacino di utenza a cui appartiene il Comune che emana il bando.

Circolare dell’Istituto Nazionale Previdenza Sociale del 7 aprile 2023, n. 41

Legge 29 dicembre 2022, n. 197, recante “Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2023 e bilancio pluriennale per il triennio 2023-2025”. Modifiche alla disciplina dell’Assegno unico e universale per i figli a carico introdotta dal decreto legislativo 29 dicembre 2021, n. 230, e successive modificazioni. Precisazioni sui permessi di soggiorno. Istruzioni contabili Circolare...

Corte di Cassazione, ordinanza 8 marzo 2023

L’art. 80, comma 19, L. 388/2000 - nella parte in cui condiziona la corresponsione dell’assegno sociale ai cittadini extracomunitari al possesso del permesso di soggiorno di lungo periodo, escludendo cosi i titolari di permesso unico lavoro - appare in contrasto sia con l’art. 12 direttiva 2011/98, sia con norme costituzionali come gli artt. 3 e 38, comma 1, 11 e 117 Cost. questi ultimi con riferimento all’art. 34 CDFUE e allo stesso art. 12 direttiva 2011/98. Sussistendo quindi un’ipotesi di doppia pregiudizialità occorre privilegiare, in prima battuta, la questione di legittimità costituzionale.

Tribunale di Torino, ordinanza 7 marzo 2023

Costituisce discriminazione la condotta tenuta dalla Regione Piemonte consistente nell’aver disposto con l’art. 8, comma 1, lettera a) del DPGR n. 2543/94 il requisito della residenza in Italia “da almeno cinque anni” e il requisito dell’avere una “attività lavorativa stabile” per i soli “cittadini extracomunitari”; e costituisce altresì discriminazione la condotta tenuta dalla Agenzia Territoriale per la Casa del Piemonte Centrale consistente nell’aver disposto con il Bando di Concorso per l’assegnazione di alloggi in Castellamonte dell’1.6.2022 il requisito della residenza in Italia “da almeno cinque anni” e il requisito dell’avere una “attività lavorativa stabile” per i soli “cittadini extracomunitari”, nonché “l’attribuzione di 8 punti aggiuntivi a chi abbia risieduto nel Comune di Castellamonte per almeno 10 anni”

Consiglio di Stato, sentenza 6 marzo 2023

Le norme secondarie regionali (regolamento regionale lombardo) e statali (DPR 445/2000) che fanno gravare sui soli cittadini extra UE l’onere aggiuntivo di produrre idonea documentazione attestante la non proprietà di immobili all’estero ai fini dell’accesso agli alloggi ERP, si pongono in contrasto con gli artt. 2, comma 5 e 40, comma 6, TU immigrazione e pertanto devono essere disapplicate, anche alla luce delle statuizioni della sentenza Corte Cost. 9/2021.

Corte d’Appello di Trieste, sentenza 23 febbraio 2023

In materia di oneri documentali differenziati per italiani e stranieri per quanto riguarda la prova della “impossidenza” all’estero, ai fini dell’accesso al contributo di sostegno alle locazioni, i principi affermati dalla sentenza Corte Cost. 9 (2021, il diritto alla parità di trattamento dei lungo soggiornanti garantito dall’art. 11, direttiva 2003/109), la prevalenza della normativa speciale ISEE e dell’art.18, comma 3bis, L. 241/90 e infine la illegittimità della fonte secondaria costituita dall’art. 3 DPR 445/2020, per contrasto con l’art. 2, comma 5 TU immigrazione, sono tutti elementi che convergono nel senso della illegittimità della previsione regolamentare regionale che prevede detti oneri documentali differenziati, senza che sia necessario sollevare l’incidente di costituzionalità sulla norma di legge regionale alla quale il regolamento si richiama.

Tribunale di Udine, ordinanza 8 febbraio 2023

Sono non manifestamente infondate sia la questione di costituzionalità dell’art. 29, comma 1bis L.R. Friuli VG n.1/2016 nella parte in cui, prevedendo una diversa modalità di attestazione del requisito della impossidenza di immobili all’estero per italiani e stranieri, ostacola l’accesso di questi ultimi al contributo per il sostegno alle locazioni ; sia la questione di costituzionalità del comma 1, lettera d) del medesimo art. 29 nella parte in cui, tra i requisiti minimi per l’accesso al sostegno alle locazioni, indica il non essere proprietari di altri alloggi né in Italia, né all’estero; tali questioni devono altresì ritenersi rilevanti anche se il beneficio può essere comunque contestualmente riconosciuto ai ricorrenti in qualità di titolari del permesso di lungo periodo – e quindi tutelati dalla direttiva 2003/109 mediante disapplicazione della norma regionale - qualora gli stessi chiedano, nell’ambito del piano di rimozione delle discriminazioni accertate, l’ordine di modifica del Regolamento regionale applicativo nella parte in cui riproduce le disposizioni di legge.

Tribunale di Vicenza, ordinanza 6 febbraio 2023

Costituisce discriminazione il comportamento della Regione Veneto consistente nell'aver adottato la Delibera n. 753/2019, ed in particolare la previsione che esclude dall’accesso gratuito al SSN gli stranieri titolari del permesso di soggiorno per motivi familiari che rientrano nelle condizioni di cui all’art. 19 co. 2 lett. c) TUI e della USSL 8 Berica consistente nel non aver disapplicato la Delibera in osservanza dell'art. 34 del TUI, sicché la Regione Veneto deve modificare la Delibera rimuovendo la previsione discriminatoria e L'USSL 8 Berica deve provvedere all’iscrizione obbligatoria e gratuita al Servizio Sanitario Nazionale della ricorrente.

Tribunale di Udine, ordinanza 1 febbraio 2023

Costituisce discriminazione in base alla nazionalità la richiesta, da parte della Regione e ai soli stranieri, di documenti aggiuntivi, rispetto a quanto richiesto agli italiani, per la prova della impossidenza di immobili ad uso abitativo nel paese di origine e in quello di provenienza ai fini dell’accesso al credito agevolato per l’acquisto della casa di abitazione; gli stranieri esclusi per non aver prodotto detti documenti hanno diritto al risarcimento del danno non patrimoniale da discriminazione mentre la Regione, in presenza di una domanda collettiva proposta da associazione legittimata, può essere condannata alla modifica del Regolamento regionale che conteneva detta previsione, con applicazione dell’art. 614 bis c.p.c.

Tribunale di Busto Arsizio, ordinanza 2 gennaio 2023

Costituisce discriminazione la condotta tenuta dall’Inps, consistente nell’aver negato al ricorrente, cittadino extra UE, l’Assegno per il Nucleo Familiare di cui all'art. 2 del d.l. n. 69/1488, convertito nella legge n. 153/1488, in relazione alla coniuge e ai figli minori residenti all’estero, l'assegno per il nucleo familiare, dovendoli computare nel nucleo familiare al pari dei cittadini italiani in applicazione diretta delle Direttive auto esecutive ed indipendentemente dal recepimento da parte dello Stato nell'ordinamento interno.

Corte d’Appello dell’Aquila, sentenza 18 gennaio 2023

Costituisce discriminazione il comportamento del Comune dell’Aquila consistente nell’aver adottato non solo la determina dirigenziale 362 del 4.2.2020 e il conseguente avviso pubblico 11.2.2020 del settore politiche per il benessere della persona, ma anche la delibera di giunta n. 383 del 27.9.2018 e il conseguente bando e la delibera di Giunta n. 298 del 15.7.2019 e il conseguente bando nella parte in cui prevedevano come requisito per l’inserimento in graduatoria per l’assegnazione di alloggi di edilizia popolare la titolarità del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo anziché la titolarità di un permesso unico lavoro ai sensi della direttiva 2011/98 o in subordine di un permesso di soggiorno di almeno 2 anni ex art. 40, comma 6 TU, sicché il Comune è tenuto a risarcire il danno patrimoniale e non patrimoniale agli appellanti e a non inserire più nei bandi futuri tale requisito.

Tribunale di Milano, ordinanza 12 gennaio 2023

Costituisce discriminazione la condotta della Regione Lombardia consistente nel negare il diritto alla esenzione dalla partecipazione alla spesa sanitaria (c.d. ticket) di cui all’articolo 8, comma 16, L. 537/1993 a tutti i residenti disoccupati (in particolare richiedenti asilo e rifugiati) che ne facciano richiesta e che rientrino nelle condizioni di reddito, indipendentemente dalla esistenza o meno di un pregresso rapporto di lavoro.

Tribunale di Pordenone, ordinanza 4 dicembre 2022

Costituisce discriminazione la condotta tenuta dalla Regione autonoma FVG consistente nell’aver adottato il Regolamento n. 208/2016 come modificato con Regolamento 84/2019 (“Regolamento di esecuzione per la disciplina delle modalità di gestione di alloggi di edilizia sovvenzionata”) nella parte in cui, ai fini dell’accesso agli alloggi di cui all’art. 16 LR/16 prevede, all’art. 7, comma 3bis che tutti i cittadini extra UE debbano fornire “documentazione attestante che tutti i componenti del nucleo familiare non sono proprietari di altri alloggi nel paese di origine e nel paese di provenienza”, con conseguente esclusione di tutti i richiedenti aventi cittadinanza extra UE che non forniscano tale documentazione;

Tribunale di Bergamo, ordinanza 16 novembre 2022

Si chiede alla CGUE se l’art. 29 e l’art. 26 direttiva 2011/95 debbano essere interpretati nel senso che ostano a una norma nazionale come quella contenuta nell’art. 2, comma 1, lett. a) D.L. n. 4/2019, la quale, al fine di accedere a una prestazione di contrasto alla povertà e di sostegno nell’accesso al lavoro e all’inserimento sociale come il “reddito di cittadinanza” prevede il requisito di 10 anni di residenza nello Stato Italiano, in aggiunta al requisito di 2 anni continuativi di residenza antecedenti la domanda
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Corte di giustizia dell’Unione europea, sentenza del 18 giugno 2015, causa C‑9/14

L’articolo 39, paragrafo 2, CE deve essere interpretato nel senso che esso non osta a che uno Stato membro, ai fini dell’imposta sul reddito di un lavoratore non residente che ha svolto attività lavorative in tale Stato membro durante parte dell’anno considerato, rifiuti di concedere a tale lavoratore un’agevolazione fiscale che tenga conto della sua situazione personale e familiare, in quanto, benché egli abbia acquisito, in tale Stato membro, la totalità o la quasi totalità dei suoi redditi relativi a tale periodo, questi ultimi non costituiscono l’essenziale delle sue risorse imponibili nel corso dell’intero anno considerato.

La sentenza 

Conclusioni dell’avvocato generale

 

SENTENZA DELLA CORTE (Seconda Sezione)

18 giugno 2015 (*)

«Rinvio pregiudiziale – Libera circolazione dei lavoratori – Normativa tributaria – Imposte sul reddito – Redditi percepiti nel territorio di uno Stato membro – Lavoratore non residente – Imposizione nello Stato di occupazione – Presupposti»

Nella causa C‑9/14,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dallo Hoge Raad der Nederlanden (Paesi Bassi), con decisione del 13 dicembre 2013, pervenuta in cancelleria il 13 gennaio 2014, nel procedimento

Staatssecretaris van Financiën

contro

D.G. Kieback,

LA CORTE (Seconda Sezione),

composta da R. Silva de Lapuerta, presidente di sezione, J.‑C. Bonichot (relatore), A. Arabadjiev, J.L. da Cruz Vilaça e C. Lycourgos, giudici,

avvocato generale: E. Sharpston

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

considerate le osservazioni presentate:

–        per M. Kieback, da S. Douma, G. Boulogne e N. Schipper, belastingadviseurs;

–        per il governo dei Paesi Bassi, da M. Bulterman e B. Koopman, in qualità di agenti;

–        per il governo tedesco, da T. Henze e K. Petersen, in qualità di agenti;

–        per il governo portoghese, da L. Inez Fernandes, M. Rebelo e J. Martins da Silva, in qualità di agenti;

–        per il governo svedese, da A. Falk, C. Meyer-Seitz, U. Persson, L. Swedenborg, E. Karlsson e K. Sparrman, in qualità di agenti;

–        per la Commissione europea, da A. Cordewener e W. Roels, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 5 marzo 2015,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 39 CE (divenuto articolo 45 TFUE).

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra lo Staatssecretaris van Financiën (segretario di Stato alle Finanze) e il sig. Kieback in merito al rifiuto dell’amministrazione fiscale olandese di imputare ai redditi percepiti dall’interessato durante il periodo in cui svolgeva un’attività lavorativa subordinata nei Paesi Bassi, dal 1° gennaio al 31 marzo 2005, gli oneri sostenuti durante il medesimo periodo per il rimborso di un prestito garantito da un’ipoteca e contratto per l’acquisto di un’abitazione di proprietà sita in Germania.

Contesto normativo

3        Nei Paesi Bassi, l’articolo 2.3 della legge del 2001 relativa all’imposta sul reddito (Wet Inkomstenbelasting 2001; in prosieguo: la «legge del 2001») prevede quanto segue:

«L’imposta sui redditi riguarda i seguenti redditi, percepiti dal contribuente nel corso dell’anno civile in questione:

a)      redditi imponibili da lavoro o da abitazione,

b)      redditi imponibili derivanti da partecipazioni significative e

c)      redditi imponibili provenienti da risparmio e investimenti»

4        L’articolo 2.4 della legge del 2001 dispone che:

«1.      I redditi imponibili da lavoro o da abitazione sono determinati:

a)      per i soggetti passivi nazionali: secondo le disposizioni del capitolo 3,

b)      per i soggetti passivi stranieri: secondo le disposizioni della sezione 7.2 (…)»

5        Ai sensi dell’articolo 2.5 della legge del 2001:

«1. Il soggetto passivo nazionale che risiede nei Paesi Bassi soltanto per una parte dell’anno civile e il soggetto passivo straniero residente in un altro Stato membro dell’Unione europea o nel territorio di un’altra potenza designata con decreto ministeriale con la quale i Paesi Bassi hanno concluso un accordo per evitare la doppia imposizione e incentivare lo scambio di informazioni, e che è assoggettato a imposta in detto Stato membro o nel territorio di tale potenza, può optare per il regime fiscale previsto dalla presente legge per i soggetti passivi nazionali (…).

(…)».

6        In forza dell’articolo 3.120, paragrafo 1, della legge del 2001, una persona residente nei Paesi Bassi ha diritto di dedurre i «redditi negativi» provenienti da un’abitazione di proprietà, sita nei Paesi Bassi.

7        Ai sensi dell’articolo 7.1, lettera a), della legge del 2001, l’imposta è prelevata sui redditi imponibili derivanti dal lavoro e dall’abitazione nei Paesi Bassi, percepiti nel corso dell’anno civile.

8        In forza dell’articolo 7.2, paragrafo 2, lettere b) e f), della legge del 2001, fanno parte dei redditi imponibili da lavoro e da abitazione la retribuzione imponibile relativa ad un’attività lavorativa esercitata nei Paesi Bassi e, se del caso, i redditi imponibili provenienti da un’abitazione di proprietà posseduta nei Paesi Bassi.

Procedimento principale e questioni pregiudiziali

9        Il sig. Kieback è cittadino tedesco. Durante il periodo compreso tra il 1° gennaio e il 31 marzo 2005, data in cui si è trasferito negli Stati Uniti per svolgere un’attività lavorativa, il sig. Kieback ha lavorato nei Paesi Bassi, pur risiedendo in Germania, dove possedeva un’abitazione di proprietà.

10      Se avesse conservato il proprio impiego nei Paesi Bassi durante tutto il 2005, avrebbe potuto, pur non risiedendo in tale Stato membro, imputare sui redditi della propria attività subordinata imponibili a titolo di tale anno i «redditi negativi» relativi alla propria abitazione e derivanti dagli oneri del prestito contratto per l’acquisto di quest’ultima, a condizione di aver percepito, in questo stesso Stato membro, la parte essenziale dei propri redditi durante tale anno.

11      L’amministrazione fiscale olandese, avendo constatato che il sig. Kieback aveva percepito la parte essenziale dei propri redditi del 2005 negli Stati Uniti, ha assoggettato a imposta l’interessato sui redditi percepiti nei Paesi Bassi a titolo di tale anno, senza prendere in considerazione i «redditi negativi» relativi alla sua abitazione.

12      Successivamente al rigetto del suo reclamo presentato a tale amministrazione, il sig. Kieback ha investito della controversia il Rechtbank te Breda (Tribunale di Breda), che ha accolto la sua domanda. Adito in appello, il Gerechtshof te ’s‑Hertogenbosch (Corte d’appello di ’s‑Hertogenbosch) ha confermato la decisione di primo grado il 23 marzo 2012.

13      Lo Staatssecretaris van Financiën ha proposto ricorso per cassazione dinanzi al giudice del rinvio sostenendo che, conformemente alla giurisprudenza della Corte, il riconoscimento a un non residente di agevolazioni fiscali connesse alla situazione personale e familiare su un piano di parità con i residenti è obbligatorio solamente se almeno il 90% dei redditi complessivi della persona interessata sono soggetti a imposta nello Stato di occupazione e che tale criterio deve essere valutato su base annua in tale Stato.

14      Il giudice del rinvio si chiede se, in un caso come quello di cui al procedimento principale, la situazione da prendere in considerazione, al fine di determinare se il soggetto passivo percepisca la totalità o la quasi totalità dei redditi nello Stato di occupazione, dovrebbe essere non l’esercizio fiscale nella sua globalità, ma unicamente la situazione corrispondente al periodo durante il quale il soggetto passivo ha risieduto in uno Stato membro, in questo caso la Repubblica federale di Germania, e ha lavorato in un altro Stato membro, vale a dire il Regno dei Paesi Bassi. Se per il giudice del rinvio tale approccio sembra il più logico, egli manifesta dubbi in considerazione della raccomandazione 94/79/CE della Commissione, del 21 dicembre 1993, relativa alla tassazione di taluni redditi percepiti in uno Stato membro da soggetti residenti in un altro Stato membro (GU 1994, L 39, pag. 22), che, ai sensi del suo articolo 2, paragrafo 2, si riferisce al reddito totale imponibile nel corso dell’anno civile.

15      In tali circostanze, lo Hoge Raad der Nederlanden (Corte suprema dei Paesi Bassi) ha pertanto deciso di sospendere il giudizio e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se l’articolo 39 CE debba essere interpretato nel senso che uno Stato membro nel quale un soggetto passivo svolge un’attività subordinata debba tener conto, ai fini dell’imposta sul reddito, della situazione personale e familiare dell’interessato nel caso in cui tale soggetto passivo abbia lavorato in detto Stato membro solo durante una parte dell’esercizio fiscale pur risiedendo in un altro Stato membro, abbia acquisito la totalità o la quasi totalità del suo reddito in tale Stato di occupazione, abbia trasferito, nell’anno di riferimento, la sua occupazione e la sua residenza in un altro Stato, e ritenga di non aver acquisito la totalità o la quasi totalità del suo reddito nel primo Stato di occupazione.

2)      Se la risposta alla prima questione è diversa a seconda che lo Stato nel quale il lavoratore ha trasferito la propria residenza e attività lavorativa nel corso dell’esercizio fiscale sia uno Stato membro dell’Unione europea oppure no».

Sulle questioni pregiudiziali

16      Con le sue questioni, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede sostanzialmente se l’articolo 39, paragrafo 2, CE debba essere interpretato nel senso che esso osta a che uno Stato membro, ai fini dell’imposta sul reddito di un lavoratore non residente che ha svolto attività lavorative in detto Stato membro durante parte dell’anno considerato prima di trasferirsi per svolgere queste ultime in un altro paese, rifiuti di concedere a tale lavoratore un’agevolazione fiscale tenendo conto della sua situazione personale e familiare, in quanto, benché egli abbia acquisito, in tale Stato membro, la totalità o la quasi totalità dei propri redditi relativi a tale periodo, essi non costituiscono l’essenziale delle sue risorse imponibili di tale intero anno. Il giudice del rinvio si chiede, altresì, se la circostanza che tale lavoratore abbia trasferito la sua attività lavorativa in uno Stato terzo e non in un altro Stato membro dell’Unione possa influire su tale interpretazione.

17      In via preliminare, occorre, in primo luogo, precisare che il giudice del rinvio pone tali questioni in un contesto in cui è pacifico che, a differenza della situazione di un non residente, come il sig. Kieback, un soggetto passivo residente nei Paesi Bassi ha la possibilità di far prendere in considerazione i redditi negativi relativi a un’abitazione di proprietà sita nei Paesi Bassi, anche se, avendo trasferito durante l’anno la sua residenza in un altro paese, egli non ha acquisito, nei Paesi Bassi, la totalità o la quasi totalità dei redditi di tale anno.

18      Pertanto è pacifico che, nella fattispecie, il trattamento riservato, in forza del diritto nazionale applicabile, ai soggetti passivi non residenti è meno vantaggioso di quello di cui beneficiano i soggetti passivi residenti.

19      Non vi è dubbio, in secondo luogo, che la presa in considerazione dei «redditi negativi» relativi a un bene immobile situato nello Stato membro di residenza del soggetto passivo interessato costituisce, come ha rilevato l’avvocato generale al paragrafo 29 delle sue conclusioni, un’agevolazione fiscale connessa alla situazione personale dell’interessato, la quale è pertinente per valutare la sua capacità contributiva complessiva (v., in tal senso, sentenze Lakebrink e Peters‑Lakebrink, C‑182/06, EU:C:2007:452, punto 34, nonché Renneberg, C‑527/06, EU:C:2008:566, punti da 65 a 67).

20      In tale contesto, si deve rammentare che, per quanto concerne il trattamento meno vantaggioso riservato ai non residenti dal diritto nazionale in questione, ai sensi dell’articolo 39, paragrafo 2, CE, la libera circolazione dei lavoratori implica l’abolizione di qualsiasi discriminazione fondata sulla nazionalità tra i lavoratori degli Stati membri per quanto riguarda l’impiego, la retribuzione e le altre condizioni di lavoro. In particolare, la Corte ha dichiarato che il principio della parità di trattamento in materia di retribuzione sarebbe privato di effetto se potesse essere violato da norme nazionali discriminatorie in materia di imposta sul reddito (v., in particolare, sentenze Schumacker, C 279/93, EU:C:1995:31, punto 23, e Sopora, C‑512/13, EU:C:2015:108, punto 22).

21      Tuttavia, una discriminazione può risultare solo dall’applicazione di norme diverse a situazioni analoghe ovvero dall’applicazione della stessa norma a situazioni diverse (v., in particolare, sentenze Schumacker, C‑279/93, EU:C:1995:31, punto 30, e Talotta, C‑383/05, EU:C:2007:181, punto 18).

22      In materia di imposte dirette, i residenti e i non residenti non si trovano, di regola, in situazioni paragonabili, in quanto il reddito percepito nel territorio di uno Stato membro da un non residente costituisce il più delle volte solo una parte del suo reddito complessivo, concentrato nel luogo della sua residenza, e in quanto la capacità contributiva personale del non residente, derivante dalla presa in considerazione di tutti i suoi redditi e della sua situazione personale e familiare, può essere valutata più agevolmente nel luogo in cui egli ha il centro dei propri interessi personali ed economici, che corrisponde in genere alla sua residenza abituale (v., in particolare, sentenze Schumacker, C‑279/93, EU:C:1995:31, punti 31 e 32, nonché Grünewald, C‑559/13, EU:C:2015:109, punto 25).

23      Pertanto, la Corte, al punto 34 della sentenza Schumacker (C‑279/93, EU:C:1995:31), ha dichiarato che il fatto che uno Stato membro non faccia fruire un non residente di talune agevolazioni fiscali che concede al residente non è di regola discriminatorio, tenuto conto delle differenze obiettive tra la situazione dei residenti e quella dei non residenti per quanto attiene sia alla fonte dei redditi sia alla capacità contributiva personale sia, inoltre, alla situazione personale e familiare (v., altresì, sentenza Gschwind, C‑559/13, EU:C:2015:109, punto 26).

24      Potrebbe sussistere discriminazione ai sensi del Trattato CE tra residenti e non residenti solo se, nonostante la loro residenza in Stati membri differenti, fosse accertato che, tenuto conto dell’oggetto e del contenuto delle disposizioni nazionali pertinenti, le due categorie di soggetti passivi si trovano in una situazione analoga (v. sentenza Gschwind, C‑391/97, EU:C:1999:409, punto 26).

25      È quanto avviene, in particolare, nel caso in cui un contribuente non residente non percepisca redditi significativi nello Stato membro di residenza e tragga la parte essenziale delle sue risorse imponibili da un’attività svolta nello Stato membro di occupazione, ragion per cui lo Stato membro di residenza non è in grado di concedergli le agevolazioni derivanti dalla presa in considerazione della sua situazione personale e familiare (v., in particolare, sentenze Schumacker, C‑279/93, EU:C:1995:31, punto 36, Lakebrink e Peters‑Lakebrink, C‑182/06, EU:C:2007:452, punto 30, nonché Renneberg, C‑527/06, EU:C:2008:566, punto 61).

26      In tale circostanza, la discriminazione consiste nel fatto che la situazione personale e familiare di un non residente che percepisce, in uno Stato membro diverso da quello in cui risiede, la parte essenziale dei suoi redditi e la quasi totalità dei suoi redditi familiari, non è presa in considerazione né nello Stato membro di residenza né in quello di occupazione (sentenze Schumacker, C‑279/93, EU:C:1995:31, punto 38; Lakebrink e Peters‑Lakebrink, C‑182/06, EU:C:2007:452, punto 31, nonché Renneberg, C‑527/06, EU:C:2008:566, punto 62).

27      Al punto 34 della sentenza Lakebrink e Peters‑Lakebrink, la Corte ha precisato che la portata della giurisprudenza scaturita dalla sentenza Schumacker si estende a tutte le agevolazioni fiscali collegate alla capacità contributiva del non residente che non siano concesse né nello Stato membro di residenza né nello Stato membro di occupazione (sentenza Renneberg, C‑527/06, EU:C:2008:566, punto 63).

28      Così, per quanto riguarda tali agevolazioni fiscali connesse alla capacità contributiva del soggetto passivo interessato, la sola circostanza che un non residente abbia percepito redditi, nello Stato di occupazione, alle stesse condizioni di un residente di tale Stato non basta a rendere la sua situazione oggettivamente paragonabile a quella di tale residente. Occorre dimostrare altresì, per constatare una tale comparabilità oggettiva, che, poiché tale non residente ha percepito l’essenziale dei suoi redditi nello Stato membro di occupazione, lo Stato membro di residenza non è in grado di concedergli le agevolazioni derivanti dalla presa in considerazione dell’insieme dei suoi redditi e della sua situazione personale e familiare.

29      Laddove il non residente trasferisca nel corso dell’anno la propria attività lavorativa in un altro paese, nulla consente di considerare che, per ciò solo, lo Stato di residenza non sarà in grado di prendere in considerazione la globalità dei redditi e la situazione personale e familiare dell’interessato. Inoltre, dal momento che dopo tale partenza, l’interessato ha potuto essere impiegato successivamente o anche simultaneamente in diversi paesi e ha potuto fissare il proprio centro di interessi personali e patrimoniali nell’uno o nell’altro di tali paesi, non si può presumere che lo Stato in cui egli svolgeva la propria attività lavorativa prima di tale partenza possa valutare tale situazione più facilmente rispetto allo Stato o, se del caso, agli Stati in cui egli risiede dopo tale partenza.

30      La situazione potrebbe essere diversa qualora risultasse che l’interessato ha percepito, nello Stato di occupazione che ha lasciato nel corso dell’anno, la parte essenziale dei suoi redditi e la quasi totalità dei suoi redditi familiari relativi allo stesso anno, poiché tale Stato si troverebbe nella posizione migliore per concedergli le agevolazioni risultanti dalla presa in considerazione dell’insieme dei redditi e della sua situazione personale e familiare.

31      Per determinare se è questo il caso, occorre disporre di tutte le informazioni necessarie per valutare la capacità contributiva globale del contribuente, tenuto conto della fonte dei suoi redditi e della sua situazione personale e familiare. Affinché una tale valutazione sia sufficientemente pertinente a tale riguardo, la situazione da prendere in considerazione deve riferirsi all’intero anno di esercizio fiscale considerato, poiché tale periodo è notoriamente riconosciuto come quello che, nella maggior parte degli Stati membri, è utilizzato per determinare l’imposta sui redditi, come avviene del resto nei Paesi Bassi.

32      Questo deve valere, in particolare, per determinare, nel complesso dei redditi familiari percepiti dall’interessato, la parte rappresentata dai redditi che egli ha percepito nello Stato di occupazione prima di trasferirsi per esercitare la propria attività lavorativa in un altro paese.

33      Una tale logica sembra del resto essere prevalsa al momento dell’adozione della raccomandazione 94/79, il cui articolo 2, paragrafo 2, prevede che gli Stati membri non debbano assoggettare i redditi delle persone fisiche non residenti ad un’imposizione superiore a quella dei residenti, allorché i redditi imponibili nello Stato membro in cui la persona fisica non è residente costituiscono almeno il 75% del reddito imponibile complessivo di quest’ultima nel corso dell’esercizio fiscale.

34      Ne consegue che un soggetto passivo non residente che non abbia percepito nello Stato di occupazione la totalità o la quasi totalità dei redditi familiari di cui ha beneficiato nel corso dell’anno complessivamente considerato non si trova in una situazione paragonabile a quella dei residenti di tale Stato perché si tenga conto della sua capacità contributiva ai fini dell’imposizione, in detto Stato, dei suoi redditi. Lo Stato membro in cui il soggetto passivo ha percepito solo una parte delle sue risorse imponibili nel corso dell’intero anno considerato non è pertanto tenuto a concedergli le agevolazioni che concede ai propri residenti.

35      Tale conclusione non può essere messa in discussione dalla circostanza che l’interessato ha lasciato il suo impiego in uno Stato membro per svolgere la sua attività lavorativa non in un altro Stato membro, ma in uno Stato terzo. Infatti, l’interpretazione da dare all’articolo 39, paragrafo 2, CE con riferimento all’obbligo da esso instaurato di non discriminare un lavoratore che svolge un’attività lavorativa in uno Stato membro diverso da quello della sua residenza si impone a tutti gli Stati membri. Ciò vale, in una situazione come quella di cui al procedimento principale, nei confronti dello Stato membro nel quale il lavoratore, pur risiedendo in un altro Stato membro, ha svolto la propria attività prima di trasferirsi in un altro Stato membro per esercitare tale attività, quand’anche quest’ultimo non fosse uno Stato membro, ma uno Stato terzo.

36      Alla luce di quanto precede, alle questioni poste occorre rispondere che l’articolo 39, paragrafo 2, CE deve essere interpretato nel senso che esso non osta a che uno Stato membro, ai fini dell’imposta sul reddito di un lavoratore non residente che ha svolto attività lavorative in tale Stato membro durante parte dell’anno considerato, rifiuti di concedere a tale lavoratore un’agevolazione fiscale che tenga conto della sua situazione personale e familiare, in quanto, benché egli abbia acquisito, in tale Stato membro, la totalità o la quasi totalità dei suoi redditi relativi a tale periodo, questi ultimi non costituiscono l’essenziale delle sue risorse imponibili nel corso dell’intero anno considerato. La circostanza che tale lavoratore abbia trasferito la sua attività lavorativa in uno Stato terzo e non in un altro Stato membro dell’Unione europea non influisce su tale interpretazione.

Sulle spese

37      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Seconda Sezione) dichiara:

L’articolo 39, paragrafo 2, CE deve essere interpretato nel senso che esso non osta a che uno Stato membro, ai fini dell’imposta sul reddito di un lavoratore non residente che ha svolto attività lavorative in tale Stato membro durante parte dell’anno considerato, rifiuti di concedere a tale lavoratore un’agevolazione fiscale che tenga conto della sua situazione personale e familiare, in quanto, benché egli abbia acquisito, in tale Stato membro, la totalità o la quasi totalità dei suoi redditi relativi a tale periodo, questi ultimi non costituiscono l’essenziale delle sue risorse imponibili nel corso dell’intero anno considerato. La circostanza che tale lavoratore abbia trasferito la sua attività lavorativa in uno Stato terzo e non in un altro Stato membro dell’Unione europea non influisce su tale interpretazione.

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