Il Consiglio d’Europa (CoE) ha pubblicato l’Ottavo rapporto annuale sulla Supervisione dell’esecuzione delle sentenze della Corte europea dei diritti dell’uomo per l’anno 2014 (“Supervision Of The Execution Of Judgments And Decisions Of The European Court Of Human Rights”).
Ai sensi della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, il Comitato dei Ministri del CoE veglia, infatti, sulla corretta esecuzione delle sentenze della Corte da parte dello Stato interessato.
I casi in materia di antidiscriminazione sono riportati alle pagg. 186-190 del report.
Tra le pronunce che hanno ad oggetto discriminazioni basate sui fattori discriminatori che rientrano nel monitoraggio del Servizio Antidiscriminazione di ASGI (origine razziale o etnica, nazionalità, etc.), vanno segnalate le pronunce sui seguenti casi:
Caso Šečić c. Croazia (No. 40116/02, decisione del 31/08/2007), in cui la Croazia è stata condannata per violazione degli artt. 3 e 14 (combinato disposto) della CEDU.
Tra le misure adottate a seguito della sentenza che ha deciso su questo caso di aggressioni e insulti razzisti su base etnica (etnia rom), il governo croato ha organizzato training per le forze di polizia in collaborazione con OSCE (Law Enforcement Program on Combatting Hate Crime). Tuttavia nel 2010, l’European Roma Rights Centre ha richiesto che le autorità croate dimostrassero l’adeguatezza di questi corsi alle reali necessità, visto che discriminazioni e incitazioni all’odio nei confronti delle comunità rom continuano a essere frequenti in Croazia.
Caso Horváth e Kiss c. Ungheria (No. 11146/11, decisione del 29/04/2013)
In questo caso, l’Ungheria è stata condannata (art. 2 del Protocollo No. 1 e art. 14 della CEDU, in combinato disposto) per discriminazione contro i bambini rom, i quali venivano assegnati a scuole primarie cosiddette ‘speciali’ per alunni con disabilità mentale. A seguito della pronuncia, il governo ha fornito informazioni sulla natura ‘oggettiva’ e ‘non discriminatoria’ dei test per valutare le attitudini e le capacità mentali dei bambini rom nel sistema scolastico ungherese, nonché sulle misure adottate per evitare errori di valutazione e di collocazione dei bambini rom. Alle autorità ungheresi è stato chiesto, però, di fornire ulteriori informazioni sull’impatto di queste norme, in particolare con riguardo alla (s)proporzione di bambini rom presenti nelle scuole ‘speciali’.
Caso ROM/Moldovan e altri (gruppo) c. Romania (No. 41138/98, decisione del 05/07/2005)
La Corte di Strasburgo ha riconosciuto (artt. 6 e 8 congiuntamente all’art. 14 CEDU) la motivazione etnica degli attacchi nei confronti dei ricorrenti rom. La Corte non si è ritenuta competente ratione temporis per esaminare i fatti accaduti (incendio delle case dei ricorrenti e uccisione di alcuni parenti), ma ha, invece, ammesso che l’origine etnica è stata decisiva per la durata e l’esito delle procedure di diritto interno. Le autorità sono state invitate a fornire aggiornamenti sulle misure adottate nelle località in cui si sono verificati gli attacchi, ma non hanno ancora provveduto.
Caso Hode e Abdi c. Regno Unito (No. 22341/09, decisione del 06/02/2013)
In questo caso la Corte europea per i diritti dell’Uomo ha riconosciuto la violazione dell’art. 8 e dell’art. 14 (combinato disposto) da parte delle autorità britanniche per l’impossibilità di ottenere il ricongiungimento familiare da parte di un familiare (coniuge, partner dello stesso sesso o more uxorio o, ancora, minore di 18 anni), la cui relazione con un rifugiato o un soggetto che ha ottenuto la protezione umanitaria nel Regno Unito con permesso temporaneo sia iniziata dopo che questi abbia lasciato il proprio paese d’origine e sia arrivato nel Regno Unito per chiedere asilo (post-flight family members). Nel 2011 questa discriminazione è stata rimossa dal testo dell’Immigration Rules e la sig.ra Abdi ha potuto raggiungere il marito con i suoi tre bambini.