Il MIUR: “Non appare sussistano ragioni per opporsi, in generale, all’uso di segni di espressione della propria appartenenza culturale e religiosa che non si pongano in contrasto con l’ordinato svolgimento dell’attività didattica e con il regolare funzionamento della vita scolastica”.
Il Garante regionale contro le discriminazioni della regione Friuli Venezia Giulia, istituito nel 2014, è intervenuto con un parere a seguito della segnalazione di una circolare emanata da un dirigente Scolastico di un Istituto Statale d’Istruzione Superiore in cui veniva vietato alle ragazze musulmane l’uso in classe del fazzoletto o velo che copre i capelli e parte del viso.
Il Garante aveva ritenuto illegittima la circolare in quanto in violazione dell’art. 9 della Convenzione europea dei diritti dell’Uomo e dell’art. 19 della Carta Costituzionale italiana e fondi nel contempo una discriminazione basata sul credo religioso, in contrasto con gli artt. 43 del d.lgs. n. 286/98 e con l’art. 1 e seguenti del d.lgs. n. 215/2003 e ne aveva chiesto l’immediato ritiro.
La proibizione a indossare il velo islamico nelle modalità che copra anche solo parzialmente il viso dell’alunna (il c.d. hijab) non è legittima in quanto tale proibizione non è sorretta da una norma di legge, ricordava il Garante nel parere.
“Una restrizione al principio della libera manifestazione esteriore del proprio credo religioso” – continua il garante in un comunicato – “costituisce una violazione dei principi di libertà individuale affermati dalla Carta costituzionale e dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Di conseguenza, una tale restrizione avrebbe determinato una discriminazione religiosa che la parte lesa, la famiglia di un’allieva interessata ovvero l’allieva medesima se maggiorenne, avrebbe potuto impugnare dinanzi al giudice civile”.
In precedenza era intervenuto anche l’Ufficio regionale scolastico del MIUR con una nota diretta a tutte le scuole della Regione relativamente ai casi in cui il carattere pubblico e laico della scuola possa imporre restrizioni alla libertà di manifestare la propria religione o il proprio credo, ad esempio tramite l’uso, durante l’attività scolastica, di segni esteriori o abbigliamento che manifestano un’appartenenza religiosa delle studentesse e degli studenti.
Nella nota l’Ufficio regionale del MIUR ricorda che “dette restrizioni possono essere unicamente quelle previste dalla legge, che si rendano necessarie per la tutela della sicurezza pubblica, dell’ordine pubblico, della morale pubblica o degli altrui diritti e libertà fondamentali. Non appare sussistano ragioni per opporsi, in generale, all’uso di segni di espressione della propria appartenenza culturale e religiosa che non si pongano in contrasto con l’ordinato svolgimento dell’attività didattica e con il regolare funzionamento della vita scolastica. ”